•Due• Milano

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-Tra un chilometro, prendere la prossima uscita verso Milano- indica la voce metallica proveniente dal navigatore, le cui direttive risuonano all'interno dell'abitacolo della mia Ferrari, in cui fino a pochi istanti fa aleggiava un totale silenzio che mi aveva concesso il privilegio di rimanere unicamente in compagnia dei miei pensieri.

In queste due ore di viaggio non ho avvertito neanche la necessità di accendere la radio, preferendo piuttosto guidare senza altre voci oltre a quelle assordanti dei mio stato di sovrappensiero; ho trascorso gli ultimi centoventi minuti della mia vita sull'autostrada A1 e per tutto questo tempo davanti a me si apriva unicamente una striscia di asfalto nero, contornata da un paesaggio che mi risultava perennemente uguale, tutto solo per poter raggiungere Pierre da Maranello fino a Milano, così da poter festeggiare insieme il suo ventisettesimo compleanno.

Dopo un'intera giornata trascorsa in gestione, intenti ad ultimare i preparativi per l'inizio ormai prossimo della stagione, avrei voluto solo gettarmi sul letto e dormire fino a domani.

Eppure, avevo promesso al mio migliore amico che almeno quest'anno ci sarei stato, per cui non ho esitato a mantenere la parola; sono tornato a casa, ho fatto una doccia veloce per poi indossare la prima camicia che ho trovato nell'armadio, scendendo nuovamente nel garage per entrare in macchina.

Guidare, tuttavia, si è rivelato con mio grande sollievo un passatempo estremamente terapeutico; quando sono partito, probabilmente ero più euforico di poter trascorrere del tempo in completa solitudine piuttosto che partecipare alla festa in sé, ma ultimamente ho capito quanto abbia sbagliato negli ultimi anni a trascurare le persone in favore del mio lavoro.

Probabilmente per alcuni risulterà un controsenso, ma in verità non tutti i piloti amano guidare al di fuori dei circuiti. Stare al volante di una monoposto in pista o sulle strade cittadine è completamente diverso e alcuni non riscontrano la stessa adrenalina, ma non è certamente il mio caso, perchè se in tutta la mia vita non ho mai fatto uso di stupefacenti, sin da quando ero piccolo ho sempre avuto una sola ossessione: correre.

Sono una persona estremamente competitiva, salgo in macchina con l'obiettivo di vincere, ma ciò non vuol dire che non ami stare nella mia monoposto e correre come se ne valesse la mia vita, perchè in effetti non ricordo un singolo momento dei miei ventisei anni in cui non c'entri il motorsport.

Mia madre mi ha sempre detto che correre era nel DNA dei Leclerc e probabilmente non sarei arrivato in Formula Uno con il soprannome del predestinato se ciò non fosse vero, ma c'è ancora un piccolo tassello che manca per soddisfare a pieno la mia natura; vincere il mondiale, o anche più di uno.

Raggiungere quel titolo sarebbe il coronamento del sogno di una vita, ma al momento mio malgrado non sembra essere un obiettivo realizzabile nell'immediato futuro, visto l'amaro in bocca con cui si è conclusa l'ultima stagione.

The Crown|| Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora