Sofferenza

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La morte di Amyntas giunse improvvisa sei anni dopo il rinnovo degli accordi.

All'inizio girarono solo voci che da Mu si spostarono verso Atlantide. Nei primi tempi, a quelle dicerie da marinai Ktesias non aveva voluto credere. Non era la prima volta che la notizia della morte di un sovrano girava sulle navi per poi rivelarsi falsa.

Ma quella volta non si trattava di una diceria e la conferma arrivò accompagnata dal vento che preannunciava un imminente temporale estivo sulla città di Atlantide.

Ktesias guardava le nuvole scure quando un soldato gli annunciò che una nave con gli stemmi di Mu era arrivata nel porto. Annuì, tenendo le braccia incrociate, senza spostare lo sguardo dall'esterno. Agata appoggiò il pettine a lato del telaio, rimanendo immobile mentre guardava la tela rosso porpora che stava tessendo.

«Che gli dei ci proteggano» mormorò non appena quello uscì. Si voltò verso la finestra non appena sentì un tuono squarciare l'aria.

«Mu ha già distrutto la mia città... non posso permettere che distrugga anche la mia famiglia. Deve esserci un modo per scongiurare ciò che Hesperos ha in mente».

«Hesperos desidera solo la guerra. Amyntas ha educato i suoi figli a bramare la distruzione, a riempirsi gli occhi di macerie in fumo e cadaveri sanguinanti nelle strade, mutilati dalle spade dei soldati. Il mondo ormai è diviso. Farò tutto il possibile per evitare che la guerra tocchi questi lidi...»

«Ma non è detto che basti» mormorò Agata portandosi le mani sulla bocca mentre Ktesias si voltava verso di lei, annuendo piano con la testa. «Vai a chiamare Alexandros e Alannis, voglio che siano presenti».

L'acqua scrosciante faceva da sottofondo al messaggero che, imperterrito, riferiva il suo messaggio di fronte alla corte di Atlantide. Erano tutti immobili, in silenzio, mentre le parole - scandite dall'accento duro di Mu - risuonavano nella sala.

Era stato mandato dal nuovo sovrano, Hesperos, il messaggero l'aveva messo in chiaro fin da subito. E quel nome continuava a essere ripetuto come a voler essere impresso nella mente della famiglia reale.

Ktesias strinse la mano della moglie non appena l'uomo finì di parlare. Lo guardò alzarsi da terra, soffermarsi per un attimo sui mosaici del pavimento e poi guardare con un sogghigno i due sovrani. Agata si voltò verso il marito: aveva la fronte aggrottata e le labbra serrate, come se ancora stesse cercando di metabolizzare le parole del messaggero; con la coda dell'occhio, notò che Alannis si era irrigidita. Avrebbe detto che aveva paura e, se avesse potuto sapere ciò che la figlia pensava in quel momento, non si sarebbe sbagliata perché Alannis aveva percepito che la maggioranza dei partecipanti alla delegazione di Mu, per tutto il discorso del messaggero, aveva tenuto lo sguardo fisso su di lei, ma, non riuscendo a capire il perché, la questione la spaventava.

Ktesias, da quando li aveva conosciuti, aveva sperato che il successore di Amyntas fosse Esi: ci aveva parlato a lungo, aveva capito che quel giovane poteva essere un buon sovrano e se avesse giocato bene le proprie carte poteva anche strappare un nuovo accordo sull'alleanza tra le due città.

Hesperos era stata una presenza sfuggevole: l'aveva visto poco, non aveva avuto modo di poter sapere quali fossero le sue intenzioni, quali pensieri avesse nella mente. Avere lui come re poteva significare solo una cosa: guerra. Era ciò a cui Mu aveva sempre puntato: spargere terrore e seminare odio anche ad Atlantide ed Hesperos non era Esi: non era un politico, era un guerriero. E i guerrieri non potevano avere tempo per la politica: per quella serviva tempo.

Hesperos non sembrava essere disposto a riservare parte del suo alle discussioni su come evitare una guerra - anzi, per lui sarebbe stato meglio dimostrare di essere capace di conquistare Atlantide, una cosa che nessuno, tranne la natura, era mai riuscito a fare.

Sea of fateWhere stories live. Discover now