Capitolo I

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Polonia, 3 anni prima

Specchiata negli occhi vitrei dell'alce e al di là delle nuvolette di condensa che fuoriuscivano dalla propria bocca ella vide riflessa l'immagine di ciò che era realmente: un mostro. Il sangue dell'animale che le gocciolava dagli artigli sporcò di vermiglio la spessa, soffice e candida coltre di neve attorno ai suoi piedi. I cunei si ritrassero e si ripulì le mani nella ghiacciaia naturale.

Si specchiò ancora: Khémille se n'era andata, cedendo il posto a Kamila. Nell'innocenza dei suoi sedici anni – sempre se una demone poteva definirsi innocente – le piaceva illudersi di avere una doppia personalità, consapevole di non avere un alter ego malvagio, né uno buono. Nessuna delle due immaginarie personalità poteva prevaricare sull'altra, perché in fondo era sempre lei.
Kamila e Khémille erano un'unica entità: una la faccia, l'altra la mente.

Un irruente brivido di freddo la fece sobbalzare e si strinse maggiormente nel giubbotto pesante e consunto che usava per la caccia. Da che lei avesse memoria, quello era l'inverno più rigido di sempre. La carne scarseggiava, gli animali erano quasi tutti nascosti nelle tane, fatta eccezione per cervi e alci in amore.

Il silenzio di tomba che aleggiava lì attorno poteva definirsi inquietante. Inspirò a pieni polmoni l'aria gelida del crepuscolo e si beò di quel profumo che sapeva così tanto di casa: un mix tra pece, terra umida e foglie marcescenti.

Qualcos'altro, però, catturò il suo olfatto particolarmente sviluppato. Sembrava trattarsi di quell'odore sgradevole che Magda le rinfacciava di emettere quando faceva uso delle doti demoniache: uova avariate.

I sensi di Kami lo percepirono come un richiamo. Soggiogata da esso, caricò il ‘piccolo’ alce sulle spalle e prese a seguire la scia. Essa la condusse nientemeno che a casa. La porta spalancata, l'impronta dello zolfo sempre più forte. Orme di scarponi, troppo ampie per appartenere a lei o a Magda, proseguivano per qualche metro a destra, per poi scomparire, come se in quel preciso punto l'individuo si fosse volatilizzato.

Un cattivo presentimento le si insinuò sotto la pelle diafana ed esso cominciò a strisciare, espandendosi in fastidiosi formicolii lungo tutta la superficie di quel corpo inumano intirizzito dal freddo.

Mollò la presa alle zampe della carcassa dell'animale, che affondò nella neve. A piccoli e lenti passi valicò l'ingresso della baita. Il solfuro predominava perfino sul fetore di muffa e legno marcio di cui quella dimora era pregna da che lei avesse memoria.

Il fuoco all'interno del camino era vivo e crepitava allegramente per via del legname immaturo, illuminando quasi a giorno le modeste dimensioni dell'ambiente. Ma, a incorniciare quello scenario in apparenza fiabesco, Kami notò qualcosa di sinistro: un fluido, che lacrimava copioso dalla mensola sopra il camino e si tuffava nel vuoto, deturpando l'immagine delle fiamme danzanti e schiantandosi sul pavimento rovinato dall'usura.

«Magda...» provò a chiamare. Quella che ne venne fuori, però, altro non fu che un'esalazione strangolata da uno stato d'animo che non aveva mai provato prima di quel tardo pomeriggio: paura.

Avanzò verso il camino, percorrendo la mensola con sguardo critico, fino a quando, ormai a due passi di distanza, riuscì a focalizzare qualcosa di diverso, che fino a prima di uscire a caccia quel giorno non c'era mai stato, proprio accanto al portafoto che incorniciava uno dei rari momenti di Kamila con il sorriso, in compagnia della sua allevatrice.

Un cuore.

Immoto, quel muscolo cardiaco era stato posizionato lì come un trofeo da sfoggiare.

Kamila smise di respirare, le membra sussultavano in maniera sconnessa. Qualcosa di caldo le solleticò l'interno delle cosce come una disgustosa carezza: se l'era fatta addosso.
Lei, demone conclamata, era terrorizzata. Nonostante tutto, riuscì a chinare il capo e seguire la direzione del sangue, la cui scia scarlatta aveva tagliato la stanza in due.

Immunda et Maledictus - Gli EléctaWhere stories live. Discover now