Esercito

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Il fumo delle torce sistemate lungo tutto il perimetro dell'accampamento saliva lento nel cielo, lasciando una leggera nebbia che sembrava far diventare sfuocati i contorti delle tende e dei soldati che si muovevano tra loro.

Alcune palme e altri alberi ancora continuavano piegare le chiome sotto le ultime raffiche di vento del temporale che, per tutta la giornata aveva spazzato le coste di Mu, continuando a costringere le navi a rimanere in porto.

Per un'altra giornata.

Rischiavano che la voce si spargesse, che qualche nave di passaggio notasse quei movimenti sulla spiaggia di Mu e che riferisse ad altri; anche se era facile immaginare quale fosse la destinazione che Esi aveva in mente.

Le grida – ordini e richiami – riecheggiavano per tutto l'accampamento, accompagnate dallo scalpitare degli zoccoli dei cavalli: la macchina da guerra di Mu si stava mettendo in moto.

Gran parte dei soldati si era divisa in gruppetti e molti avevano dato avvio a partite con i dadi o semplici scommesse: se in quel momento la tempesta sembrava essersi acquietata, per tutto il giorno i venti non avevano fatto altro che spazzare le coste di Mu, sollevando la sabbia e impedendo alle navi di salpare, facendo sì che gli scricchiolii delle gomene e le corde delle vele risuonassero in modo sinistro ai marinai che si affaccendavano a bordo per assicurarsi che ogni cosa reggesse alla furia del mare.

Su alcuni altari sistemati al centro dell'accampamento ancora bruciavano i resti dei sacrifici offerti agli dei: per quanto Esi non fosse propenso alla religione, sapeva che quei riti davano un senso di sicurezza ai soldati che, da giorni, si stavano radunando sulle coste di Mu, pronti a partire per una nuova guerra contro Atlantide: come la precedente volta, non avrebbe dato loro il tempo di organizzare un esercito. L'esercito doveva piombare addosso all'isola senza dare l'opportunità agli abitanti di rivoltarsi contro coloro che per troppo tempo secondo loro avevano governato in pessimo modo quel regno riparato dalle onde.

Alcuni dicevano che era lo stesso Poseidone a non volere quella nuova guerra, che stava già cercando di far desistere il sovrano di Mu dal suo piano; altri erano convinti che si trattava solo di una follia, che sarebbero finiti tutti nell'Ade, nel regno dei morti.

Ed era per loro che Esi si era ritrovato a ordinare di eseguire sacrifici agli Dèi: l'ultima cosa che voleva era una rivolta del suo stesso esercito, di coloro che avrebbero dovuto seguirlo fedelmente.

Le fiamme, per ore, si erano alzate verso il cielo e ormai erano poche quelle che ancora resistevano alla notte, continuando ad alimentare i pezzi di legno. Ed erano appunto quei carboni ardenti, rossi al centro e neri solo alle oscurità, ancora abbracciati dalle fiamme, avevano catturato lo sguardo del sovrano di Mu, tanto che i riflessi del fuoco lanciavano ombre sul suo viso; Esi ignorava il calore delle fiamme che gli accarezzava il volto e gli occhi che erano sul punto di lacrimare a causa del fumo.

Lui non avrebbe fatto la fine di quei tizzoni.

Lui non avrebbe brillato così intensamente per un tempo troppo breve per lasciare una traccia duratura che non fosse polvere.

Voltò le spalle con un gesto secco, tornando con passo spedito verso la tenda.

«Non dovresti essere qui» sibilò non appena notò la figura di Aphia, seduta sul pavimento. Lei, intenta a cantare a bassa voce per il figlio, alzò lo sguardo verso il marito, stringendo poi al petto il bambino che tentò di divincolarsi.

«Non vuoi nemmeno salutare tuo figlio, Esi?» chiese Aphia serrando le labbra. «Vuoi davvero essere un pessimo padre?»

«Papà non è cattivo!» disse il figlio, colpendo con i pugni il braccio di Aphia che sospirò, allontanandolo appena da sé.

Sea of fateWhere stories live. Discover now