Capitolo 37 - Ritorni

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"Siamo definiti dalle nostre azioni, non dalle parole."

📽 Dal film "Captain Fantastic"

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Visto che lunedì Charles dovrà partire ancora per l'Italia, decidiamo di goderci al meglio questo weekend insieme. Rispetto all'anno scorso questa volta so cosa aspettarmi: e anche con sorpresa dello stesso Charles accetto di uscire con la piccola, che è molto più serena. 

Fa ancora troppo freddo per restare all'aperto a lungo, quindi decidiamo di optare per una gita al museo oceanografico. Non è periodo di turisti, quindi nonostante sia sabato non troviamo coda. Quando Charles viene riconosciuto in biglietteria, interviene un incaricato che ci accoglie nel Museo senza farci pagare l'ingresso (nonostante le mie insistenze). 

Léa si guarda attorno incuriosita dapprima dalle grandi figure marine appese al soffitto dell'ingresso, poi viene conquistata dalla vasca centrale multipiano. Condividiamo la sala circolare con un'altra famiglia con due bambine, anche loro in piena contemplazione. 

Io tengo Léa rivolta verso il vetro spesso, e anche se so che non può comprendere ciò che dico le racconto ogni cosa che so su squali, tartarughe, pesci vari

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Io tengo Léa rivolta verso il vetro spesso, e anche se so che non può comprendere ciò che dico le racconto ogni cosa che so su squali, tartarughe, pesci vari. Lei guarda alternativamente me e l'acqua, succhiandosi assorta un dito. Qualche volta mi capita di guardare Charles, e di coglierlo nel momento in cui ci sta scattando una foto. 

Concludiamo il nostro giro nelle sale superiori e sul tetto, veniamo interrotti solo un paio di volte da persone che riconoscono Charles e chiedono cortesemente una fotografia. Lui le accontenta con un sorriso. All'uscita recuperiamo il passeggino di Léa dal guardaroba. 

"E' ancora presto, ti andrebbe di andare a fare un giro nella città vecchia?" Charles me lo domanda con un tono forse anche troppo premuroso, ma temo che sia ancora scottato da quel litigio che avevamo avuto al porto, e che alla fine (assieme a mille altre difficoltà) aveva fatto precipitare le cose tra di noi. 

"Certo che mi va." Sistemo la cuffietta a Léa e ci incamminiamo verso la piazza del palazzo. Anche le stradine di Monaco Ville sono quasi del tutto vuote, a differenza della piazza dove invece c'è un po' di gente. Tra queste persone noto due paparazzi che ci hanno individuato. Il mio primo istinto sarebbe di proteggere Léa da loro, ma so bene quanto sia inutile. Posso solo sperare che le coprano il volto quando le fotografie verranno pubblicate.

"Li hai visti anche tu vero?" Chiedo a Charles mantenendo la calma.

"Sì, ci seguono da qualche minuto. Vuoi andartene?" 

Rifletto bene su cosa rispondere. Perchè sto passando una bella giornata dopo tanto, troppo tempo, e vorrei davvero che non finisse mai. 

"No. Continuiamo il nostro giro."

Charles mi prende delicatamente per i fianchi e mi bacia. Non penso minimamente che domani saremo su tutte le riviste di gossip della Costa Azzurra, o che già da stasera i social impazziranno. Non mi importa. 

Sono con la mia famiglia, e sono felice. 

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Il venerdì successivo come sempre mi sto esibendo al Cafè. E' stata una settimana intensa, per vari motivi. 

Charles sarebbe rientrato solo questa sera da Maranello, ma ci eravamo sentiti ogni giorno per gestire insieme la confusione creata dalle nostre foto che erano circolate in ogni dove. Per fortuna avevo ancora notifiche e messaggi bloccati, o non avrei davvero saputo cosa fare. 

Avevo parlato un paio di volte con Mia, che teneva d'occhio (non so come) tutta la stampa e mi aveva mandato un paio di articoli ben fatti per tirarmi su di morale. 

Durante l'ultima pausa della serata vengo avvicinata da Pierre, gli sorrido pensando che voglia dirmi che Charles è arrivato al locale "Anne, c'è una persona che ti cerca."

Allungo lo sguardo verso il tavolo che mi indica, ma non trovo Charles. E tantomeno Luc. 

"E' mio padre." La mia voce è un sussurro, non so neanche se Pierre mi abbia sentito. 

"Vuoi che lo chiami qui a..."

"No!" 

Forse il manager vorrebbe sapere altro, ma io trangugio quello che rimane del mio cocktail e mi siedo di nuovo al piano. Quando riprendo sono deconcentrata, mi dedico a dei pezzi semplici perchè la mia mente ingarbugliata non mi permette di fare altro. 

Ovviamente mi capita di osservare per dei brevissimi attimi quell'uomo seduto da solo, i capelli grigi ma folti, la barba curata. E gli inconfondibili occhi azzurri, identici a solo uno dei miei. 

A fine serata lui è ancora qui, determinato a parlarmi. Tergiverso per quanto mi è possibile, ma so bene che dovrò affrontarlo. Il locale è quasi vuoto, e Charles non è ancora arrivato. 

"Ciao Anne."

Stringo la tracolla della borsa fino a farmi male alle dita "Ciao."

"Sei stata brava stasera." 

Non è vero, è stata una delle mie serate peggiori. Ma non ho tempo da perdere "Cosa vuoi?"

"Vorrei parlare con mia figlia..." Sorrido amara per queste parole che arrivano in ritardo di anni. "... e magari incontrare la mia nipotina."

Come sento queste parole mi si gela il sangue "Tu non hai una figlia, di conseguenza non puoi avere una nipote."

"Io ho dei diritti, non puoi..."

"E' mia figlia. E la farò crescere il più lontano possibile da individui come te."

La mia risposta non ammette repliche. Lui si limita a scrivere qualcosa su un tovagliolino di carta, lo piega a metà e lo poggia sul bancone vicino alla mia mano "Resto a Monte Carlo qualche giorno, puoi trovarmi a questo indirizzo."

Detto questo esce dal locale. Io crollo sullo sgabello più vicino, provata dalla rabbia e da emozioni così intense. Ero così focalizzata su di lui che non mi ero neanche resa conto dell'arrivo di Charles.

"Scusa il ritardo, ma ho trovato due incidenti in autostrada... poi ho visto che eri occupata, e non volevo disturbare." Parla trafelato, ma poi quando nota la mia espressione cambia tono "Va tutto bene? Chi era quell'uomo?"

"Era mio padre."

Lezioni di Piano // Charles LeclercWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu