Posamis

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Il vento caldo che gonfiava le vele scompigliava i capelli a Kyriakos, appoggiato al parapetto di poppa, intendo a fissare il profilo di Atlantide che si allontanava lentamente sull'orizzonte. Più che il fallimento della fuga, gli bruciava sulla pelle lo sguardo deluso dei genitori: l'avevano accompagnato in silenzio al molo, l'avevano abbracciato in una promessa silenziosa di rivedersi, ma era sicuro nelle loro teste aleggiava il pensiero che lui non fosse altro che un fallimento.

Non avevano protestato all'annuncio della sua pena, quando era tornato a casa con la spada imbratta di sangue, accompagnato da un messaggero: sapevano che Hesperos aveva applicato la legge, ma sapevano che Alexandros aveva interceduto per lui. 

«Non pentirti di quel che hai fatto: sono certo che tuo padre è fiero di sapere che hai supportato la causa della libertà da un tiranno. Hesperos cadrà, quello non è il suo regno, non è il suo trono» gli disse Niketas, intuendo i pensieri dal compagno di sventure. 

Kyriakos fece un cenno con la testa, voltandosi verso di lui. «Lo so, non biasimo mio padre che ha preferito accontentarsi della pace. Biasimo me stesso, piuttosto, poiché ho tradito i suoi insegnamenti sulla giustizia: volevo vendetta per la sorte di Alannis e ora ho procurato dolore alla mia famiglia. Alexandros poi è da solo nelle mani di Hesperos, sai quanto me che, be', ha bisogno di aiuto».

Niketas annuì. «Non preoccuparti per mio nipote. Agata è ad Atlantide, Hesperos prima o poi affronterà la realtà... e mia sorella».

Kyriakos sorrise appena, non era tranquillo, l'incertezza e la vastità del mare gli facevano girare la testa: mai aveva sperimentato quella sensazione prima di allora. Scivolò sul pavimento di legno con un gemito, prendendosi la tesa fra le mani.

Niketas si sedette accanto a lui. «Sai, non ricordo molto di Lemuria. Ero troppo piccolo quando Ktesias mi portò ad Atlantide con Agata. Non mi fece mancare niente, mi trattò al pari dei suoi stessi figli. Lemuria... non c'è niente che mi leghi al mio luogo natio, tanto che non ricordo nemmeno la faccia di mia madre. Ktesias... era stato mandato dagli dei, dico sul serio. È stato un buon re, ha lasciato un vuoto improvviso che nessuno potrà mai colmare».

«Non capisco dove tu voglia andare a finire: la conosco la tua storia, Nis me la ripeteva sempre, la leggeva di continuo nelle cronache e continuava a ripeterla con la testardaggine della sua infanzia. La caduta di Lemuria era il suo passo preferito: vedeva nella storia d'amore tra i suoi genitori il coronamento perfetto della vita e desiderava una cosa simile, ma alla fine, anche lei è stata travolta dal destino».

«Volevo solo farti capire che non è la patria a definire ciò che sei. Se pensi di aver sbagliato, puoi imparare dai tuoi errori. Hai comunque combattuto per un ideale nobile, avevi a cuore la salvezza del tuo popolo e della sua principessa».

Kyriakos grugnì, stringendo le ginocchia al petto. «Ho rovinato la vita a Nis».

«Perché dici questo? Non è colpa tua se non abbiamo notizie della sua sorte».

«Invece sì. Quando... quando sono andato a Mu con Alexandros qualche mese fa... ho incontrato Nis quella notte. Abbiamo parlato, lei mi sembrava così triste dopo che le dissi qualcosa, se ne andò, augurandomi la buona notte. L'ho capito solo quando le ho afferrato il polso cosa volesse veramente almeno per poco tempo: qualcuno che l'amasse veramente. È stato come lo descrivono i poeti... ma ho comunque fatto un'idiozia» concluse guardando Niketas, aspettandosi come minimo qualche insulto. Quello scosse la testa, qualche ciocca nera gli ricadde sugli occhi. 

«Immaginavo ti piacesse Alannis, ma non fino al punto che l'avresti amata mentre era sposa. Sposa di un re, per di più».

«Ho causato una guerra quella notte. Esi ha rammentato il fatto che lei fosse incinta di un altro e se in qualche modo quel bambino non somigliasse a Hesperos l'adulterio era più che certo».

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