•Trentadue• Paralía ton mystikón

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La luce del sole penetra attraverso le palpebre in modo lieve ma mirato, svegliandomi dal mio sonno abbastanza confuso: sono abbastanza certo di aver chiuso le tende prima di andare a dormire, per cui apro gli occhi credendo di essere definitivamente impazzito, ma mi trovo a constatare che il tessuto è solo lievemente spostato, creando un unico spiraglio che era andato a colpire proprio il mio viso.

Stranito, scosto le lenzuola e mi avvicino al balcone, ma dopo aver mosso ulteriormente le tende bianche mi sorprendo di vedere Elisabeth già in piedi: è girata di spalle e non indossa altro che una mia T-Shirt, la quale pur andandole particolarmente grande mi regala una visione pazzesca delle sue lunghe gambe affusolate e mi consente anche di occhieggiare il suo intimo di pizzo, un panorama che fa sfigurare anche quello della distesa del mare cristallino che si apre davanti a noi.

-Sei già in piedi?- le chiedo con tono roco, avvicinandomi a lei con passo felpato, ma nonostante la mia presenza non si volta e continua a puntare gli occhi verso l'orizzonte.

-Non riuscivo più a dormire- pronuncia con un filo di voce, posando le mani sulla ringhiera e stringendola così tanto che le sue nocche diventano pallide.

Mi ero assicurato che la casa avesse due stanze separate in modo tale da non invadere la sua privacy e metterla ulteriormente in imbarazzo, dato il modo in cui ci eravamo lasciati un mese fa, ma questa divisione è durata a stento la prima notte; dopo la giornata trascorsa nella fattoria del Principe Alfred, Elisabeth era del tutto sconvolta.

Nonostante l'iniziale tentennamento, a cui tuttavia non ho assistito da vicino, credo di non averla mai vista così felice come in compagnia di suo nonno; abbiamo pranzato insieme, giocato a carte, fatto un giro della tenuta e, infine, lui ci ha mostrato la sua biblioteca che potrebbe fare concorrenza a quella del Palazzo visto il numero esorbitante di testi, in diverse lingue e dei più disparati temi, una perla rara sconosciuta a tutti eccetto che a noi, l'ennesimo prezioso segreto tra me ed Elisabeth.

Lei era felice, serena e spensierata, ma più si avvicinava il tramonto, e quindi l'ora di andare via, più vedevo il suo sguardo spegnersi sempre di più e rispondere ad entrambi con niente se non con monosillabi e sorrisi di circostanza, mentre quando siamo tornati a casa i suoi occhi si sono svuotati del tutto; stavamo per darci la buonanotte e andare ognuno nella propria stanza, ma ad un tratto lei mi ha chiesto in un sussurro se potesse dormire da me e io non ho saputo rifiutare.

Fatta eccezione per la scorsa notte a Monaco, questa è stata la prima volta in cui abbiamo condiviso il letto completamente vestiti, ma dopo l'incontro con suo nonno era già sconvolta e io non avrei mai voluto turbare ulteriormente la sua anima con gesti o proposte indecenti, per cui mi sono accontentato solo di tenerla stretta e sentirla respirare leggera al mio fianco.

Mentre eravamo stesi insieme, con lei tra le mie braccia e le nostre gambe intrecciate, mi ha confessato che dopo il finto funerale di suo nonno è stata tormentata dagli incubi per anni e che in quei momenti la sola cosa che riusciva a calmarla era il mare; sono sicuro di aver fatto la scelta giusta fornendole le risposte che tanto bramava, ma non nego di sentirmi in colpa per aver messo in subbuglio le sue certezze con il mio viaggio, per cui l'ho abbracciata tutta la notte fino a quando anche lei non si è arresa al sonno, ma a quanto pare si è comunque svegliata prima di me.

The Crown|| Charles LeclercWhere stories live. Discover now