Capitolo 28 - A god-awful small affair

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Nel mese di agosto Charles si guadagna meritatamente 2 settimane di vacanza. 

So quanto voglia viaggiare per svagarsi, ma io non me la sento: sono ormai al settimo mese di gravidanza, per me prendere l'aereo è fuori questione. 

Passo giorni a cercare di convincerlo a partire con gli amici, ma è tutto inutile "Voglio stare con te, anche a costo di rimandare le vacanze."

Alla fine raggiungiamo un compromesso: saremmo partiti con la sua barca per un giro delle coste francesi. Così ci saremmo riposati, ma in caso di bisogno non saremmo stati troppo lontani da casa. 

-

Questi giorni volano in un lampo. Il mare calmo, il tempo non troppo afoso e un vento leggero ci hanno accompagnato costantemente. Per non parlare delle coccole e del supporto che Charles non mi ha mai fatto mancare. 

Rientriamo qualche giorno prima della partenza per il Belgio, perchè Charles deve tornare a lavorare al simulatore. 

Io ormai a lavoro vado solo un paio di sere a settimana: Pierre ha deciso di sostituirmi con altri due pianisti presentati anch'essi da Guillaume, quindi ora mi 'usa' soltanto per dare loro una serata di riposo. Mi manca lavorare, ma so di non potermi più permettere gli orari che facevo prima. 

La sera prima della partenza per Spa, Charles mi accompagna al Sass fermandosi a bere qualcosa nel suo solito tavolo. Da quando succede, Pierre ironicamente l'ha numerato con la targhetta "16".

A fine serata recupero le mie cose dalla sala dipendenti e torno da Charles, che mi sta aspettando vicino alla porta. Scorro distrattamente alcune notifiche sul cellulare fino a trovarne una che mi fa bloccare, e probabilmente sbiancare in viso.

"Cosa succede?" Mi domanda Charles preoccupato. "Ti senti male?" 

Gli porgo il mio cellulare con mano tremante. Un numero che (ahimè) conosco bene ha appena inoltrato una mia foto delle ultime vacanze, evidentemente presa da un tabloid. La mia pancia era stata cerchiata da un volgarissimo segno rosso. 

# Non pensi che ne dovremmo parlare? #

Luc era tornato. 

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Il giorno successivo Charles è distrutto, quasi più di me. Deve partire, non può abbandonare la sua professione, ma questa volta all'eliporto fa più male del solito. 

"Non voglio lasciarti." Ripete per la centesima volta con il mento appoggiato sulla mia spalla, mentre mi sta abbracciando. "E vorrei dirti di non fare niente di stupido, soprattutto mentre sono via, ma so anche che sarebbe perfettamente inutile."

Lo sa. Sa che risolverò questa cosa da sola mentre lui non c'è. 

"Tu non preoccuparti. Concentrati sul tuo lavoro, non voglio dover stare in pensiero anche per te." 

Come sempre aspetto la partenza dell'elicottero dal ponte di legno sopra il laghetto delle tartarughe.

Posso ancora sentire l'eco del motore mentre digito sullo schermo

# Stasera. Al mio vecchio appartamento. #

-

Non rientravo tra queste mura da diverse settimane, da quando ero venuta a recuperare una parte dei miei dischi. La temperatura è leggermente fresca fuori, ma ho aperto comunque le porte a vetri per cambiare l'aria. 

Resto per qualche minuto sul balcone, poi vado a scorrere i vinili rimasti qui. Vorrei portarli tutti con me nella nuova casa, ma ho già occupato abbastanza spazio nella libreria di Charles, non posso di certo sfrattare i suoi trofei. Appunto mentale: comprare un nuovo mobile per...

Il rumore del mio citofono mi fa quasi crollare per terra. Ma non posso. Non me lo posso permettere. 

Inspiro ed espiro profondamente prima di rispondere "Sì?"

"Sono io." Due semplici parole che per un secondo mi riportano indietro di mesi, quando quella semplice voce era uno schiaffo prima mentale e poi (molto spesso) reale. 

