Capriolo 44

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Newt

Era il giorno della mia partenza e, mentre mi allontanavo verso il check in in aeroporto, mi voltai un'ultima volta in direzione di chi mi aveva accompagnato. Tom... Dylan non si era fatto vedere e, al suo posto, si erano presentati Chuck e sua moglie.
Ancora non potevo credere di star lanciando quel luogo da solo, senza la compagnia allegra del moro.
Finalmente avevo trovato qualcuno che tenesse a me, al di fuori di Sonia. Eppure ancora una volta, i miei problemi avevano rovinato tutto e mi avevano riportato al punto di partenza: solo e ferito.

Era mattinata inoltrata e, visto l'orario, l'aeroporto era molto affollato. Attorno a me potevo vedere famiglie, coppie di amici o fidanzati, uomini o donne con indosso divise da lavoro e, a volte, qualche hostess che correva di tutta fretta verso il gate.
Nonostante la folla attorno a me fosse immensa, non riuscivo a sentire nessun rumore. Mi sembrava di essere sott'acqua, dove ogni tipo di suono rimaneva ovattato o lontano da me.

Salutai con un sorriso i due adulti ma, prima di poter voltarmi, Chuck posò una sua mano sulla mia spalla, facendo in modo che lo guardassi in faccia.
«Newt, sei stato molto importante per Dylan... Proprio per questo farò tutto il possibile per aiutarti. Non appena atterrerai, vai dalla polizia e denuncia quell'uomo. So bene che ha dei contatti, ma non potrà di certo fare nulla contro gli O'brien.» Disse il riccio, incoraggiandomi con un sorriso che ricambiai forzatamente.
«Grazie mille, per tutto... Salutami Tom... Dylan.»

Alle spalle del ragazzo comparve la figura nettamente più bassa di Mary.
«So che un giorno vi ritroverete. Il tuo Tommy sa essere testardo, ma saprò farlo ragionare... Dammi solo un po' di tempo, okay?» Mi disse prendo le mie mani e portandole vicino. Le strinse leggermente, mentre iniziavo a sentire i miei occhi pizzicare.

Non sapevo se fosse rabbia, frustrazione o sconforto, ma in quel momento avrei voluto solamente urlare e sfogarmi. Sentivo il mio petto colmo di un peso così gravoso, che quasi mi faceva male.
«G... Grazie. Ma questa volta sarà difficile, Mary...» Detto questo, li salutai un'ultima volta e, con mille rimpianti, fu così che abbandonai gli Stati Uniti.

* * *

Chuck

Io e Mary aspettammo che i capelli di Newt venissero inghiottii dalla folla, prima di abbandonare l'areoporto.
Mi strinse la mano e, intrecciando le nostre dite, uscimmo e ci spostiamo a lato dell'entrata.
Ogni passo che facevo, mi portava a pensare che quella non fosse la soluzione migliore. Più mi allontanavo e più credevo che quei due insieme avrebbero potuto superare ogni difficoltà.

Eppure due persone avevano cercato di ostacolare la loro relazione e, nonostante la mail con le foto, non ero riuscito ad aiutare. Anzi, avevo solo contribuito al risultato che stavano vivendo in quel momento.
«Prima o poi si ritroveranno...» Sussurrò Mary, stringendo leggermente la mia mano.
Annuii leggermente, guardandola poi con un sorriso dispiaciuto ma allo stesso tempo speranzoso.
«Sarà così.»
«In fondo sono giovani e, se il loro era vero amore, si cercheranno. Un po' come noi.» Dicendo le ultime parole sorrise tra sé e sé, probabilmente ripensando a come ci eravamo separati dopo una relazione alle superiori e, dopo ben cinque anni ci eravamo rincontrati in un locale come altri.
Al pensiero di com'era bella quella sera, sentii il mio cuore stingersi. Mi sentivo così fortunato ad avere una donna come lei al mio fianco.

