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Busso all'ufficio e aspetto la voce del preside che mi invita all'interno. Apro la porta per poi richiuderla alle spalle.

«Si sieda.» mi parla seduto sulla sua poltrona in pelle, da dietro la scrivania. L'intero ufficio è ancora come prima, ma so che la cosa non durerà per niente.

«Volevo solo richiedere di cambiare facoltà.» esordisco senza fare un singolo passo verso di lui. Lo sento poggiare il suo sguardo da critico su di me, dopodiché chiede «Perché non si avvicini? Non mordo mica?» ma la sua voce mi rende nervoso di punto in bianco.

Deglutisco cercando di non fare un minimo rumore, però mi accorgo di aver fallito quando vedo che continua a lanciarmi occhiatacce. «Come ti chiami?» mi chiede poco dopo e spero che la mia voce non mi tradisca.

«Andrea.» replico qualche istante dopo, rimanendo vicino alla porta dell'entrata mentre lo vedo smanettare al computer, esordiendo «Quale facoltà vuoi frequentare?».

«Psicologia.» rispondo senza parlare troppo, così continua a smanettare e dopo qualche istante, mi dice «Fatto. Da oggi seguirai le lezioni della facoltà di psicologia, Andrea.» mi fa cenno di poter uscire, ma subito vedo la vicepreside che fa per entrare.

Mi lascia passare, mentre la vedo entrare e chiudere la porta subito dopo e posso finalmente uscire con il mio respiro.

[…]

È passata già una settimana e la situazione all'università non è delle migliori. I ragazzi sono costretti a camminare con lo sguardo basso per i corridoi, siccome il preside ha assunto del personale come sicurezza.

Più che un'università sembra un vero e proprio carcere. Non si può sostare nei corridoi, non si può chiacchierare e se ti beccano, sei costretto alla punizione scelta dalla vicepreside che sembra ancora più cattiva del preside stesso.

«Signorina Tonia, cosa pensa di fare?» sento il tono severo dell'addetto alla sicurezza, mentre fronteggia Tonia che rimane in mezzo al corridoio per raccogliere i libri che le sono caduti.

«Sto raccogliendo i libri che mi...» cerca di replicare in qualche modo, ma subito la interrompe «Venga nell'ufficio della vicepreside con me.» si posiziona alle sue spalle, scortandola nell'ufficio, facendola entrare.

«Cosa è successo a Tonia?» sussurra Marianna nella mensa, così le racconto quello che ho visto e ho sentito. La vedo rivolgere uno sguardo strizzato ai tizi della sicurezza, così la correggo «Non te la prendere con loro. Li hanno assunti per questo e non sappiamo gli strumenti di persuasione che usa il nuovo preside».

Sento subito dopo Jungkook che sbuffa «Userà sicuramente la paura.» alzo le sopracciglia, accorgendomi del quadro dell'intera situazione.

«Sì, d'altronde la paura rende le persone più controllabili o magari li mette davanti ad una situazione di potere. Le opzioni sono due, quelle che fanno impazzire gli umani, il potere e la paura.» continuo a sussurrare, ma subito dopo mi zittisco nel sentire alcuni passi provenire verso il nostro tavolo.

«Dobbiamo cercare un modo per cambiare la situazione il prima possibile.» sento Chan buttare un'occhiata alla sicurezza che fa il suo giro di perlustrazione, comincio così a pensare ad un piano che può aiutarci.

[…]

Comincio a disfare le mie valigie, dopodiché Marianna guarda l'orario chiedendo «Tonia non viene?» ma subito le replico, senza distrarmi troppo.

«Starà scontando la sua punizione. Appena verrà, ci faremo raccontare quello che le è successo.» rispondo, mentre continuo a posare tutta la mia roba per la stanza.

Controllo nell'armadio e mi cade l'occhio su una giacca di jeans caduta. La raccolgo e subito mi accorgo che si tratta della stessa giacca di jeans che mi diede Yunho, quando stavamo ancora insieme.

Faccio un respiro profondo e sorrido nel ricordare tutto il passato, ma subito la piego dicendomi «Devo restituirgliela.» in modo da parlare tra me e me, senza che nessuno mi senta.

La poggio sul letto e lentamente inizio a capire di più la situazione, girandomi per guardarla di nuovo. «Non ho sentito le cose che sentivo prima...» cerco di spiegarmi bene, ma il succo è che non mi è venuta nessuna crisi sentimentale.

È la prima volta che non sento una confusione, è la prima volta che non mi chiedo se i miei sentimenti per Chan siano veri... è la prima volta che non metto in dubbio tutto il resto.

Prendo un respiro profondo nel modo più soddisfatto possibile, sentendo finalmente un'altra sensazione, completamente nuova.

Solitamente avrei messo in dubbio i miei sentimenti, solitamente mi sarei iniziato a sentire strano e, avrei iniziato a stringere la giacca a me... ma non è successo.

Quasi non salto dalla gioia, quando poi Marianna avvisa «Andrea, io esco. Devo vedermi con San.» sento dopodiché la porta che si chiude.

Comincio a scavare più a fondo nei cassetti della stanza, trovando anche la lettera che mi diede Jungkook al mio compleanno. La apro per rileggerla e non riesco a trattenere qualche piccola risata, ma finisce là.

La ripongo nel cassetto e subito sento bussare alla porta, con passo svelto vado a controllare chi possa essere. Apro la porta e vedo Chan con buste varie e il suo sorriso «Ho portato gli ingredienti per la cena».

Lo vedo subito precipitarsi in cucina per poter iniziare a cucinare, così gli chiedo «Tu cucini, ed io cosa faccio nel frattempo?» comincia così a tirare fuori tutti gli ingredienti, replicando «Che ne dici di aiutarmi?».

Mi precipito subito al suo fianco, pronto per aiutarlo e guardarlo cucinare. Poggio i gomiti sul ripiano, poggiando la guancia sul palmo della mano, come se stessi osservando la luna dal balcone.

«Cosa stai facendo?» mi chiede, accorgendosi di tutte quelle attenzioni costanti, facendosi scappare anche una risata. «Ti sto osservando. Non posso farlo all'università e quindi recupero il tempo perso.» replico senza staccargli gli occhi di dosso, dopodiché aggiungo «In più sto osservando la mia luna».

Mi fa cenno di passargli un altro ingrediente, correggendomi subito dopo «Sei tu la luna, non io.» faccio spallucce nel guardarlo convinto e così replico «È questione di punti di vista».

Comincio ad avvicinarmi alle spalle, cominciando ad abbracciarlo e poggiare la testa sulla sua schiena. «Posso stare così? Posso sentire il tuo cuore.» cerco di sussurrare e non interrompere l'ascolto del suo corpo.

«Andrea...» mi segue nel sussurro, così alzo la testa per guardarlo e continua «È pronto.» così lo lascio poco dopo, aiutandolo a preparare il tutto nei piatti.

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