Tramonto

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L'odore di salsedine era qualcosa a cui Alexandros era abituato: abitare in un'isola aveva sempre significato essere circondati dall'odore acre del mare. La terraferma non aveva mai avuto un grosso fascino su di lui ed Hesperos ne era consapevole. Glielo aveva letto negli occhi, sempre rivolti verso la finestra.

I giorni che avevano seguito il suo arrivo a Mu erano stati scanditi dall'attesa, dall'aspettare che le insegne di Atlantide tornassero di nuovo a mostrarsi sul suolo che era stato nemico, ma in una nuova veste. Per quanto i risvolti politici di quell'incontro gli erano stati ben chiari fin da subito – non poteva certo ignorare l'ondata di distruzione che lui stesso aveva contribuito a far abbattere sull'isola – aveva sperato fino all'ultimo che qualcosa di più potesse nascondersi nelle parole di Alexandros. Erano passate fin troppe lune da quando l'aveva visto l'ultima volta e anche i messaggi tra i due regni erano scarsi, la distanza era troppo grande per poter intraprendere una fitta comunicazione mentre il presente andava a cercare di tappare gli errori del passato.

Ma fino a quel momento era stato il silenzio a farla da padrone nella sala: Alexandros era seduto su una delle sedie poco raffinate tipiche di Mu, dall'altra parte del tavolo. Aveva mangiato poco di quel che gli era stato offerto, limitandosi a qualche chicco dei primi grappoli della stagione e al vino dell'anno passato. Tornava spesso a voltarsi verso la finestra che si apriva sul giardino del palazzo e che, in lontananza, mostrava il mare che andava tingendosi di rosso, mentre il sole tramontava. Le torce già accese e sorrette dagli anelli di ferro nelle pareti lanciavano bagliori sul pavimento e ombre ballerine sul viso di Alexandros che andavano ad accentuare il profilo del naso.

Tranne che qualche frase – che a Hesperos era sembrata più di circostanza che altro – non aveva aggiunto altro: avrebbe voluto indagare

Hesperos aprì la bocca, come per dirgli qualcosa, ma subito la richiuse, abbassando lo sguardo sulla coppa di vino, ancora piena a metà. Serrò le labbra, muovendo appena il polso per far ruotare il contenuto: non era l'incontro che aveva sognato o che si era aspettato: quella distanza che Alexandros continuava a mantenere da quando era arrivato aveva il retrogusto degli incontri politici a cui aveva preso parte insieme al padre. Storse appena la bocca, rendendosi conto di quanto gli sembrasse di avere di nuovo Alannis di fronte. Lo stesso colore di capelli, lo stesso mantenersi distante da lui, senza nemmeno cercare di trovare un modo per accorciarla.

Hesperos aveva sempre cercato di negare la somiglianza tra loro, ma era sempre finito a sovrapporre l'immagine di una sull'altro – un po' come gli succedeva nello specchiarsi. Era impossibile non vederci Esi nel proprio riflesso.

«Dèi...» mormorò Alexandros, richiamando l'attenzione di Hesperos.

Alzò la testa fissandolo: era stato lui a spezzare il silenzio che si era creato tra loro dopo l'ultima breve conversazione, interrotto solo dal tintinnare dei gioielli quando entrambi avevano allungato le mani per raggiungere le rispettive coppe piene di vino.

«C'è qualche problema? Non sembri... il solito»

«No, stavo... solo pensando» gli rispose Alexandros; voltò lentamente il capo dalla finestra che in lontananza mostrava il mare al tramonto fino a incrociare lo sguardo di Hesperos che si sistemò meglio sulla sedia e appoggiò la coppa sul tavolo, intrecciando poi le dita.

«A cosa?»

«Che non penso fosse questo il futuro che i nostri padri avrebbero voluto».

«Ma noi non siamo loro, possiamo costruire un altro futuro» gli disse allargando le braccia.

Alexandros sospirò.

Hesperos strinse lentamente le dita della mano sinistra a pugno, appoggiando poi le labbra sullo stesso: per giorni, da quando gli era arrivato il messaggio della visita di Alexandros, aveva pensato di poter avere uno stacco dalla politica che tanto gli stava stretta nel governo di Mu. E invece... invece si era ritrovato a portare avanti una conversazione che non gli sembrava tanto diversa da quelle che aveva con i consiglieri, dove i silenzi prendevano più spazio e avevano più peso rispetto alle parole. Il suo interlocutore non era Alexandros, era il re di Atlantide.

Sea of fateWhere stories live. Discover now