Notte innevata

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Alexandros sussultò, sentendosi stringere improvvisamente il polso. Si voltò di scatto, trovandosi di fronte Hesperos che lo fissava con la fronte aggrottata.

Ingoiò a vuoto, facendo scorrere lo sguardo su Hesperos. Aggrottò la fronte, notando che l'altro aveva un mantello stretto in una mano.

«C'è qualche problema?» chiese il moro senza scomporsi, anche se la voce lasciava trasparire una nota di preoccupazione.

Non era una cosa normale trovarsi al cospetto di Hesperos, in piena notte, con il polso bloccato nella presa ferrea della mano dello stesso. In un solo attimo, gli si accavallarono in testa tutti i peggiori pensieri su cosa avesse intenzione di fare il sovrano.

Hesperos liberò il polso di Alexandros, allontanandosi appena di qualche passo. «No...» mormorò scuotendo la testa. «Non posso».

«Allora che ci fai qui?» chiese Alexandros, avvicinando entrambe le mani al petto. Non avrebbe potuto difendersi, non avrebbe potuto rifiutarsi - non era più un uomo libero, era uno schiavo e la cicatrice sul fianco continuava a ricordarglielo tutti i giorni.

«A dir la verità, non lo so».

Alexandros sbadigliò. «Se hai bisogno di altre profezie vai a chiedere a qualche mendicante intorno ai templi, ti diranno ciò che vuoi in cambio di qualche moneta d'oro o d'argento».

«Non... non voglio altre profezie, Dèi santissimi!» sbottò Hesperos. «Voglio solo accertarmi che tu non vada a combinare casini!»

«Hesperos» sospirò Alexandros. «Chi potrebbe fare ciò che dici tu, non si trova attualmente ad Atlantide. Alannis è riuscita a sfuggire persino alle guardie reali, Kyriakos ha messo in piedi una rivolta e Atlas probabilmente sta dormendo adesso, quindi non ha modo di sbavare su documenti ufficiali».

Hesperos aggrottò la fronte. «Dèi, ma mio padre aveva ragione a dire che siete un popolo di pazzi».

«Forse» rispose Alexandros inclinando appena la testa. «O forse è solo perché abbiamo visioni del mondo del tutto diverse: finché voi non l'avete deciso, Atlantide ha sempre rifiutato la guerra. I pazzi siete voi!»

Hesperos gli afferrò il mento con una mano, strattonandolo in avanti. «Tieni la lingua a bada. Ci è riuscita tua sorella, possibile che tu, il principino imbelle, possa avere una lingua più biforcuta della sua?»

«Non devi preoccuparti della lingua di Nis. Per ora non è lei la tua minaccia».

«Alla prossima ti lascio morire nella neve, da solo, come converrebbe a qualcuno del tuo rango attuale».

«Eppure, non è stata quella la tua decisione: perché non l'hai fatto? Perché ti sei così preoccupato per me poco fa?»

«Per un attimo ho creduto che tu stessi morendo».

«Cosa significa? Non mi pare che tu ti sia fatto troppi problemi nell'ammazzare altri – mio padre, per esempio».

Hesperos si passò una mano sul volto. «Non è la stessa cosa veder morire o uccidere qualcuno: il secondo caso è volontario».

«Sì, ovviamente» rispose Alexandros incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo.

«La guerra è guerra» ringhiò Hesperos stringendo i pugni.

«Che ironia... mio padre la odiava ed è lì che ha trovato la morte».

«E mio padre che tanto la amava è morto nel suo letto. Ironico, davvero. Si sono scambiati i destini».

Alexandros abbozzò un sorriso, rimanendo a fissare Hesperos, poi fece un cenno con il capo accennando un passo verso la propria stanza. «Buonanotte, allora».

Sea of fateWhere stories live. Discover now