Capitolo 4

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Eravamo tutti e quattro seduti sotto un albero, coperti dalla sua ombra così che il caldo cuocente non ci sciogliesse.

All'inizio eravamo rimasti in silenzio. Non riuscivo ancora a metabolizzare l'accaduto, ma Minho era riuscito a farmene dimenticare, iniziando a parlare dei vari club che si tenevano nella scuola.

«Pensavo di iscrivermi ad atletica. Vieni anche tu Thomas vero? » Il moro si voltò verso di me.
«Il Pive che corre? Non c'è lo vedo proprio. »

Sentendo le sue parole, ghignai.
«Tu invece, Gallinuccia, sai correre? » Lo presi in giro.

In tutta risposta, lui ghignò sollevandosi poi in piedi.
«Sento odore di sfida! » Disse Brenda, battendo le mani con fare eccitato.

Il biondo mi porse una mano, così che mi sollevassi in piedi, ma non l'accettai.
«Quattro giri del campus. Non stop. » Sottolienai le ultime parole con un tono più acceso.

«Chi perde? Quale sarà la penitenza? » Chiese Minho, che sembrava molto più interessato rispetto a me è Gally.

In silenzio, ognuno pensò a un'idea, finché Brenda non ebbe quella giusta.
«Chi perde dovrà, oltre offrire da bere a tutti, cantare al karaoke in centro! » Quasi urlò lei trionfante, alzandosi in piedi.

Ci scambiammo uno sguardo d'intesa, carichi d'adrenalina per la gara.

Avremmo fatto due giri completi del campus. Non vedevo l'ora.
Il via c'è lo diede Brenda, e in pochi secondi, ero già in testa.

L'immagine della schiena di Chuck davanti a me, mi fece sorridere, così accellerai.
Da piccoli correvamo sempre insieme, nel giardino di casa nostra facevamo delle gare e, ovviamente, vinceva sempre lui.

Per un attimo, mi sentii libero, lontano da tutti e tutto.
In quel momento non fui più né Dylan O'Brien né Thomas Edison.
Ero soltanto io.
E mi piaceva da matti.

Eravano a metà dell'ultimo giro, però, che quando davanti a me sì intrappose un ragazzo.
Quel ragazzo.

Era rimasto pietrificato alla mia vista e, andato nel panico, mi guardava con gli occhi sgranati. Invece di rallentare, accellerai e, all'ultimo secondo, lo schivai.

Sentivo che quello che avevo appena fatto era una sorta di rivendicazione per la povera ragazza della mensa.
Odiavo le persone approfittatrici e una bella rivincita era quello che si meritava.

Con la coda dell'occhio vidi il biondo mettersi una mano sul cuore mentre si voltava per seguire la mia figura con gli occhi.

Arrivai primo, Gally poco dopo.
Era più stremato di me, infatti si era buttato a terra con il fiatone, mentre il mio fiato era meno affannoso del suo.

«Prepara il portafoglio Gallinuccia, mi sa che riceverà un brutto col... » Venni interrotto da un applauso.

Anche Brenda e Minho, che prima sorridevano divertiti, si erano pietrificati alla vista di chi mi stava dietro.
Il biondo aveva sollevato di poco la testa, per vedere in faccia la persona in questione.

Era in compagnia dello stesso gruppo, solo meno rumoroso. La sorella al suo fianco lanciava occhiate omicide alla mora, che ricambiava con notevole odio.

Lui era in prima fila e aveva appena smesso di battere le mani, quando parlò.

«Ottima prestazione, per poco non ci rimanevo secco. Come ti chiami novellino? » Gli chiese, facendo un movimento del capo, così da spostare una ciocca di capelli che era davanti ai suoi occhi.

«Thomas. » Risposi freddo, mentre alcune gocce di sudore continuavano a percorrermi il collo.

Mi sentiva un po' a disagio, tutti gli sguardi erano puntati su di me e pesavano un po'.

Il biondo continuava a squadrarmi, fossi quasi un'opera d'arte.
Quando però, mi guardò dritto negli occhi, notai una strana scintilla.
«Hai un viso familiare... I tuoi sono persone importanti? » Chiese incuriosito.

Mi colse alla sprovvista.
Noni aspettavo di certo una domanda del genere, solo il secondo giorno che ero lì.

Gonfiai di poco il petto, cercando di mostrarmi il più sicuro possibile, quando in realtà stavo sempre più vacillando all'interno.
«Ti sbagli. Mi avrai confuso con qualcun'altro, ora se permettete, potreste lasciarci in pace? Ci stavamo divertendo prima del vostro arrivo. »

Gli amici del ragazzo mi guardavano con uno sguardo misto tra stupore e rabbia. Forse il biondino non era abituato a questo trattamento, ma se voleva avere a che fare con me, si sarebbe dovuto abituare.

Mi sorprese vedere il biondo ridere dopo aver sentito le mie parole. Sorprese tutti.
Quando riuscì a fermarsi, mi fece un ghigno malizioso.

«Mi piaci Tommy, mi fai ridere.- Fece finta di asciugarsi una lacrima. -Ma visto che non siamo graditi, sarà meglio andarcene. » Con un movimento della testa, fece segno ai ragazzi di andarsene e, sotto lo sguardo sbigottito mio è dei miei amici, entrarono nel complesso.

Ero come paralizzato sul posto, sentivo che non sarebbe stata l'ultima volta che lo avrei visto. E la scuola non c'entrava nulla.

«Complimenti Pive, ti sei appena scavato la fossa tutto da solo. » Commentò Gally, che nel mentre si era asciugato il viso con la sua maglia.

«Perché mai? Ho solo detto che stavano iniziando a rompermi le palle, tutto qua. » Sollevai le spalle, come se non fosse accaduto nulla.

Eppure una vocina, nella mia testa, mi ripeteva che avevo fatto la cazzata più grande della mia vita mettendomi contro quel ragazzo.

* * *

Una settimana dopo, i corsi erano iniziati. Il primo giorno, avrei iniziato con il corso di letteratura spagnola, e avrei finito la giornata con storia della musica.

La prima settimana di tranquilla, non incrociai nessuno di indesiderato e Chuck mi chiamò quasi ogni giorno.

A quanto pare Richard e Joceline, i miei genitori, davanti alle telecamere piangevano e si disperavano, mentre lontano da esse, sembrava quasi che non gli importasse.

Faceva male sentire quelle parole: non ero mai stato importante per i miei, ero stato solo un peso e visto che se ne erano, finalmente aggiungerei, liberati stanno meglio.

La notte dormivo poco, con la paura che prima o poi mi avrebbero scoperto e mi riprenderò portato a New York. Durante le giornate sembravo quasi uno zombie.

Ero a pezzi, e per quanto mi sforzassi, sembrava che nessuno se ne accorgesse.

Eccetto Minho che qualche volta mi chiedeva come stavo.

Rispondevo sempre allo stesso modo: «Sto alla grande, tranquillo. ». Eppure lui non sembrava essere mai convinto.

Una settimana dopo, iniziò il corso di canto.

Il professore era molto giovane, probabilmente si era appena laureato e una particolare luce gli illuminava gli occhi grigi.

Era molto solare e, appena la campanella suonò e io feci il mio ingresso, mi prese quasi subito a braccetto.

«Tu devi essere Thomas Edison, il nuovo ragazzo! Sono felice di avere una nuova promettente figura nella mia classe! Io sono il professor Albert Ameen, benvenuto nella mia classe.- I ragazzi e le ragazze, seduti ognuno al proprio banco, mi sorridevano. Sembrava proprio una bella classe. -Su su, ora devi presentarti a tutti noi. »

Mi spostò vicino alla sua cattedra e, mentre lui si sedeva sul bordo di essa, inspirai.

Nuovo inizio.
Nuova vita.

«Mi chiamo Thomas Edison e vengo da... » Iniziai la frase, ma non riuscii a finirla visto che la porta si aprì, rivelando una chioma bionda troppo familiare.

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