Capitolo XX

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⚠️Attenzione! Capitolo

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⚠️Attenzione! Capitolo... particolare

Con il capo coperto dal cappuccio della felpa nera che indossava, Kamila passeggiava tra la fiumana di gente intenta a godersi le calde serate di agosto in giro per i locali. Non le ci volle molto prima di rendersi conto che, data l'afa di quella notte, così conciata non era indiscreta come credeva, quindi si privò della felpa e la legò attorno alla vita. Una volta rimesso il grosso zaino in spalla - che quella volta non aveva potuto abbandonare alla postazione notturna per via della gente accampata in spiaggia - riprese a zigzagare fra le persone.

Camminò per oltre un'ora prima di raggiungere un piccolo parco giochi - o meglio, ciò che ne restava a causa degli atti di vandalismo - decisamente fuori mano. Il frinito delle cicale era l'unico suono che spezzava il silenzio di quel quartiere abbandonato da Dio, assieme alla musica italiana anni '60 proveniente dall'interno del bar situato dall'altro lato del parco. L'intonaco sulla facciata principale era scrostato e pieno di murales con simboli nazisti, e gli sbalzi di tensione dell'insegna 'BAR ITALIA' più diverse lampadine fulminate facevano apparire il locale sciatto e trascurato.

Era proprio quello che Kamila cercava: perfetto per adescare, rapinare e torturare qualche vecchietto ubriacone incapace di apprezzare la famiglia, la normalità... la vita.

L'interno non era poi così dissimile dall'esterno: l'ambiente era angusto e l'aria intrisa di legno marcio e fumo di sigarette; le mura, chiazzate di muffa giallognola in più punti, erano tappezzate di vecchie foto mezze sgangherate di Totò e formazioni calcistiche del Napoli, e la passione del proprietario del bar per quello sport traspariva anche da alcuni palloni autografati posizionati su delle mensole in legno; i pochi tavolini, attorniati da vecchie sedie in ferro nero lucido con seduta in plastica, erano vacanti, poiché la scarna clientela era distribuita fra l'esterno e le slot machine seminascoste da un separé.

Kamila si trascinò fino a uno sgabello davanti al lungo bancone in legno rovinato dall'usura, e lanciò un'occhiata al barista, un ultrasessantenne con i capelli brizzolati pettinati all'indietro e un papillon bordeaux a dare un ulteriore tocco di classe alla già formale divisa composta da pantalone nero e camicia a mezza manica bianca. Quell'uomo tirato a lucido, impegnato ad asciugare con un canovaccio alcuni bicchieri, decisamente stonava con la fatiscenza di quel luogo.

La demone picchiettò con i polpastrelli sulle proprie braccia e fece una smorfia; la pelle era appiccosa a causa del caldo e un solo ventilatore a soffitto non era sufficiente a smuovere l'aria greve che si respirava lì dentro.

Mi sembra di essere entrata nella bocca dell'inferno, pensò Kami, allungando lo sguardo indagatore oltre la propria spalla per controllare i tizi incollati alle slot. Non si riusciva a scorgere molto, a parte due paia di gambe là dove terminava il separé.

Il barista sospese ogni mansione per avvicinarsi alla cliente, dissuadendola. «Buonasera, signorina. Perché non si accomoda all'esterno? Le conviene, stasera tira un piacevole maestrale.»

Immunda et Maledictus - Gli EléctaWhere stories live. Discover now