Domande

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«Non vuoi venire a dormire?»

La voce di Aphia ruppe il silenzio dello studio in cui, ore prima, aveva visto il marito entrare, seguito da Pyros, uno dei consiglieri del sovrano, un uomo che aveva passato anni in battaglia e che, di recente, aveva messo la sua esperienza al servizio dei figli di Amyntas.

Esi era rimasto catalizzato dalle mappe che si accavallavano sul tavolo: anni di studi e di ricerche avevano portato Mu ad avere una schiera di cartografi che sapevano lavorare con estrema precisione. In mezzo al mare erano segnati i possibili pericoli che i marinai potevano incontrare: sirene, soprattutto, quelle creature che spingevano gli uomini a gettarsi in mare, a trovare la morte nei flutti e le navi a naufragare sugli scogli appuntiti. 

Alzò lo sguardo qualche istante dopo che la voce di Aphia l'aveva raggiunto, osservando la moglie: teneva i lunghi capelli castani raccolti in due trecce che le ricadevano sul petto, coprendo in buona parte il medaglione d'oro a forma triangolare che indossava. 

Scosse la testa, stringendo le mani sul bordo del tavolo. «Non ho notizie certe di quel che è successo ad Atlantide, ma le mie spie hanno riferito cose per le quali il sonno potrà aspettare» le disse con tono brusco, abbassando gli occhi. 

Sapeva che Alannis era viva: era certo che il corpo che era stato bruciato sulla pira non era il suo, ricordava ogni minimo dettaglio che distorceva la realtà a cui tutti credevano. 

Sapeva che Kyriakos era stato esiliato: Hesperos aveva avuto la premura di informarlo del tradimento, quasi a volerlo sbeffeggiare. Una rivolta contro di lui. Esi trattenne a stento una risata e uno sbuffo gli sfuggì dalle labbra. Una rivolta contro Hesperos fallita. Gli appariva come una scena degna di una commedia: avrebbe pagato, per vedere quanto erano davvero disperati per dover cedere a un re come lui. 

Hesperos non era degno di quella corona. Lui sì. Sentiva le mani fremere ogni volta che il pensiero di sedersi sul trono di Atlantide gli attraversava la mente.

Il fruscio delle vesti di Aphia lo distrasse e, ben presto, la stoffa rossa che indossava entrò nel suo campo visivo, insieme alla cintura decorata le stringeva la vita, mettendo in risalto le forme del corpo. 

«È una guerra che ti toglie nuovamente il sonno?» gli chiese appoggiandogli una mano sulla guancia. Esi voltò appena la testa, baciandole il palmo.

«Sì».

«Per quale motivo? Non ti basta essere re? Non era questo ciò che avevi sempre desiderato?»

«No» ringhiò Esi e Aphia allontanò la mano, spaventata. «Il trono di Mu mi brillava davanti agli occhi come oro quando mio padre era vivo. Adesso... quella è pietra, vile pietra. Quello di Atlantide mi apparire come oricalco» continuò, prima di afferrarle il polso sinistro e alzandolo fino a portarglielo davanti agli occhi. «Dimmi, non brilla il tuo bracciale?»

Aphia annuì con un cenno della testa ed Esi lasciò andare di scatto la presa. 

«Quello è oricalco, il materiale più prezioso che Atlantide cela. Potremmo avere molto di più, se mio fratello fosse nel regno dei morti. Avrebbe dovuto darmi ascolto e incoronare me come re! Lui non ha fatto niente, io l'ho portato alla vittoria e mi ha ripagato con questo... questo regno povero e incolto!»

«Ma è stato Hesperos a uccidere Ktesias».

«Non avrebbe dovuto farlo». Esi alzò appena lo sguardo, premendo le nocche del pugno contro le labbra. 

«I morti sono morti. Abbiamo i territori di Lemuria, se la fertilità è ciò che ti interessa».

«Io voglio la ricchezza» sibilò Esi sbattendo le mani sul tavolo e facendola sussultare. «Va', ora. Non ho tempo da perdere a sentire altri discorsi su campi coltivati: il regno non ha problemi per quanto riguarda le derrate» aggiunse rimettendosi a sedere, tenendo gli occhi fissi sulle mappe. Sapeva che avrebbe dovuto organizzarsi, che un'altra guerra era prossima a insanguare la piana di Alis. 

Sea of fateWhere stories live. Discover now