Apro la porta dell'appartamento di un paio di dita e mi precipito a mettere sul piatto il primo disco che mi capita sottomano. Luc oltrepassa l'ingresso mentre le prime note di una cover al piano di "Life on Mars" risuonano nel mio salotto.

"Ciao."

Ogni molecola di ossigeno che entra nei miei polmoni deve essere convertito in coraggio, anche solo per replicare "Ciao."

Luc mi osserva per qualche secondo, probabilmente per sondare il terreno. Poi fa come se fosse a casa propria: estrae un pacchetto di cartoncino e si accomoda sul divano. Si accende una sigaretta "Pensavo che mi avresti chiamata tu, prima o poi." 

Gli appoggio un posacenere davanti "E perchè mai avrei dovuto?"

"Mah, dimmelo tu." Sembra pensieroso. "Ti vedo da mesi su quei giornali da quattro soldi. Ma solo qualche giorno fa mi sono reso conto di una cosa." Espira del fumo e scuote leggermente la sigaretta per eliminare la cenere. "A meno che tu e il Principino ci abbiate dato dentro prima che io e te ci lasciassimo, direi che quella pancia la dice lunga su chi sia il padre del frugoletto." 

Mi dà la nausea sentirlo parlare così, ma devo resistere "Quello che tu pensi non mi riguarda. Ci tenevo solo a dirti che non avrai figli, o perlomeno non da me." Il suo sguardo confuso non mi ferma. "Avrei potuto contattare di nuovo l'avvocato, ma voglio darti la possibilità di comportarti da persona onesta. Per una volta. Un accordo tra me e te."

"E cosa dovrei fare, sentiamo."

"Rinunciare a qualsiasi diritto su questo bambino."

"Questo significa che è mio davvero." 

Avevo dimenticato quando mi desse la nausea il suo sghignazzare "Non è sicuro. In ogni caso non potrai fare alcun test del dna."

"E in cambio? La promessa che non mi rovinerai più la vita te la sei già giocata tempo fa."

Ha ragione. Ma io ho un asso nella manica "Purtroppo mi sono accorta di questo solo qualche settimana fa. Ti ricordi quella volta che avevi usato il mio pc per lavoro? Per sbaglio si è salvato un backup." Tra le mie mani compare un'anonima chiavetta usb nera. "Non sono un'esperta di finanza, ma pensavo che certe cose succedessero solo nei film tipo 'Wall Street': qua ci sono delle informazioni davvero molto interessanti." 

Si alza di scatto, preso alla sprovvista dalla mia reazione "Tu lurida..." 

Si avvicina a me, così io lentamente arretro verso la parete con lo stereo. 

"Non puoi averla vinta così, non credere di poter..." 

Mentre parla il suo pugno stretto di fronte al mio viso diventa una carezza alla mia guancia. Deglutisco e serro le palpebre. 

Per fortuna è distratto e non si accorge della mia mano che sposta la puntina del giradischi. Le note si interrompono improvvisamente. E in un secondo Will compare in sala.

Va bene essere fiduciosi per il prossimo, ma non sono una totale sprovveduta: presentarmi qui da sola sarebbe stato un suicidio. Se avessi urlato me l'avrebbe fatta pagare immediatamente, l'effetto sorpresa era l'unica possibilità che avevo per salvarmi.

"Caspita, hai pure la guardia del corpo adesso. E questo dovrebbe essere un accordo tra adulti?"

"Tieni." Gli infilo la chiavetta nel taschino della camicia che indossa. "Questa è una copia per te, ovviamente non è l'unica."

Luc osserva alternativamente me e Will, fino ad allontanarsi verso la porta "Sei cambiata."

"Sì, per fortuna." 

Se ne va senza aggiungere altro. E io ricomincio a respirare. 

"Will, per favore, mi aiuti con questi dischi. Torniamo a casa."

Lezioni di Piano // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora