Capitolo 26

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Thomas

Non era passato molto tempo da quando lessi l'ultimo.messaggio di Chuck. Ero seduto sul taxi che avrebbe portato me e il biondo all'aeroporto, dove poi saremmo andati dall'altra parte dell'oceano. Con fare nervoso, continuavo a battere l'indice sulla mia coscia mentre cercavo di pensare a qualcosa che mi calmasse.

Notandomi, Newt sospirò prima di posare una mano sulla mia e sorridermi dolcemente.
«Ti vuoi calmare? Andrà tutto bene, fidati. Tu però non devi agitarti, okay?» Mi disse, intrecciando poi le sue dita con le mie. Un senso di calore mi pervase, portandomi a sorridergli e a finalmente calmarmi.

Eppure quando alzai un attimo lo sguardo, casualmente sul tassista, lo notai lanciarci un'occhiata di rimprovero dal finestrino retrovisore. Come distinto, allontanai la mia mano da quella di Newt che, sorpreso, non capì inizialmente il mio gesto.

Per quanto avessi capito che Newt mi piaceva sul serio, avevo paura di cosa gli altri avrebbero potuto pensare. Il giudizio degli altri aveva sempre avuto un ruolo decisivo nella mia vita e, nonostante finalmente mi fossi liberato delle mie vecchie catene, era difficile cancellare tutto subito.
In fondo, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Quando arrivammo all'aeroporto, scaricammo le valigie e pagammo il tassista, prima di entrare nell'enorme edificio. Newt camminava al mio fianco, in silenzio.
Attorno al collo teneva la mia sciarpa, tenendo le sue labbra screpolate nascoste dal vento gelido e invernale.

Appena entrammo nella grande sala, controllammo sul tabellone degli orari e, con sollievo, notammo che potevamo già caricare le valigie. Ci dirigemmo al luogo prestabilito e, mentre attendevamo in fila, Newt non staccava gli occhi dal suo cellulare. Non sapevo cosa dire, ero consapevole che il mio gesto nel mezzo avrebbe potuto ferirlo, ma cosa potevo fare?

Sospirai, aggiustandomi poi gli occhiali sul naso e guardando dritto a me. Un paio di minuti dopo eravamo apposto e, non volendo perdere tempo, andammo verso il gate 4. Sembrava che molte persone avrebbero passato il capodanno a New York e, vedere così tante famiglie, mi scaldò un po' il cuore.

Eppure Newt continuava a smanettare con il suo cellulare e, la curiosità, non mancò di certo.
«Tutto bene? A chi stai scrivendo?» Chiesi, sporgendomi e cercando di leggere cosa ci fosse sullo schermo.
Velocemente Newt avvicinò l'apparecchio al suo petto, nascondendolo.
«A Sonia, mi ha chiesto a che punto fossimo.» Disse velocemente, nascondendo poi il cellulare nella tasca del suo giubbotto.

Annuii lentamente, fingendo di aver creduto alle sue parole, quando invece avevo subito riconosciuto il nome di Alby. Al solo pensiero delle parole di quell'uomo, percepii come sbagliata la presenza di Newt al mio fianco.
Forse non avrei dovuto dirgli nulla.

Non avrei dovuto coinvolgerlo nei miei problemi, quando magari lui ne aveva di peggiori che preferiva tenere per sé. Eppure continuavo a credere che quel viaggio avrebbe giovato alla nostra relazione, qualsiasi cosa fosse.

Peccato che non andò esattamente così.

* * *

Eravamo partiti da un paio d'ore, ma molte altre ci aspettavano prima del nostro arrivo. Io e Newt stavamo guardando un film d'azione insieme, mentre gran parte dell'equipaggio attorno a noi dormiva.
Qualche volta ridevamo leggermente per qualche battuta del film, altre volte avevamo gli occhi incollati allo schermo.

O almeno questo valeva per lui, perché io non facevo altro se non desiderare di prendergli la mano. L'avrei fatto, se solo il pensiero di quello che avevo fatto nel taxi non mi continuasse a pesare.
Sarei stato scorretto se lo avessi fatto, non volevo mostrarmi così incoerente ai suoi occhi, ecco perché cercavo di tenere il più possibile le distanze.

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