Capitolo XXVIII

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⚠️🔞 Attenzione

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⚠️🔞 Attenzione. Questo capitolo contiene scene di sesso esplicito e violento. Si raccomanda la lettura a un pubblico consapevole.

Daniel si ridestò prima di Kamila. Durante le poche ore notturne rimaste, entrambi avevano avuto i soliti incubi, anche se proiezioni sporadiche e innocue. Le loro membra avevano sussultato, i loro respiri si erano a tratti inceppati, ma non avevano mai sobbalzato e urlato come spesso accadeva.

Per Kamila, poi... dopo due mesi trascorsi a dormire come una bambina – forse per la presenza di Alex, sempre nei dintorni – ricadere nell'oblio degli incubi era stato paragonabile a una martellata nel cranio.
E poi c'era Alex stesso, la personificazione di un incubo che la tormentava di notte e di giorno, a occhi aperti e chiusi, qualsiasi cosa facesse. Dal nulla, l'immagine di lui si proiettava nella sua testa, il suono della sua voce e del battito del suo cuore le martellavano i timpani, il suo odore di frangipane e fiori di pesco strisciava nelle narici e le riempiva i polmoni. Quelle proiezioni e sensazioni le ricordavano che Alex esisteva e che lei non poteva stargli lontano.

Quando il demone biondo scollò adagio le palpebre, venne accecato dalla luce bianca che penetrava dalle imposte dimenticate socchiuse. Inspirò e sentì l'odore di Khémille. Sorrise.

Era rimasta. Troppo stanca per filarsela? Troppo soddisfatta dalla performance per buttare via il dopo? Avrebbe avuto mille buoni motivi per andarsene, che traslavano dal suo carattere anaffettivo e indisponente al fatto che, in preda all'eccitazione e all'euforia, si era lasciata schiavizzare da un angelo. Però era rimasta. E Daniel decise che in fondo non era così importante conoscerne il motivo.

Mugolò, sollevò appena la testa dal cuscino e ammirò la figura della Maledictus baciata dal timido sole mattutino ancora offuscato dalla bruma che lentamente si diradava. Si scostò e, dove fino a un attimo prima giaceva il proprio braccio, la pelle di lei si costellò di piccoli brividi e i capezzoli si inturgidirono. Avevano dormito nudi e scoperti, e le nottate ai piedi delle Alpi Venoste erano fresche nonostante la stagione. Il tepore dei loro corpi uniti aveva funto da piacevole soporifero per entrambi.

Carezzata dalla luce pura del mattino, la pelle di Kamila, abbronzata e pallida a seconda dei punti, parve brillare.

La mia demone. La mia bellissima demone.

Avrebbe voluto leccare ogni centimetro di pelle che stava percorrendo con lo sguardo, ma gli dispiaceva troppo svegliarla. Una parte di sé temeva che, una volta resasi conto di essere rimasta a dormire da lui, lo avrebbe pestato a sangue – se non addirittura ucciso – e sarebbe fuggita via per sempre. Desiderava che quel momento non finisse mai, desiderava tenerla così vicina per sempre. Ma non poteva. Doveva lasciarla andare, lasciarla libera da vincoli.

I suoi pensieri inusualmente smielati vennero interrotti dalla vista di qualcosa che la notte precedente, complice la scarsa illuminazione, non aveva avuto modo di notare. Appena al di sotto dello sterno e del punto in cui coda e testa del cobra si sfioravano, un livido circolare e giallo-verdognolo spiccava sulla pelle lattea, e il nucleo, rosa e sottile come carta velina... era una cicatrice. La stilettata quasi mortale di Xander.

Immunda et Maledictus - Gli EléctaWhere stories live. Discover now