Quando uscimmo dall'immensa struttura, un'aria gelida investì entrambi e, vedendo Mary tremare, la coprii con la mia sciarpa. In seguito ci allontanammo dall'entrata e, in quel momento, lo notammo.

In un angolo lontano da occhi indiscreti, ma al contempo davanti alla vetrata dell'immenso ingresso, un ragazzo con indosso un cappellino di lana e un cappotto nero, teneva lo sguardo fisso sullo stesso punto dove fino a pochi minuti prima, Newt ci stava parlando.
Teneva le mani nascoste nelle tasche e gli occhiali sul naso continuavano ad appannarsi a causa del freddo.
Ci avvicinammo a lui e, quando ormai eravamo abbastanza vicini, parlai.

«Potevi almeno entrare, Dy...» Non finii di dire il suo nome, che Mary lasciò la mia mano e gettò le braccia attorno al suo collo.
Solo in quel momento notai le lacrime che stavano rigando i suoi zigomi e, soprattutto, la sua espressione ferita.
Non appena Mary lo strinse a sé, lui si abbandonò all'abbraccio, facendosi cullare dalla ragazza che gli accarezzava la schiena.
Sospirai affranto guardandoli, mentre pensavo a qualcosa che potesse sollevargli il morale.

Quando i due si separarono, gli occhi di Dylan erano arrossati e il suo viso ancora umido. Cercò di darsi una sistemata e, in seguito, trassi eun profondo sospiro.
Lo vidi stringere i pugni e, in seguito, sollevò il viso per guardarmi in faccia. Notai una luce particolare nei suoi occhi. Era una determinatezza che non avevo mai visto in mio fratello, come se avesse trovato un motivo per combattere.
Ed era probabilmente così.
«Andiamo da Richard. Io e lui dobbiamo fare quattro chiacchiere.»

* * *

Brenda

Erano passati diversi giorni da quella mia piccola "avventura" nell'ufficio del professore Alby, ma i miei risultati erano stati pari a zero. Non avevo trovato altro se non vecchie foto dei fratelli Sangster e qualche documento noioso sulla scuola.
Eppure quella sensazione non voleva abbandonarmi, quell'uomo stava nascondendo qualcosa di grosso e io dovevo assolutamente trovarlo.

Ero seduta sul materasso, intenta a guardare lo schermo del mio cellulare, quando tutto d'un tratto mi arrivò una notifica inaspettata.
Sonia stava ancora dormendo beatamente al mio fianco. Con un braccio mi stava cingendo la vita, mentre il suo naso era incollato al tessuto dei miei pantaloni della tuta.
Era da Natale che mi ero praticamente trasferita nella sua stanza e, questo, di certo non dispiaceva a nessuna delle due.

Da: Chris
A:Brenda
Possiamo vederci in biblioteca? Ho bisogno di parlarti urgentemente!

Rilessi più volte il messaggio, ancora incredula. Era da Natale che non si era fatta più viva. Io e Charlie avevamo provato a contattarla, nonostante il suo atteggiamento al waundo irritante, ma lei non aveva nemmeno letto i messaggi.
Charlie aveva iniziato a preoccuparsi, ma preso la convinsi di non darci peso e, che probabilmente, non si era fatta vedere per dei suoi problemi "drastici".
N

on sapevo che fare, non volevo sorbirmi le sue lamentale su chissà quale enorme problema ma, al contempo, mi sentivo in dovere di aiutare un'amica.
Fu per questo che abbandonai le calde lenzuola e, dopo essermi cambiata, lasciai un avvio sulla fronte di Sonia e abbandonai la camera.

Mentre mi stavo dirigendo verso il luogo da lei deciso, mi arrivò un'altra notifica, sempre dalla stessa persona.
Da: Chris
A: Brenda
Si tratta del professore Albert, muoviti.

Non prestando attenzione alla strada davanti a me e, soprattutto, non facendo caso alla lastra di ghiaccio sotto i miei stivali, scivolai cadendo copletamente stesa sul suolo.
Finalmente potevo aver le risposte che volevo.

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