Capitolo 40

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Newt

Senza conoscerne il motivo, Thomas era uscito, lasciandomi solo nella stanza del motel.
Eravamo tranquillamente stesi sul letto, quando tutto d'un tratto qualcuno bussò alla porta. Thomas era andato ad aprire e, da dietro le sue spalle, potei riconoscere la signora che si occupava delle pulizie.
Non sentii cosa disse al moro, così come non riuscii a tradurre la sua espressione.
La ringraziò e, con una insolita fretta, cercò degli abiti abbastanza formali.
Non capivo nulla e, rimanendo seduto sul materasso, cercavo di richiamare la sua attenzione.
«Tommy... Thomas!- Continuava a ignorare le mie parole e, innervosendomi, alzai la voce. -DYLAN!»

Sentendo quel nome uscire dalle mie labbra, si voltò di scatto e mi si avvicinò.
«Scusami Newt, ma ho avuto un contrattempo... Devo andare, ma ti prometto che entro sta sera sarò di nuovo qui, okay?» Mi lasciò un bacio a stampo sulle labbra, prima di accarezzarmi la guancia, prendere il suo giubbotto e lasciare la camera.
Era tutto accaduto così velocemente, che non ero riuscito nemmeno a metabolizzare ciò che mi aveva detto.
Ero rimasto esterrefatto, confuso e, soprattutto, preoccupato.
Di certo il mio pessimismo non aiutava e, per questo, passai l'ora a seguire continuando a camminare avanti e indietro lungo il parquet verde scuro.
Che fosse successo qualcosa di serio?
Alla madre? Al padre? A Chuck o a sua moglie?
Magari il padre voleva scusarsi... Oppure la madre si era ripresa e voleva vedere il suo figlio più piccolo.
Tutte queste paranoie iniziarono a farmi sudare freddo e, a causa del mio nervosismo, iniziai a mordere l'unghia del pollice.

Come una sveglia, un rumore improvviso mi fece saltare sul posto e, voltandomi, notai il mio cellulare squillare tra le lenzuola.
Sperando che fosse Tommy, corsi e mi buttai tra quelle coperte ma, quando notai la scritta "privato" sul display, mi irrigidii.
Intuendo chi fosse a chiamarmi, l'accettai e, con tono freddo, parlai.
«Vuoi ancora minacciarmi, Alby?»
Sentii un silenzio tombale dall'altro capo, finché una voce roca e a me nont tanto familiare, parlò.
«Sto parlando con Newton Sangster?»
Inizialmente non capii a chi appartenesse quella voce. Pensai a chi potessi ricollegarla, finché la soluzione non arrivòqa e mi lasciò di stucco.
«Signor O'brien? È lei? Ma come ha...» Cercai di dire, fermando il tremolio nella mia voce mentre mi alzavo in piedi. Raggiunsi la finestra della camera, che dava sulla piscina, sperando di vedere Tommy. Vidi solamente una grossa auto dai vetri oscurati lasciare il parcheggio.
«Tranquillo, Newton. Ho avuto il tuo numero da Charles.- Potevo sentire un leggero sorrisetto incurvargli le labbra. -Avrei bisogno di parlarti... Non con Dylan, solamente io e te. Spero tu sia disposto a farlo, anche ora.»

Avevo gli occhi sgranati e una mano sulla fronte, mentre l'altra teneva l'apparecchio elettronico contro il mio orecchio.
Non sapevo cosa fare.
«Ehm... Non saprei, io...»
«Voglio solo parlare... Parlare del futuro. Il futuro tuo e di mio figlio... Ti prego, ragazzo... Sei la mia ultima chance.»
Non appena sentii come la sua voce si incrinò nel parlare di Tommy, cedetti anche io. Quell'uomo non era malvagio.
Semplicemente era impacciato e, in un certo senso, molto simile a Thomas. Come per convincermi, annuii lentamente, prima di assecondare e decidere il luogo d'incontro con il signor O'brien.

* * *

Dylan

Quella mattina ero uscito più presto del solito e, soprattutto, solo. Questo perché negli ultimi giorni ero riuscito a contattare Chuck senza che mio padre lo venisse a sapere. Purtroppo non avevamo avuto modo di incontrarci ma, quel giorno, la signora delle pulizie mi aveva parlato di un ragazzo al reception che chiedeva di me. Non avevo perso tempo, avendo capito subito.

Probabilmente avevo abbandonato Newt nella più totale confusione, ma presto gli avrei spiegato tutto.
Ero pronto a tagliare definitivamente i ponti con la mia famiglia e cambiare la mia identità definitivamente.
Ormai volevo cancellare l'esigenza di Dylan.
Quando notai le sue spalle larghe e i suoi ricci castani, accelerai il passo, fino ad essergli faccia a faccia.
«Ciao Chuck...»
«Dylan! Eccoti finalmente!»

Aveva una leggera barba incolta sul mento, delle profonde occhiaie sotto gli occhi e, soprattutto, il viso notevolmente scavato.
Volevo capirne il motivo, ma dovevo attendere e pazientare.
«Come stai? Perché te ne sei andato così? Sai che mi hai fatto preoccupare? Pensavo che... Che...» Le parole gli morirono in bocca, nonostante sapessi cosa voleva dire.
Non era la prima volta che pensieri così negativi da portarmi a pensare al suicidio, accadessero. La prima volta era stata dopo la morte di Teresa.
Ancora ricordavo il suo funerale alla perfezione e, ironicamente, ricordavo quel giorno ma ormai la sua voce era quasi del tutto scomparsa dalla mia testa.

«Scusami Chuck... Avevo bisogno di fuggire da lui, se fossi rimasto sarebbe stato tutto ancora più terribile...» Spiegai, mentre lasciavamo il Motel diretti all'auto.
C

huck annuì leggermente, circondando poi le mie spalle e portandomi vicino a sé.
«Lo so, lo so... A volte può essere un vero stronzo, ma sai bene che quello non è il vero lui.» Mi spiegò, mentre si allontanò da me per andare dal lato della guida.
Sbuffai leggermente e, prima di salire sull'auto, guardai la porta della camera dietro alla quale probabilmente Newt rimaneva confuso. In seguito spostai la mia attenzione sulla mia mano, ferma attorno alla maniglia della portiera.

«Ormai non lo so più... Non so più nulla.»

Different /Newtmas' AU/Where stories live. Discover now