Capitolo XIV

130 21 343
                                    

Una sculacciata dopo l'altra, la ragazza emetteva versi gutturali di godimento misto a dolore, mentre veniva penetrata con violenza nel deretano. La compagna di 'giochi', invece, si era posizionata supina sotto di lei e gemeva nel provocarsi piacere con le falangi.

Daniel Kohler strattonò la bionda per i capelli e affondò in lei poche altre volte, prima di riversare il proprio seme sulle pelli nude e sudate di entrambe le giovani, grugnendo, per poi infilare il sesso ancora eretto nella bocca della moretta sdraiata sul letto, violandola senza alcuno scrupolo, fino a quasi soffocarla.

Le due, sconvolte e sfinite, si ripulirono alla meglio e crollarono addormentate sul giaciglio sfatto e lercio di una stanza dell'altrettanto squallido albergo che il demone aveva preso per la notte. Lui, invece, paonazzo e ancora ansante per l'intenso orgasmo, controllò lo smartphone, trovandovi tredici chiamate perse da parte di Janir. Non sbuffò, né imprecò, perché l'angelo aveva ragione a essere in apprensione e probabilmente anche furibondo: era quasi mattina, l'alba di un nuovo giorno, del giorno che avrebbe dato inizio a una nuova fase del piano.

Infatti era stato proprio per l'ansia che lo stava attanagliando che Daniel aveva deciso di concedersi una piccola distrazione. La notte precedente era stato in uno streep club e, grazie al fascino demoniaco che lo contraddistingueva e al fisico possente che lo faceva apparire più adulto di quanto in realtà fosse, non era stato necessario alcuno sforzo per riuscire ad adescare un paio di ballerine, che a turno finito gli avevano proposto un threesome. Gratis.

Le due avevano sniffato talmente tanta coca da non riuscire più a essere coscienti di ciò che stesse accadendo e di ciò che il diciannovenne stesse facendo loro. Era stato crudele e irrispettoso, come la peggior specie animale esistente. Le aveva picchiate e seviziate, violandole ripetutamente in ogni orifizio. Ora che finalmente riposavano, si poteva notare lo spesso trucco ormai sciolto e cosparso ovunque, meno che nel posto giusto, i capelli ridotti a ciocche madide di un mix di liquidi biologici, le membra sfatte e piene di graffi e lividi gonfi e rossastri.

Senza il benché minimo senso di colpa, Daniel si diresse nel fatiscente bagno per farsi una doccia, accorciare la barba e indossare un cambio pulito, esageratamente formale rispetto allo stile casual che prediligeva di solito. Applicò abbondante gel sui capelli - che nelle ultime settimane erano cresciuti molto -, tirandoli indietro, spruzzò del profumo dalla fragranza fruttata e inforcò un paio di occhiali squadrati e dalla montatura in celluloide color castagna, le cui lenti erano fasulle.

Lasciò le ragazze bearsi di un meritato sonno ristoratore senza neppure degnarle di uno sguardo, come se fossero oggetti privi di valore. Perchè quello, per lui, rappresentavano gli esseri umani, uomo o donna che fossero: il nulla.

Guidò fino alla periferia di Merano, piccolo paese poco distante da Sitone, dove condivideva una piccola baita nei boschi insieme a Janir. Quest'ultimo uscì dalla porta e si avvicinò lesto all'auto. Anch'egli indossava un completo elegante e un paio di occhiali finti dalla montatura rotonda, in modo da apparire entrambi seri e professionali. Solo che, mentre l'espressione del Maledictus si presentava imperscrutabile, quella dell'Immunda lasciava trasparire rabbia e disdegno.

«Buongiorno, Gioele!» lo accolse il biondo, prendendosi chiaramente beffe di lui.

«Buongiorno un cazzo!» sbraitò l'altro. Daniel lo guardò con un sopracciglio inarcato. «Dove sei stato? Ho provato a chiamarti un milione di volte!»

«Tredici, a dire il vero.»

Janir emise un ringhio nasale. «Sai che giorno è oggi?»

«Certo che lo so, altrimenti perché cavolo credi che starei indossando questo completo del cazzo? Ho solo dormito altrove, e il fatto che io non abbia risposto alle telefonate significa solo una cosa: non volevo rotture.»

Immunda et Maledictus - Gli EléctaWhere stories live. Discover now