Capitolo 34 - "Gotta get up, gotta get out"

2.2K 78 1
                                    

L'aiuto di Pascale in questi giorni difficili è l'unico che riesco ad accettare. E' lei la sola che sa cosa dire e come prendermi, che capisce ciò di cui ho bisogno.

Un esempio pratico è che per spronarmi ad uscire di casa mi invita al suo salone durante la pausa pranzo, in modo che lei possa badare a Léa mentre una sua dipendente si occupa di me.

Devo fare qualcosa di radicale, o davvero non riuscirò mai più a lasciare la mia abitazione senza temere di essere riconosciuta.

I miei capelli mossi lunghi fino alle scapole vengono lisciati e accorciati fino a sfiorare appena le spalle, oltre a essere tinti di nero. Se a quello aggiungiamo il fatto che ho ripreso a nascondere la mia eterocromia, oltre a portare un paio di occhiali non graduati con una spessa montatura, divento praticamente irriconoscibile. 

Tutto questo contribuisce a farmi uscire di casa con Léa, dapprima per brevissime passeggiate, poi sempre più prolungate. 

Un giorno provo persino a fare una sorpresa a Pascale, recandomi al suo negozio a Fontvieille, ma quando sono ad un centinaio di metri intravedo Charles uscire dalla porta. Istintivamente mi siedo su una della panche rivolte verso il mare, in modo da dare le spalle alla strada. 

Sento il motore Ferrari oltrepassarmi a bassa velocità. Sono sul punto di rompere il manubrio del passeggino per quanta forza sto usando, e riprendo a respirare solo quando perdo di vista la vettura.

-

Natale e Capodanno passano quasi inosservati a casa mia e di Léa. Pascale giustamente si occupa di celebrare le festività con la sua famiglia, mentre io e la piccola restiamo nella serenità del mio confortevole bilocale. 

Con mio sommo stupore invece, un paio di settimane dopo quel quasi-incontro con Charles vengo contattata da Pierre. Per una serie di sfortunate coincidenze si trova scoperto un venerdì sera, e mi chiede aiuto. Io non sono ancora in emergenza economica, il mio conto in banca mi permetterebbe di vivere ancora con una certa serenità, ma sorprendentemente decido di cogliere la palla al balzo. 

Pascale avrebbe badato a Léa un paio d'ore, per poi darsi il cambio con Odette, la figlia della dipendente che si era occupata dei miei capelli. Aveva aiutato la madre (rimasta prematuramente vedova) a crescere una fratellino e una sorellina, quindi avrei potuto stare tranquilla. 

Quando rimetto piede al Sass Cafè mi sembra che sia passata una vita intera dall'ultima volta. 

Pierre mi nota dopo un minuto buono, non aveva ancora avuto modo di scoprire il mio nuovo look "Anne! Che piacere rivederti, perdonami ma non ti avevo riconosciuta." 

Si avvicina per darmi due baci sulle guance. Il locale aprirà tra pochi minuti, ma riusciamo comunque a fare quattro chiacchiere "Non voglio fare il ficcanaso, ma purtroppo ho saputo quanto è successo, e volevo solo dirti che mi dispiace tantissimo."

"Grazie Pierre, lo apprezzo molto." Non cerca di immischiarsi ulteriormente, voleva solo farmi sentire la sua vicinanza, prima di lasciarmi al mio lavoro. 

Dopo che mi sono accomodata sulla panca, accarezzo per qualche secondo i tasti senza premerli, quasi per salutare un vecchio amico. Non mi curo dei primi avventori, se notano questa mia stranezza, ma di sicuro si accorgono quando inizio a proporre un pezzo.

Tutto questo mi è mancato più di quanto voglia ammettere.

Dopo quella sera, a sorpresa riprendo a lavorare ogni venerdì al Cafè. Quando mi confido con Pascale lei è forse anche più felice di me. Probabilmente sente che mi sto riavvicinando ad una certa normalità, una cosa che onestamente non pensavo sarebbe mai più successa.

Lezioni di Piano // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora