Capitolo 27

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Chuck

Era cambiato.
Quasi non lo riconobbi all'aeroporto, mi sembrò di avere davanti a me uno sconosciuto.
Il viso e l'aspetto fisico non erano affatto cambiati, forse aveva guadagnato qualche centimetro in più in altezza, ma per il resto, era sempre lo stesso Dylan.
Qualcosa però mi sembrava diverso.

Forse era il suo sguardo il quale, nonostante in quel momento fosse pieno di dolore e rimorso, aveva una luce diversa. La luce della passione e della gioia che non vedevo da tanto tempo, forse anni.
Ma fatto sta che non era più il Dylan triste, in gabbia, che conoscevo. Era un ragazzo nuovo, rinato e, soprattutto, con il proprio sogno più vicino di quanto pensasse.

Lo abbracciai più forte che potevo. Erano passati poco meno di sei mesi, eppure mi sembrava di non vederlo da anni. Per troppo tempo eravamo stati separati e, anche se ci fosse stato un intero mondo tra noi, lui sarebbe sempre stato il mio piccolo fratellino, lo stesso che non riusciva a non guardare altri film se non Toy Story.

«Mi... Mi dispiace così tanto... Non... Non dovevo andare via... È colpa mia!» Singhiozzò quasi con fare disperato, mentre teneva il proprio volto seppellito sulla mia spalla. Queste sue parole mi ferirono, mi sentii  in colpa e, per un attimo, mi pentii di averlo aiutato a scappare.
Eppure quella luce nei suoi occhi non l'avrei mai potuta vedere.

«Non è così Dylan, tu non hai nessuna colpa...» Lo consolò Mary, incrociando poi il suo sguardo con il mio. Lei aveva gli occhi lucidi e, questo, mi provocò una ferita ancora più profonda nel cuore.
Le due persone che amavo di più al mondo, stavano soffrendo davanti ai miei occhi. E non potevo fare nulla.

Sospirai, accarezzando poi il capo di mio fratello. Rimanemmo in quella posizione per diversi minuti e, quando Dylan si tranquillizzò, si allontanò da me, affiancando un ragazzo a cui non avevo ancora fatto caso.
«Newt, loro sono mio fratello Charles e sua moglie Marienne. Chuck, Mary, vi presento Newt, il ragazzo di cui vi avevo parlato.»

Il ragazzo che era affianco a Dylan era leggermente più basso rispetto al moro. Aveva i capelli color miele e gli occhi scuri, molto scuri. Aveva un fisico abbastanza asciutto e, quando si avvicinò per stringerci la mano, notai un passo leggermente zoppicante.
All'apperenza seembrava essere molto fragile, ebbi quasi paura di romperlo quando gli strinsi la mano.

Eppure quando fummo faccia a faccia, notai una strana luce nei suoi occhi.
Indietreggiai di qualche passo, mentre Mary salutava il ragazzo con fare entusiasta. Era la prima volta che Dylan ci presentava un suo amico, dopo... Beh... Lei.

Ci dirigemmo verso la nostra auto, dove un uomo in giacca e cravatta ci attendeva. Newt e Dylan erano rimasti indietro di qualche passo e, il moro, spesso lanciava delle occhiate preoccupate al biondo che, d'altro canto, gli sorrideva con fare rassicurante.

Anche Mary spesso notava le occhiate che si scambiavano e, per un attimo, la scoprii sgranare i suoi occhi e poi sorridere dolcemente. Quasi come se avesse capito chissà cosa.
Stavo per chiederle a cosa avesse pensato, quando sentii il mio cellulare vibrare nella tasca del mio giubbotto.

Estrassi il piccolo apparecchio e, appena lessi il nome di mio padre sul display, risposi.
«Papà, tutto bene?» Chiesi, preoccupato e fermandosi davanti all'auto.
Mary si appoggiò al mio braccio, mentre Dylan mi si affiancò.

Il silenzio dall'altro lato mi preoccupò ancora di più e, quando sentii un sospiro dall'altro lato, il mio cuore eprse un battito.
«Sono a casa e mi ha chiamato l'ospedale... Se tra due settimane non si sveglierà, dovranno staccare tutto.» Sospirò dall'altro lato.

Sentii il mio intero corpo gelare, impallidii e per poco il cellulare non cadde dalla presa della mia mano.
Mary mi scuoteva il braccio, mentre Dylan cercava di richiamare la mia attenzione.
«Chuck, parlami! Cosa è successo?! Parla!» Fu la voce di mio fratello a riportarmi con i piedi per terra o, più correttamente, fu la voce di mio padre.
«Questa voce... Chi c'è lì con te? È Dylan? È lui vero? Passamelo! Subito Chuck»

Anche il bruno sentì la sua voce sbraitare dall'altro capo del telefono e, quando guardai dritto negli occhi di mio fratello, notai una sicurezza del tutto nuova.
Mi sorrise con tristezza e, in seguito, prese il mio cellulare. Lo avvicinò al proprio orecchio e, in seguito a un profondo sospiro, lo notai stringere il proprio pugno.
«Ciao papà.»

* * *

Newt

Mi sentivo fuoriluogo.
Ed era giusto così, infondo ero solo un estraneo. Uno sconosciuto che si era infiltrato nella vita di questo ragazzo, senza nemmeno chiedere il permesso.

«Newt, loro sono mio fratello Charles e sua moglie Marienne. Chuck, Mary, vi presento Newt, il ragazzo di cui vi avevo parlato.» Disse Tommy, sorridendomi con fare incoraggiante. Un po' mi aiutò la sua espressione e, per questo, sorrisi ai due adulti davanti a me.

Erano una coppia bellissima, si poteva vedere l'amore tra i due da lontano un miglio. Lei era piccolina e dal viso dolcissimo, mentre lui era un bell'uomo. Alto, dalle spalle larghe e da dei buffi ricci castani un po' disordinati. Il sorriso, però, era quello di Tommy.

Mentre ci stavamo dirigendo verso l'auto, il moro e io rimanemmo poco più indietro e, per la prima volta dall'atterraggio, vidi il primo segno di debolezza.
La sua mano, poco lontano dalla mia, tremava come una foglia. L'avrei voluta stringere tra le mie, ma le parole che ci eravamo detti sull'aereo riecheggiano nella mia testa.
Tempo. Ci voleva solo del tempo. Il moro mi guardò, esprimendo tutti i suoi timori con solo uno sguardo e, per infondergli coraggio, gli sorrisi amorevolmente.

Non sapevo nulla sulla sua famiglia, sulla sua vita in America o sul suo passato. Eppure sono stato pronto a mollare tutto pur di seguirlo.
Eppure la paura di Alby e Chris era ancora lì.

Quando vidi il fratello di Chuack rispondere, capii subito che qualcosa non andasse, vista la sua espressione.
Bianco come un cadavere, guardò Tommy negli occhi e, quando sentii una voce maschile urlare dal telefono, capii.
Osservai il moro che, con un'espressione quasi indecifrabile, prese il cellulare e rispose.
«Ciao papà.»

Quel ragazzo aveva tanto coraggio quanto mai ne avrei potuto avere io.
Ed era per questo che stavo iniziando ad amarlo.

Different /Newtmas' AU/Where stories live. Discover now