Capitolo 8 - I danni

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Chiedo scusa se il capitolo è più corto del solito, ma volevo godermi per bene questo momento.

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I don't care, go on and tear me apart
I don't care if you do
'Cause in a sky, 'cause in a sky full of stars
I think I saw you.

🎶 Coldplay - A sky full of stars

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La mattina successiva è ora della conta dei danni, come si fa dopo una scossa di terremoto.

Con l'aiuto di due specchi controllo la mia nuca, e lì trovo dei segni viola tendenti al nero. Ho un piccolo taglio tra la fronte e la tempia destra. E così tanti muscoli indolenziti che non riesco nemmeno a contarli.

La medicazione richiede un po' di tempo, ma alla fine sono soddisfatta. Indosso un maglioncino dolcevita per potermi aiutare a mantenere incerottato il collo, e butto giù un antidolorifico.

Ho appena lasciato partire la riproduzione casuale di Netflix, quando suona il mio citofono. Per un lungo secondo sono atterrita che Luc sia tornato, ma non avrebbe senso: se n'è andato da troppo poco tempo, e in ogni caso lui non usa mai il campanello. Con ogni probabilità è di nuovo il postino "Sì?"

"Sono Charles."

Mio dio, cosa ci fa qui? Proprio ora che sono un disastro. "Terzo piano."

Approfitto del tempo che ci mette a raggiungere il mio ingresso quantomeno per pettinarmi e raccogliere al volo la biancheria che avrei dovuto lavare oggi. Giro il chiavistello quando sento un leggero bussare.

Ed eccolo lì, perfetto nella sua giacca doppiopetto e gli occhiali da sole, una scatola da pasticceria in equilibrio su una mano. "Ho pensato di farti una sorpresa con la colaz..." Evidentemente la voce gli muore in gola quando vede i miei segni di battaglia. "Posso entrare?"

Come se avessi la possibilità di farlo desistere. Prendo la scatola verde chiaro dalle sue mani, e lo faccio accomodare.

Non si guarda attorno, resta focalizzato su di me, e sul cerotto della mia fronte. Io cerco di non arrendermi, mi volto per appoggiare la confezione di cartone in cucina.

"Fammi vedere, ti prego."

Io ruoto su me stessa, mentre lui cerca di tenermi ferma la testa per staccare delicatamente il cerotto. Peccato che lo faccia appoggiando una mano sulla mia nuca martoriata, e non posso impedire ad un lamento sofferente di sfuggirmi di bocca.

Charles dapprima ritrae la mano, poi mi fa voltare ancora una volta e scosta delicatamente il collo del mio maglione. Non lo vedo ma posso facilmente immaginare la sua reazione. Vede anche l'entità del taglio sul viso e serra a lungo la mascella.

Nessuno ha mai saputo nulla di questa storia. Nessuno.

Non ho amici, ma solo conoscenti. In ogni caso rapporti personali che non sono abbastanza profondi per potermi confidare. Sono da sola ad affrontare tutto questo, a farmi schiacciare come un insetto qualsiasi da un mondo che mi odia, e da un mostro chiamato Luc.

Ormai non so più dare una definizione al rapporto tra me e Charles, perchè ogni parola sembra inadatta e orribilmente riduttiva.

E siccome le parole sono superflue, lui fa la cosa più semplice e logica del mondo. Mi abbraccia.

Dapprima delicatamente, come se fossi fatta di un materiale fragilissimo. Cosa che in effetti forse sono.

Perchè quel calore che avevo avvertito dalle sue mani, che mi aveva fatto capitolare al pianoforte, ora è moltiplicato per un milione di volte, e abbatte ogni sistema di autodifesa che avevo costruito negli anni.

Ricambio la sua stretta, prima cercando di nascondermi, poi aggrappandomi a lui come se fosse un appiglio nella tempesta.

Non mi metto a piangere, sono troppi anni che non lo faccio. Onestamente dubito di essere ancora in grado di farlo.

Però sapere di poter contare su qualcuno, anche se conosco Charles da pochissimo tempo, è una sensazione magnifica.

Lezioni di Piano // Charles LeclercWhere stories live. Discover now