Capitolo 1

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Erano passati ben tre mesi da quando avevo lasciato tutti e tutto.

Ogni domenica chiamavo Chuck e Mary, i quali mi raccontavano come i nostri genitori si stessero disperando davanti alle telecamere per la mia scomparsa.

La scuola sarebbe iniziata tra poche settimane, eppure non avevo smesso di esercitarmi.
A New York, a farmi da insegnante fu un'anziana signora che abitava vicino al Campus.

Quella donna, sin da bambino, mi aveva insegnato a suonare il pianoforte e la chitarra.

Qualche volta, facevamo degli esercizi per il canto, ma spesso lei mi ripeteva che avevo un dono naturale. Rimaneva a bocca aperta ogni volta che cantavo, anche se io consideravo la mia voce troppo roca e troppo profonda.

Vivevo nel dormitorio, mi ero iscritto con il nome di Thomas Edison.
Dopo la mia audizione, tempo due giorni, che mi era arrivata la lettera di accettazione alla scuola.

Non era tra le più prestigiose, eppure il suo nome era conosciuto.

Avevano la loro divisa, i loro armadietti, persino le uniformi per la palestra.
Poteva sembrare una scuola per viziati, in realtà era l'esatto opposto: era un'Università che accettava qualunque tipo di persone, persino chi non riusciva a pagare la retta subito.

Ero finito in una stanza doppia, anche se la volevo singola.
Il mio compagno di stanza non lo avevo ancora conosciuto, ma dai documenti avevo capito che si chiamava Minho Hong Lee. Proveniva dalla Corea.

I libri di testo non erano molti, e mi ero già iscritto ai corsi che più mi interessavano. Non avevo conosciuto ancora nessuno e, pranzare da solo, era strano.

A scuola avevo lei, con i suoi occhi di ghiaccio e il sorriso solare, sapeva migliorarmi sempre la giornata.

Riusciva a farmi ridere con cose inutili, come ad esempio le patatine fritte come cani da vampiro, oppure le banane nelle orecchie.

Eravano due bambini, eppure il nostro rapporto era indissolubile.

Ero seduto, stavo mangiando un panino, mentre nell'altro mano tenevo una matita. Davanti a me c'erano degli spartiti e, anche se vuoti, il titolo era già scritto a caratteri cubitali: Prison.

A farmi sobbalzare, fu un vassoio che si posò al mio fianco. Alzai lo sguardo, trovandomi davanti una ragazza dalla cosa castana e il fisico molto atletico. Con lei, un ragazzo alto e grosso, dai capelli quasi rasati e biondi.

Non avevo aperto bocca, li guardavo solo confusi. A prendere parola, fu la ragazza che sorridendo, mi puntò la sua forchetta contro.

«Tu. Sei nuovo vero? » Chiese, assottigliando un po' gli occhi.
«Emh.. Sì, si vede così tanto? » Domandai imbarazzato, mentre il ragazzo fece un risolino sfacciato.

«Qui le notizie corrono velocissime. Appena hai messo piede qui dentro, già tutta la scuola sapeva che c'era uno studente nuovo. Persino quelli che devono ancora rientrare dalle vacanze. » Spiegò, mentre con un coltello sbucciava una mela rossa.

«Taci Gally, non lo spaventare!- Disse lei, tirando un pezzo di pane sul naso di lui. -Quello che l'asino qui presente vuole dire, è che un nuovo studente è raro e di certo non passa inosservato. Io, comunque sono Brenda. Il biondo qui è Gally. »

Il ragazzo piegò leggermente il capo in segno di saluto, mentre tagliava un altro pezzo della bistecca che si era preso.

Sorrisi, per poi presentarmi.
«Il mio nome è Thomas Edison. » Mi presentai, vedendo poi un ghigno attraversare ancora una volta il viso del ragazzo.

Per quanto continuasse a fare lo stronzo, cominciava già a piacermi.

«Thomas Edison? Davvero? Come lo scienziato? » Chiese lui beffardo, stravaccandosi sulla sedia in plastica blu.
Ricambiai il sorriso, utilizzando un po' di un sarcasmo.

«Esatto! Sono venuto qui con la mia macchina del tempo per parlare con te Gally, perché il tuo futuro è in pericolo! » Li dissi con fare maestoso, quasi come fossi un dio sceso in terra.

Mi ero alzato in piedi ma, dopo aver finito il mio meraviglioso monologo, quando mi piegai così da potermi sedere, Gally tirò un calcio alla sedia, così che finisse un po' più lontano.
Caddi con il sedere per terra.

Brenda e il ragazzo scoppiarono a ridere, quasi fossero due matti, ecco perché le poche persone che erano con noi nella mensa, ci guardavano confusi.

Mi massaggiai il fondo della schiena mentre cercano di trattenermi dal non ridere. Ammetto che il biondo aveva avuto un ottimo tempismo.

Gally, che rideva ancora, si alzò dalla sedia andando poi verso di me; mi porse una mano.

Sorridendo, la afferrai, e con un unico movimento, mi tirò su in piedi.

«Mi stai simpatico! Saremo ottimi amici Pive! » Disse lui, mentre ci risedevamo ai nostri posti.

Il resto della giornata lo passai con loro: mi fecero visitare l'intero campus, tutte le classi e tutti i ristoranti più buoni.

Mi parlarono della gerarchia di quella scuola, di come le ragazze del club di ginnastica artistica fossero le comandanti di quel posto e, al loro fianco, i ragazzi della squadra di nuoto e di basket.

A capo di tutto, c'erano un ragazzo e una ragazza.
Lei era la classica e perfetta ragazza, capelli biondi e lisci, con un fisico slanciato e gli occhi chiari.
Gally me l'aveva descritta come una ragazza che si farebbe volentieri.
Brenda l'aveva definita, cito le sue parole, una Troia patentata.

Una ragazza che si faceva tutti, e secondo alcuni voci, era arrivata ad avere un rapporto con un vecchio professore di ginnastica.

Lui invece, era ben diverso dal classico ragazzo, re della scuola.
Era meno sociale, eppure il fatto che fosse il capitano della squadra di nuoto, lo aiutava socialmente.
Andava molto bene a scuola

La scuola che avrei frequentato, era un insieme di indirizzi diversi: dall'ingegneria alla medicina. Dalla psicologia all'artistico.
Non aveva una vera e propria identità. Era un'insieme di scuole.

Avrei frequentato i corsi musicale e, allo stesso tempo, lingue. Mi aveva sempre interessato imparare lingue diverse dall'Inglese allo Spagnolo, che sapevo da quando ero piccolo.

La sera stessa, il mio compagno di stanza non era ancora arrivato e, dopo molto tempo, feci di nuovo quell'incubo.

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