Pericolo

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Alannis lo seguiva con il cuore che batteva all'impazzata e il fiato corto: Hesperos sgusciava come un gatto attraverso tutte le stradine buie, strette e maleodoranti. Senza dubbio, le conosceva bene.

Avevano evitato di proposito le vie principali: sarebbe stata la loro presenza a quell'ora perché, se qualcuno li avesse scoperti, avrebbero dovuto rinunciare al loro piano.

Hesperos si fermò all'improvviso, digrignando i denti e mettendo mano sull'elsa della spada: aveva visto un'ombra dietro l'angolo e, se ci fosse stato qualcuno, l'avrebbe ucciso senza porsi due domande se l'azione fosse lecita o meno.

Quando un gatto svoltò nella strada, fermandosi ad osservarli per un attimo prima di schizzare via, Alannis fece un respiro di sollievo, appoggiando una mano sul petto. Hesperos ripose la spada, si volto verso di lei e le afferrò il polso.

«Siamo quasi arrivati». Alannis annuì: sentiva il familiare sciabordio delle onde, accompagnato dal rumore del sacchetto con le monete che le batteva sul fianco e tintinnava a ogni passo.

Pagare Atene per la propria salvezza. Avrebbe riso in tempi diversi, considerandola una battuta degna di una commedia, ma in quel momento aveva paura. Se l'avessero scoperta, la bugia sarebbe diventata realtà.

Hesperos si fermò per un attimo all'ingresso del porto, sotto le due colonne di marmo che abbellivano l'ingresso della città, osservando Alannis: gli occhi le brillavano, assaporava già quella libertà che il mare prometteva, ma che i piani politici di Mu avrebbero tagliato ben presto.

Quella nave rappresentava la libertà per lei, seppur sapesse dei contrasti che legavano Atlantide e Atene, della storia della fallita conquista della seconda e della conseguente punizione della prima. Era rappresentata ovunque, raccontata da ogni madre ai propri figli a monito delle generazioni future di non ripetere gli errori del passato.

Una volta a bordo, Alannis si rannicchiò contro il legno. L'odore di catrame era pungente, le tortura a le narici e la spingeva a tossire, ma non poteva farsi scoprire. Sapeva solo che serviva a rendere impermeabile la nave: Era stato Kyriakos a spiegarlo per filo e per segno a lei e Alexandros che non sapevano come fare a non offenderlo dato che l'argomento importava loro il giusto. Un sorriso amaro le distese sul volto: sarebbe tornata in patria, portando con sé la guerra che avrebbe dovuto evitare.

Sentiva i suoni ovattato delle voci di Hesperos e del comandante, ma non riusciva a capire cosa stessero dicendo. Si portò una mano sulla guancia, toccando il punto che Hesperos aveva sfiorato in un'ultima carezza di addio.

«Kyri...» mormorò tra sé, accarezzandosi il ventre, mentre il rimorso per ciò che era successo quella notte iniziava a farsi sentire.

L'alleanza era stata distrutta.

Una guerra sarebbe scoppiata.

Ed era solo colpa sua: per non essere riuscita ad allontanare Kyriakos, per non aver fatto niente mentre lui la baciava come Hesperos non aveva mai fatto, mentre tutta la realtà spariva, lasciando il posto a loro due, soli nel cuore della notte.

Si passò un dito sulle labbra, sorridendo comunque al fatto che era riuscita a liberarsi di Hesperos, anche se suo padre non l'avrebbe mai presa bene.

Si voltò, avvicinandosi allo scafo con il la fronte, fissando fuori attraverso le assi che in un punto si distanziavano, facendo apparire un piccolo foro sulla fiancata: era buio fuori, il mare si confondeva all'orizzonte con il cielo, entrambi scuri, neri come il regno dei morti e solo le luci di Mu facevano distinguere l'uno dall'altro.

La nave ondeggiò, lasciando lentamente il porto di Mu nel cuore della notte, portando a bordo un messaggio firmato niente meno che da Esi destinato a Ktesias. Hesperos la guardava allontanarsi, rimanendo immobile con un ghigno stampato in faccia.

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