Capitolo 39

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Newt

«Cazzo che male...- Dissi alzandomi dal letto, mentre tenevo una mano sul fondo della schiena, sul punto che mi faceva più male. Era la mattina dopo, mi ero svegliato da non molto e, mentre Tommy dormiva ancora, io stavo cercando di recarmi al bagno senza troppe sofferenze. Inutile. E soprattutto, non riuscivo a non imprecare. -Bloody Hell, ma per quale cazzo di motivo mi brucia il culo..?» Mi chiesi, arrivando fino allo stipite della porta del bagno.

Appoggiandomi alla parete, riuscii ad arrivare alla vasca e aprii l'acqua bollente. Dovetti sedermi sullo sgabello lì affianco, perché il bordo della vasca era troppo freddo e soprattutto duro. Avevo bisogno di rilassare i muscoli.
Quando ci fu abbastanza acqua, mi immersi in essa lentamente e, in seguito, appoggiai il mio capo contro la parete.
Il vapore riempiva la camera e, nell'acqua calda, ricordi che non avrei voluto rivivere di ripresentarono nella mia testa.

Alby se ne era andato da pochi minuti, lasciandomi dolorante sul pavimento del bagno. Del sangue mi usciva da in mezzo le gambe, le quali non erano in grado di reggermi visto il loro tremore.
Singhiozzavo disperatamente, mentre ero coricato in una posizione fetale su esse.
Eppure dovevo farlo, o chi avrebbe pagato le cure a Sonia? Avrei fatto qualunque cosa per lei, qualsiasi tipo di sacrificio.
Mi alzai lentamente e, appoggiandomi ad ogni appiglio che potessi trovare, mi guardai allo specchio. Avevo i capelli lunghi fino alle spalle, ero così magro che le mie ossa erano in rilievo e il mio viso era visibilmente scavato. Sbuffai vedendo il mio riflesso, quasi come se odiassi con tutto il mio cuore quel fantasma che vedevo riflesso.
Lentamente, aprii l'acqua della vasca e, quando mi immersi in essa, feci in modo che anche il mio viso fosse sotto l'acqua.
Volevo così tanto abbandonare tutto e tutti, non riuscivo più a respirare quell'aria di cui non ero degno. Mi ero ripromesso che avrei fatto di tutto pur di vedere la mia sorellina di nuovo in sé, ma stava diventando sempre più difficile. Infondo, Alby spendeva il suo denaro per entrambi, la scuola, le cure e ogni vizio, ma come potevo continuare a ripagare con il mio corpo? Mi stava logorando sempre di più, rovinava quel poco che era rimasto di me dopo la loro morte.
Quando riemersi, le lacrime si confondevano con l'acqua della vasca e, in seguito, mi abbandonai a una sorta di pianto liberatorio. I singhiozzi erano incontrollabili e le mie unghie stavano infilzando con sempre più forza i miei avambracci.
Se solo avessi potuto sprofondare in quel sonno eterno che era la morte.
La mia mente si annebbiò completamente e, con lentezza, mi abbandonai al calore.

«Newt tutto bene? Sei lì dentro da un po'...- Disse Thomas, risvegliandomi dai brutti ricordi. Mi misi seduto e, non appena una fitta lancinante attraversò il mio bacino, emisi un leggero mugugno. Probabilmente il moro mi sentì, perché aprì la porta di scatto e quasi corse verso il bordo della vasca. Indossava un paio di boxer puliti ma i segni della notte scorsa sulla sua schiena erano molto visibili. -Cos'hai? Male? Dove? Fammi vedere! Lo sapevo che dovevamo aspettare... Non mi ero informato abbastanza e...»
«Tommy!- Con i suoi occhi da cerbiatto, si zittì e mi osservò. -Sto bene, solo un po' di mal di schiena. Ma tranquillo, mi passerà...- Gli spiegai, accarezzando la sua guancia sinistra con delicatezza.

-Che ne dici se entri a farmi compagnia? Inizio ad avere freddo.» Gli dissi, spostandomi leggemente così da lasciargli libero lo spazio alle mie spalle. Lui mi osservò per qualche secondo, prima di annuire e togliersi l'unico indumento che aveva indosso.
In seguito si sedette alle mie spalle e, con gentilezza, fece combaciare la mia schiena con il suo petto.
Avvolse la mia vita con le sue braccia e, in seguito, posò il suo mento sulla mia spalla.

Con delicatezza, mi prese la mano, accarezzandone il palmo, intrecciando poi le mie dita con le sue.
«Quanto vorrei rimanere qui, con te, per sempre...» Sussurrò roco, con una nota d'amarezza nella sua voce. Abbassai lo sguardo, guardando le nostre mani e, in seguito, sospirai.
Come lui, desideravo la stessa cosa, ma non potevamo realizzarlo, in quanto un crudele e spietato mondo ci aspettava fuori da quella porta.

