XX

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La visione della sua schiena nuda al risveglio non aveva prezzo.
Una carezza ed un saluto, prima di correre in università, anche per qualche secondo, era antidoto ai suoi malesseri.
Un calice dal quale avrebbe sempre bevuto.
«Jo, io corro in università che ho lezione, tu dormi pure» gli aveva sussurrato all'orecchio mentre lui si girava su un fianco, portando con sé le lenzuola aggrovigliate.
«Ci vediamo dopo» aveva concluso sistemandogli meglio il piumone abbassatosi sui fianchi.
«Ciao amo'» era stata la risposta sussurrata nel sonno che l'aveva lasciata per qualche secondo in sospeso.
Era la prima volta che le veniva da lui affibbiato quel nomignolo che un po' l'aveva imbarazzata.
Amo' detto da Joseph, da sempre restio a quel genere d'affetto, era un'ulteriore porta d'accesso verso l'intimità e di questo Matilde ne era ben consapevole.

[...]
«Mati'» Lavinia l'aveva destata dal torpore dei commenti sulla lezione di letteratura indicandole un punto poco lontano dal cancello di uscita dell'università.
«Ma è quello della festa» le aveva detto, facendola sorridere.

Non aveva ancora aggiornato la sua amica sul gradevole fulmine che da poco si era abbattuto sulla sua vita.
Joseph era quello spiraglio di luce che filtra dalle persiane e un po' ti rischiara l'anima.
Lo sentiva così intrecciato a se' che parlarne come qualcosa di diverso da lei le sembrava fin troppo straniante.

Così aveva taciuto, non per verecondia ma per naturalezza. Perché non hai bisogno di parlare della tua anima quando ce l'hai attaccata addosso.

«Ciao amo'» lui l'aveva raggiunta stampandole un bacio disinvolto sulle labbra, ignorando completamente l'amica che li guardava tentando di nascondere gli occhi spalancati dallo stupore.
«È un po' di più di quello della festa» aveva detto lei aprendo un vortice di domande nella mente dell'amica.
«Piacere Joseph» aveva allungato la mano libera verso la ragazza, che dopo essersi presentata si era accinta a dileguarsi, sentendosi di troppo in quella bolla che avevano già creato. E dalla quale non erano ancora mai venuti fuori.

«C'ho messo un botto a cerca' la sede tua» ammise sentendosi un pesce fuor d'acqua tra quella mandria di studenti con la stanchezza stampata sul volto.
«Hai finito le lezioni o sei in pausa?» aveva chiesto allora afferrandola dal collo del cappotto per parlare proprio sulle sue labbra.

E che importava se gli occhi di tutti erano puntati su di loro, erano troppo felici per curarsene.

«Ho finito proprio adesso, possiamo andare» l'aveva fatto sospirare di sollievo.
«Che m'accompagni a casa de mi padre?» aveva domandato, intimidito da quella tacita richiesta di supporto.
«Certo amo'» aveva risposto, facendolo arrossire per l'utilizzo dello stesso nomignolo che stava lui stesso naturalmente adottando da tutto il giorno.

[...]
Il motorino aveva dimezzato il viaggio nel traffico di Roma. Avevano sfrecciato qua e là per una buona mezz'ora e lei si era stretta più del dovuto al suo petto durante le curve.
Era dipendente dal contatto, in ogni momento. E a lui piacevano da morire le sue mani addosso, così tanto da fare qualche giro in più intorno al suo quartiere pur di allungare il contatto.

Che stupidi che erano a tacere sull'innamoramento.

«Siamo arrivati» il contatto terminò una volta spento il motore, ma la bolla non scoppiò. Quella non scoppiava mai.
«Volevo prendere giusto qualche vestito» la avvertì infilando la chiave nella serratura mentre lei lo seguiva timida, nascondendosi dietro le sue spalle larghe.

«Chi non muore si rivede» fu l'aspro benvenuto che ricevette dalla figura paterna.
«Ciao pa'» lo salutò lui, pentendosi di aver condotto Matilde nella tana del giudizio.
«Che sei venuto a fare?» gli aveva domandato con quella freddezza che aveva fatto raggelare il sangue della ragazza, sbloccandole ricordi difficili da digerire.
«Devo prendere delle cose e vado» rispose dirigendosi verso la scalinata che conduceva alla sua camera.
«Non mi presenti la tua amica?» aveva puntato gli occhi giudicanti su Matilde, che ancora con la borsa di tela in spalla si era fatta piccola piccola nel guardarlo.
«Sono Matilde» aveva allora detto lei, quando aveva compreso che Joseph non avrebbe pronunciato una singola parola.
«Sei la sua fidanzata?» aveva chiesto allora l'uomo ingentilendo il tono nel percepire la difficoltà della ragazza.
«No, è n'amica mia. E adesso può aspettarmi fuori» e la voce di Joseph si scaraventò contro il suo stomaco.

E se avesse alzato lo sguardo, per incontrare quello del ragazzo lo avrebbe trovato così: colpevole e distruttivo.

Prospettive /Holden/ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora