Epilogo

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«Vedi? Alla fine ci aveva visto giusto tua madre» dico, mentre cammino per le corsie del supermercato alla ricerca di qualcosa da mangiare; il mio intento di oggi è combinare i miei due cibi preferiti, le Pringles e la pizza, due alimenti ai quali non ho ancora avuto il coraggio di avvicinarmi.

A distanza di quasi undici mesi dall'inizio del mio ricovero sono molti i cibi che ho reinserito nella mia lista bianca: riesco a mangiare un quadretto di cioccolato fondente, il pane bianco, i corn flakes glassati, i frollini. Non ho più paura della verdura, ovviamente, anche se evito ancora di condirla. Non riesco ad ingurgitare più spesso come prima i panini dei diversi Fast Food, ma qualche volta ci vado; spesso riesco persino a godermi il pasto.

La strada è ancora lunga: vengo assalita dal panico ogni volta che provo a mangiare qualcosa di fritto, sono terrorizzata dalle creme spalmabili perché conosco le quantità spropositate di olio che contengono, non riesco a smettere di tremare quando la mamma cucina la pasta, evito il più possibile lo zucchero. Spesso ho problemi a mangiare in pubblico, spesso mi sento a disagio a masticare davanti a persone che non fanno parte della mia famiglia, spesso devo fare un calcolo approssimativo delle calorie che ogni persona al tavolo con me sta assumendo; e mi sento tranquilla solo se sono certa di essere quella che ne sta ingerendo di meno.

Però ora mangio. Ho recuperato diversi chili, ma i medici della clinica desiderano che ne prenda altri; secondo loro dovrei arrivare a pesarne almeno 55 per essere considerata normopeso.

Purtroppo, io non riesco ancora ad accettarlo. Eppure sono certa che loro siano persone qualificate, esperte; so che, conoscendomi, se non fosse necessario raggiungere quel numero, non mi costringerebbero ad aumentare di peso. E così, alla fine, so di doverli accontentare; so che se non lo facessi tornerei ad essere la Méabh dello scorso settembre, e non posso permetterlo.

«Cosa?» Beatrice, con i suoi capelli neri quasi del tutto ricresciuti, distoglie per un secondo l'attenzione dallo scaffale di patatine San Carlo che sta esaminando.

«Ci aveva visto giusto tua mamma» ripeto. «Di fatto, hai curato qualcuno.»

«Che stai dicendo, Méabh?»

«Hai aiutato me.»

«Per favore» dice, alzando gli occhi al cielo e spostandosi verso le patatine al gusto barbecue. Esamina tutte le confezioni – non ho idea del motivo – poi passa a quelle al sale e aceto.

Mi avvicino a lei. «Sto parlando sul serio, Bea» ribatto. «Pensaci: se non fossi uscita dall'ospedale quella mattina di settembre, se non ti fossi seduta vicino a me, se non mi avessi dato la sciarpa, se non mi avessi cercata per tre giorni» elenco, «pensi davvero che, in questo momento, mi ritroverei comunque qui?»

«Forse non in questo esatto momento» replica; «ma prima o poi, sicuramente.»

«Beatrice, se non ti avessi incontrata sarei stata completamente da sola fino all'arrivo di Vittoria; e sai benissimo in che modo ci siamo aiutate, io e lei» le ricordo. «Forse avrei deciso comunque di ricominciare a mangiare, ma adesso non sarei di certo libera di girare la città, o di trascorrere ogni sera con la mia famiglia. È stato merito tuo, se sono riuscita a passare a casa l'intera estate.»

Le sue guance arrossiscono leggermente. «Stai esagerando.»

«No. Credimi, ci ho riflettuto a lungo.»

«Forse avresti dovuto continuare a rifletterci un altro po'.»

«Non vuoi proprio credere a quello che ti ho detto, eh?»

«Mi dispiace, Méabh. Semplicemente non penso che sia vero» ribatte. «Ma ti ringrazio davvero per aver provato a farmi stare meglio.»

«Devi ammetterlo, Beatrice, ho ragione.» Scorgo le Pringles al gusto pizza e mi dirigo verso lo scaffale su cui sono riposte. «L'episodio della bilancia, tutti i tuoi discorsi... Soprattutto quello» insisto, riferendomi alla prima volta che è venuta a visitarmi dopo la morte di sua madre. «Tutto ha portato a questo» concludo, indicandomi con una mano. «Non sto dicendo che tu mi abbia guarita; sto dicendo che hai contribuito – e accelerato – il processo. Sono certa che qualcosa sia scattato nella mia testa grazie ad ogni tua azione, che tu la reputi buona o meno.»

SPRING - Storia di una ragazza che deve reimparare a vivereWhere stories live. Discover now