* * *

Brenda

Era tardo pomeriggio, quando Mihno mi chiamò improvvisamente.
Stavo guardando un film nella camera di Sonia, in attesa che tornasse dal cimitero. Era solita andare a visitare i suoi genitori una volta al mese, continuava questa sorta di tradizione da quando l'avevano lasciata.

Il coreano mi raccontò di aver incontrato il professore Albert, il quale si era mostrato scontroso e soprattutto inquietante agli occhi suoi e di Gally. A quanto pare stava cercando Thomas, ma il motivo non era stato comunicato. Senza perdere tempo, chiusi la chiamata e cercai il contatto di Thomas.
Dovette attendere per un po', finché sentii una voce maschile rispondere.
«Brenda, hey. Tutto bene?»

Era Newt.
«Ciao, senti per caso c'è Thomas lì con te? Dovrei parlargli.» Dissi, mentre osservavo le pareti tappezzate da diversi poster.
«È uscito un attimo. Devo dirgli qualcosa?» Notai la preoccupazione nella sua voce e, questo, mi fece preoccupare meno.
«Credo non sia nulla di importante, ma comunque il professor Albert l'ha cercato. Mihno e Gally mi hanno detto che gli è sembrato abbastanza incazzato... Sai se è successo qualcosa?»
Non ricevetti risposta.
Potevo sentire solamente un silenzio tombale dall'altro capo. Controllai che fossi ancora in chiamata e, non appena sentii la voce del ragazzo, prestai attenzione al suo tono.
Era forse... Timore quello che sentivo?
«Alby... Albert? Davvero? Che ha detto?!» Dusse alzando la voce
«Non ne so niente, so solo che lo stava cercando. E sembrava di fretta.»
Ci fu di nuovo un momento riempito dal silenzio e, per un attimo, mi parve di sentire il respiro di Newt più accelerato del normale.
«Cazzo...- Sussurrò. -Cosa vuole ancora, ho fatto il possibile... Perché deve mettere in mezzo anche lui...» Doveva aver allontanato il cellulare, perché faticavo a comprenderlo bene. Ma le sue parole erano chiare.
«Stai bene, Newt?» Chiesi preoccupata.
«Certo, perché non dovrei... Solo puoi farmi un favore, in caso lo incontrassi, puoi dirgli di chiamarmi?»
«O... Okay, ma come mai?»
«Così, nulla di importante... Devo solo chiedergli delle cose per un esame che dovrò sostenere a fine anno.»

Perché una vocina nella mia testa mi diceva di non credergli?

In seguito parlammo del più e del meno per una decina di minuti e, in seguito, chiudemmo la chiamata.
Non potevo togliermi dalla testa quella strana sensazione. Come se dovessi aver capito qualcosa che era a un passo da me, ma che continuava a sfuggirmi.
Possibile che quel professore stesse nascondendo qualcosa?

* * *

Era sera e, dopo aver detto a Sonia che sarei uscita per una commissione, mi diressi verso l'edificio principale del campus.
Per fortuna, le porte d'uscita non venivano mai chiuse e, accedervi, fu facilissimo. Superai l'hall e mi diressi verso il terzo piano, dove c'erano le aule dei professori.
Su ogni porta era presente una targhetta con incisi il nome e cognome dell'insegnante. Alla fine del corridoio, era presente l'ufficio del preside, dal quale proveniva una luce fievole da sotto la porta.

Corsi a passo svelto ma silenzioso lungo il corridoio, finché non arrivai davanti alla mia meta. L'aula del professore Albert Einstein.
Controllai da sotto la porta che nessuno ci fosse dentro e, in seguito, girai il pomello per aprila.
Era chiusa.
Imprecai a bassa voce e, guardandomi attorno, pensai a una possibile soluzione.

Dovevo venire a capo di tutta quella situazione e, per farlo, mi serviva quella fottuta chiave. Mi inginocchiai e, appoggiando la fonte contro il mio pugno, pensai al da farsi.
Non ero una spia, così come nemmeno una scalatrice. Ciò significa che non potevo entrare dalla finestra.
Se avessi scassinato la serratura, avrei aumentato i sospetti.
Poi un lampo di genio attraverso la mia testa: tutti i bidelli avevano un pass partout che apriva ogni serratura della scuola.

Tornai sui miei passi e, non appena notai il bidello anziano nella mensa, intento a pulire i tavoli, gli corsi incontro.
Ora dovevo solo inventarmi una scusa plausibile, abbastanza credibile da potermi coprire.

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