Capitolo 41

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Newt

Un'ora dopo, ero davanti all'entrata del motel e continuavo a guardai attorno, con fare agitato.
Un cappello grigio in lana di Tommy mi copriva le orecchie dal vento invernale, mentre cercavo di scaldare le mie mani tenendole nascoste nella giacca.
La mia testa continuava a guardarsi prima verso sinistra e poi destra, alla ricerca di un qualsiasi veicolo riconducibile al signor O'brien.

Stavo per prendere il mio cellulare nella mia tasca, quando il rombo di un motore in lontananza richiamò la mia attenzione.
Un veicolo nero e dalla carrozzeria lucida si stava dirigendo verso la mia direzione e, non appena fu vicino all'entrata del Motel, rallentò fino a fermarsi.
Uno dei finestrini oscurati si abbassò, rivelando il viso stanco e segnato del signor O'brien.
«Buongiorno ragazzo. Prego, sali in auto.» Disse con tono piatto, aprendo la portiera e spostandosi di lato per lasciarmi il posto.

Mi guardai attorno, prima di sospirare e decidermi finalmente a entrare nel veicolo.
Me ne stavo già pentendo.

* * *

Dylan

«Mi dispiace averti contatto così, ma avevo bisogno di parlarti...» Disse Chuck, mentre tra le mani continuava a stringere la tazza di caffè.
Eravamo giunti in un piccolo locale vicino al centro città, ma abbastanza appartato per non essere notato da occhi indiscreti.
Incrociai le braccia e appoggiai la mia schiena contro la poltrona in pelle, mentre osservavo attentamente l'espressione di mio fratello.
«Dimmi.»

Era pallido e tremava leggermente, quasi come se quello che mi avrebbe detto di lì a poco avrebbe potuto cambiare definitivamente la mia esistenza.
«Cosa sai di Newton?» Domandò, mentre beveva un sorso della sua bevanda.
Non capendo il motivo di una domanda del genere, inclinai leggermente il capo.
«In che senso?»
«Nel senso che sai davvero tutto del tuo ragazzo?»

Mi sedetti in una maniera più composta e, appoggiando i miei avmbracci sulle ginocchia, intrecciai le mie dita.
«So abbastanza, perché mi dici così?»
Chuck sbuffò leggermente, quasi con fare stufo e, in seguito, tirò fuori dalla sua borsa una strana busta bianca.
Mi sembrava d'essere in un film di Leonardo Di Caprio e, in questo caso, ero io il bello della situazione.
«Guarda dentro.»
«Prima dimmi vuoi arrivare. Sai già che non tornerò da voi, non puoi con...» Charles mi fermò dal finire la frase e, in seguito, afferrò nuovamente la busta, avvicinandola a me.
«Tu guarda, sarai poi tu a decidere.»

Senza dire altro, ma mantenendo la mia diffidenza, l'afferrai e la aprii lentamente. Quasi mi spaventava il suo contenuto.
Aprendola, notai un paio di fotografie e, quando inizia ad osservare meglio, rimasi paralizzato sul posto.
Erano tutte nel campus in Inghilterra e, ognuna di queste, mostrava Newt in compagnia del professore Albert.
Ciò che però mi fece rabbrividire era lo sguardo dell'adulto.
Nella prima, si poteva notare che dietro al finestra l'uomo teneva il biondo dal collo, mentre spingeva quasi con violenza le sue labbra contro quelle di Newt. In un'altra, scattata negli spogliatoi da uno spiffero di una porta, il biondo era ancorato contro una delle docce mentre l'insegnante teneva una delle sue ginocchia tra le sue gambe.
Potevo benissimo leggere l'espressione di dolore sul viso di Newt e, questo, mi fece stringer eil cuore.

Tremavo nel vedere Newt in così difficoltà e, presto, diversi punti di collegarono nella mia testa. Alla libreria, quel giorno in palestra e le chiamate strane da quando eravamo così.
Avevo sempre continuato ad usare il biondo come una spalla su cui piangere, ma io non ero stato in grado di capire la sua richiesta di aiuto. Ero così egoista che mi disgustavo da solo.
«D... Da chi le hai ricevute?» Domandai con una voce tremolante, alzando leggermente lo sguardo da quelle foto orribilanti.
«Una ragazza della tua scuola. Non mi ha detto il suo nome, ha preferito rimanere anonima ed ha usato un indirizzo email falso.- Chuck sospirò e, in seguito, si stravaccò leggermente sulla poltrona. -Le ho ricevute sulla mail aziendale. Il mio assistente mi aveva comunicato di aver ricevuto una mail urgente e, per questo, ho deciso di controllare. Non avrei mai immaginato di ricereve queste genere di... Di...»
«Orrore.- Terminai la frase per lui. - Devo assolutamente andare da lui e farmi raccontare tutto... Ancora non ci credo che sono stato così cieco.»

In fretta e furia, uscimmo dal locale e tornammo all'auto. Chuck non aveva esitato un attimo ad appoggiarmi e, questo, aveva evidenziato ancora una volta il nostro forte rapporto. In quel momento, però, non riuscivo ad apprezzarlo. Il mio unico pensiero era Newt e tutte quelle cicatrici che aveva cercato fino a quel momento di nascondermi.
Possibile che non avesse voluto parlarmene perché non si fidava ancora di me? Dopotutto ciò che aveva visto della mia vita?
Dovevo parlargli.

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