•Dieci• Da mi basia mille

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Esco velocemente dalla Ferrari di Charles senza neanche attendere che sia lui ad aprirmi la portiera, dopodiché lo vedo afferrare il telecomando della macchina e in seguito un suono e un gioco di luci indicano il fatto che sia stata chiusa; mi stringe la mano e, come se fosse un riflesso automatico, intreccio le mie dita tra le sue per invitarlo a seguirmi.

Non so come mi sia venuto in mente di esortarlo a scendere dalla macchina con me, ma la sola idea di mettere fine a questa sera in sua compagnia mi dava i brividi, per cui mi è risultato istintivo chiedergli implicitamente di non salutarci e seguirmi in una meta a lui sconosciuta, ma a me ben precisa.

La piazza antistante il Palazzo a quest'ora pullula di guardie, mentre nel piccolo sentiero nascosto in cui ci addentriamo non c'è nessun altro oltre a qualche insetto notturno nascosto tra la vegetazione, il cui odore boschivo mi inebria le narici mentre Charles segue ogni mio passo come se fosse la mia ombra.

Non accenniamo ad una parola, cullandoci unicamente del fruscio delle fronde, il canto delle cicale e dei nostri respiri, in un silenzio carico di esitazione come se fossimo realmente due incursori che si apprestano a compiere un assalto al castello.

Dopo un paio di metri, giungiamo davanti alla piccola porticina nascosta, la quale cela le scale che conducono dietro lo scaffale dei cappotti della mia cabina armadio, ma non è lì che voglio portare Charles; sono i miei appartamenti privati, ma saremmo ugualmente troppo a rischio di essere scoperti, per cui svolto nella direzione opposta verso la piccola apertura tra le foglie verdeggianti.

Facendoci strada attraverso quest'ultime, immediatamente ci ritroviamo in quello che da piccola amavo definire come il mio giardino segreto, un piccolo prato che al momento è illuminato dalle lucciole e in mezzo al quale si trova la casetta in legno costruita personalmente da nonno Alfred.

La luce prodotta dai piccoli insetti non è sufficiente a dissipare il buio della notte, che di conseguenza non rende chiaramente visibile la struttura, ma tutto risulta comunque particolarmente curioso a giudicare dall'espressione accigliata di Charles, che tuttavia mantiene il silenzio tra di noi.

Senza separare l'intreccio delle nostre mani, mi avvicino al patio sotto il quale vi sono solo due poltroncine, sulle quali sono evidenti i segni del tempo, e cerco le chiavi dietro la fioriera; non appena le afferro apro la porta cigolante, sebbene resti convinta che con una spallata assestata potrebbe comunque spalancarsi senza troppe cerimonie, per quanto ci si possa guadagnare da una possibile effrazione in questa piccola costruzione che, ad occhio e croce, non è più grande che di un capanno per gli attrezzi.

All'interno infatti, la piccola casetta non ha niente di speciale; è composta da un unico ambiente, con un divano davanti a cui c'è un tavolino da caffè di legno che dà sulla finestra, ma ciò che più risalta all'occhio sono le tre pareti ricoperte di librerie, le quali un tempo ospitavano i miei giocattoli, ma su cui adesso campeggiano tutti i libri ereditati da nonno, o almeno quelli che non ho mai voluto condividere con nessuno perché considerati da entrambi solo nostri.

The Crown|| Charles LeclercWhere stories live. Discover now