CAPITOLO 8: Broken

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E' strano averlo in casa mia; a parte Francesco nessun uomo è mai entrato qui, ha una tale presenza fisica che il mio appartamento, che fino ad oggi mi sembrava enorme, adesso sembra una nicchia.
"Entra pure..." gli dico. Lui entra e si guarda intorno, spaesato. Si sofferma davanti alla parete attrezzata nel salone, guarda le foto. Ci sono io da piccola, da adolescente, io il giorno della mia laurea, una foto stupida di me e Francesco e anche una mia e sua, da ragazzi, quando eravamo felici.
"Questa bambina l'ho già vista, era in ospedale una mattina!" mi dice. Sorrido dolcemente ripensando a Ludovica, quella foto l'avevamo scattata appena si era ripresa abbastanza.
"Si, si chiama Ludovica. E' guarita dalla leucemia" gli spiego.
"Capisco" dice.

Nel frattempo metto della musica, sempre Broken dei Seether, la nostra canzone preferita.

"Togliti pure la giacca se vuoi, mettiti comodo. Io vado in cucina e inizio a preparare qualcosa..." dico.
"Ok" dice. Mentre si toglie la giacca fa una smorfia di dolore.
"Che succede?" gli chiedo.
"Niente niente..."
"Fa vedere" gli dico avvicinandomi.
"Vorrei vedere la ferita" gli dico. Mi guarda per un po' poi annuisce e inizia a sbottonarsi la camicia. Conosco il suo corpo come le mie tasche eppure mi sento in imbarazzo. Arrossisco ma lui non sembra farci caso. Nel frattempo mi dirigo in bagno a prendere l'occorrente per medicarlo. Quando torno è a torso nudo. Mi guarda. Mi avvicino a lui.
"Ti tolgo il cerotto così vedo in che condizioni è la ferita. Ho le mani fredde" lo avviso. Lui non parla ma annuisce leggermente con la testa. Tolgo il cerotto e vedo la cicatrice non del tutto cicatrizzata. La sfioro con mani tremanti nel tentativo di disinfettarla e medicargliela ma a un certo punto crollo, le mie braccia cadono pesantemente lungo il mio corpo e io appoggio la testa sul suo petto, iniziando a piangere.
Chi, chi ti ha fatto questo? Potevi morire dannazione. Penso. Non so per quanto tempo rimaniamo così, io appoggiata al suo petto mentre le lacrime mi scendono sul viso e lui immobile, il suo respiro aumenta di velocità. A un certo punto piega la testa posando le labbra tra i miei capelli e, se non fossi in preda al panico e alla confusione, potrei affermare con certezza che mi ha posato un leggero bacio tra i capelli. Lì crollo definitivamente e inizio a singhiozzare.
"Basta, smettila..." mi dice, portando una mano dietro la mia nuca. Io cerco di calmarmi e, cercando di ricompormi, mi stacco da lui controvoglia e mi asciugo le lacrime col dorso della mano. Lui, dal canto suo, riassume la sua posizione eretta e fiera di sempre. Riporto le mani sul suo petto e gli disinfetto la ferita per poi rimetterci sopra delle garze e una benda puliti.
"Dovevi aspettare ancora un po' prima di farti togliere i punti" gli dico, la voce ancora debole a causa delle lacrime.
"Non li sopportavo più. Non mi hai fatto un taglio molto grande, mi aspettavo peggio..." mi dice.
"Lo spazio sul quale intervenire non era ampio, senza contare il fatto che la tua pelle aveva già un taglio a causa del coltello, ho semplicemente allungato quello..." dico, disgustata al pensiero di chi può avergli fatto questo. Lui dal canto suo rimane in silenzio.
"Ti faccio una fasciatura se vuoi, così evitiamo che la benda si stacchi e che la ferita di conseguenza si infetti..."
"Sei tu il medico, fai quello che ritieni opportuno..." mi risponde. Gli faccio la fasciatura.
"Puoi rivestirti..." gli dico.
"Bene" dice lui rindossando la camicia.
C'è molta tensione tra noi così cerco di riprendere in mano la situazione.
"Beh, ho delle fettine di pollo, potrei grigliarle e accompagnarle con un'insalata verde con pomodorini, rucola e delle scaglie di parmigiano, è veloce e poi va bene per la tua dieta" gli dico.
"Va bene, posso aiutarti?" mi chiede.
"Se vuoi puoi versare il vino, è nel frigo..." gli dico.
"Ok..." dice, avvicinandosi al frigorifero e versando il vino in due calici che aveva preso dalla mensola. Mi porge un bicchiere.
"Poggialo pure sul tavolo, lo prendo tra un minuto" gli dico, destreggiandomi tra i fornelli. Lui poggia il bicchiere sul tavolo e, sorprendendomi, mi abbraccia da dietro. Io mi irrigidisco ma subito dopo mi rilasso dentro al suo abbraccio.
"Hai lo stesso profumo che avevi dieci anni fa" mi dice, affondando col viso nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. Questo contatto mi fa venire i brividi e quasi trattengo il respiro. Giro la testa per guardarlo negli occhi; lui mi guarda a sua volta dopodiché si allontana e, come se nulla fosse successo, continua a sorseggiare il vino. Cosa gli sarà successo? Fino a qualche giorno fa non riuscivamo a dirci più di due parole senza che lui esplodesse e inveisse contro di me; adesso, invece, sembra un'altra persona.
"Apparecchio?" mi chiede.
"Se vuoi..." rispondo, la voce mi trema.
Gli dico dove trovare l'occorrente; lui segue le mie indicazioni e prepara il tavolo.
"E' pronto, vieni siediti..." gli dico.
"Grazie" mi risponde e, dopo qualche secondo iniziamo a mangiare.
"E pensare che non sapevi bollire neanche un uovo..." dice, quasi divertito.
Io sorrido:
"Beh, sono andata a vivere da sola molto presto, a quel punto o imparavo o morivo di fame anche se, a dirla tutta, in quel periodo non mi importava di digiunare..." dico mortificata. Lui mi guarda e sembra capire il motivo della mia affermazione; tuttavia non risponde.
"Riccardo, chi ti ha fatto questo?"
"Cosa?" finge di non capire.
"Chi ti ha aggredito in modo così violento?" insisto.
"Avevo un debito con un amico..." dice, cercando di tagliare corto.
"Un debito con un amico? Cioè mi stai dicendo che per ripagare un debito con un amico ti sei fatto accoltellare? Che cosa significa questo?" chiedo, iniziando ad innervosirmi.
"Significa che tempo fa un mio amico mi ha fatto un favore e ora mi sono sdebitato, tutto qui" risponde.
"Stai in un brutto giro?" chiedo tutto d'un fiato, riferendomi chiaramente al padre e al suo mondo. Lui mi guarda, aveva capito la mia allusione.
"No Giulia, non sto in nessun giro!"
"E' la verità?" gli chiedo. Sono sinceramente preoccupata.
"Si..." risponde lui. Decido di non insistere.
"Cosa hai fatto in questi anni oltre a studiare medicina?" mi chiede. Avrei voluto rispondergli raccontandogli qualcosa di interessante ma, improvvisamente, mi rendo conto che a parte diventare un chirurgo, in questi anni avevo fatto ben poco.
"Beh ecco, tra lo studio, l'internato e tutto il resto ho avuto davvero poco tempo per me..." rispondo.
"Mi stai dicendo che non hai amici o che non hai avuto altre relazioni?"
Ahia, la conversazione sta prendendo una piega che non mi piace.
"Ad essere sincera una relazione l'ho avuta, con Giuseppe. Inutile dirti che è stata inutile..."
"Inutile?" mi chiede, aggrottando le sopracciglia.
Si, è stata inutile. Volevo solo dimenticarti e ho cercato di farlo nel modo peggiore possibile. E' stato inutile perché eri sempre nella mia mente, sempre! Avrei voluto rispondergli così ma mi trattengo e mi limito ad annuire.
"E il ragazzo che è con te nella foto in salone?"
Questo terzo grado comincia ad irritarmi non poco.
"Lui è Francesco, il mio migliore amico..."
"Uhm..." dice continuando a mangiare.
"E tu?" gli chiedo, titubante.
"Io cosa?"
"Hai avuto altre donne?" chiedo imbarazzata. Non sono sicura di voler sapere la risposta.
"Cosa intendi per altre donne, relazioni stabili o altro?"
"In generale" rispondo.
"Si, ho avuto altre donne..." dice.
Ahia, fa male. Incasso il colpo e mi alzo di scatto intenta ad andare a prendere un'altra bottiglia di vino. Inizio ad armeggiare con il cavatappi che mi cade più volte nel tentativo di aprire la bottiglia. Anche lui si alza.
"Che ti prende?" mi chiede.
"Niente" mento.
"Cazzo dimmelo!"
"Vuoi sapere che mi prende? Ti accontento subito: mi da fastidio, mi da fastidio tutto! Il tuo essere stato lontano da me, il fatto che mi nascondi il motivo per cui sei stato aggredito, il tuo modo di chiedermi della mia vita, come se fossi sotto esame, e poi il fatto che altre donne ti abbiano avuto anche solo per una notte mi fa venire il voltastomaco!"
"Ho semplicemente vissuto, come hai fatto tu del resto! E poi proprio tu vieni a dirmi che ti da fastidio che io abbia avuto altre donne? Cosa avrei dovuto fare io allora quando ti ho visto baciare un altro quando ero convinto che mi amassi?"
"Il tuo discorso non ha senso, io non ho baciato Enrico di proposito e poi non ho mai fatto l'amore con un altro uomo, e il solo pensiero che tu l'abbia fatto, e per di più con più donne, mi fa dare di matto e mi viene voglia di chiederti quante sono, com'è stato, se hai provato le stesse sensazioni che provavi quando facevamo l'amore io e te e altre milioni di domande!"
"Non stare qui a chiederti questo Giulia, se dovessi elencarti le donne con cui ho scopato in questi anni non ne usciremmo più da questo discorso!"
"Complimenti" gli dico ma non ho tempo di continuare perché lui mi afferra e mi attira a sé e, senza darmi il tempo di pensare, mi bacia avidamente, bloccandomi le braccia dietro la schiena così che io non possa oppormi. Non che io volessi oppormi, avevo tanto desiderato essere baciata da lui nel corso degli anni che adesso, il pensiero di oppormi non mi sfiora la mente. Ricambio il bacio con passione, come se ne avessi bisogno e come se dalle sue labbra ricevessi energia. Mi lascia le braccia e si lascia accarezzare. Io non chiedo altro; mi stringo a lui, gli faccio scorrere le mani sulla schiena sulle braccia e poi gli cingo il collo con le braccia, infilando una mano nei suoi capelli leggermente lunghi e spettinati. Lui emette un gemito gutturale e continua a baciarmi. Non c'è niente di dolce in lui, e inizio a rendermene conto solo adesso. Inizia a sbottonarmi la camicia e me la sfila gettandola a terra, con un gesto repentino mi solleva e mi fa sedere sul piano della cucina mettendosi tra le mie gambe. Ora i miei seni, coperti solo dal reggiseno, sono quasi all'altezza della sua faccia. Velocemente mi slaccia il reggiseno e mi prende i seni tra le mani, accarezzandoli avidamente. Io getto la testa all'indietro mentre il mio corpo è come se fosse percosso da una serie di scariche elettriche. Il mio cervello è in tilt, non riesco a pensare, non riesco a reagire. Riesco solo a sentire le sue

mani su di me mentre mi stringe i capezzoli tra le dita.

"E' per questo che ti piacevo, Giulia, eh?" mi dice e, subito dopo, si abbassa sui miei capezzoli turgidi iniziando a tormentarli con la lingua e mordendoli.

Cosa non hai capito del discorso di prima? Penso.

Lui tuttavia non si ferma e continua a succhiarmi i capezzoli mentre con le mani mi afferra per i fianchi e mi attira verso di lui, lasciandomi solo con la schiena appoggiata sul piano.

"Ah..." gemo ma lui non si ferma. Mi sbottona il jeans e me lo toglie dopodiché mi accarezza tra le gambe e in quel momento sono finita. Un cumulo di emozioni esplodono in me e mi rendo conto che anche io voglio assaporarlo. Scendo dal piano cucina e mi metto in piedi davanti a lui. Allungo le mani per sbottonargli la camicia ma lui mi ferma. Non capisco. Lui per tutta risposta mi spinge fino in salone e mi fa cadere all'indietro sul divano mentre, sdraiata, noto che si sta sbottonando i jeans. Sul suo viso noto un'espressione fredda, distaccata, un'espressione che non si addice ad una persona che sta per fare l'amore con la donna per la quale prova almeno un minimo di sentimento. Ora è tutto chiaro, vuole usarmi, umiliarmi, vuole sfogare la sua rabbia in questo modo e io non posso permetterglielo. Mi alzo dal divano di scatto e mi allontano da lui.

"Che ti prende adesso?" mi chiede.

"Che mi prende? C'è bisogno di chiedermelo? Non voglio così, mi stai usando per sfogare la tua rabbia e, se il tuo intento è quello di aggiungere il mio nome alla lista delle donne che ti sei scopato..." dico sottolineando l'ultima parola "... allora hai sbagliato persona. Non accetto questo trattamento, non accetto che mi usi solo perché hai voglia di farti una scopata!" dico, esasperata e cercando di coprirmi con le braccia i seni nudi.

"Non sto facendo niente di diverso da quello che facevi tu dieci anni fa con me" dice e in quel momento mi sento come se mi avesse dato uno schiaffo in pieno viso.

"Fuori di qui!" mi sento dire. Lui mi guarda con un'espressione indecifrabile e cerca di nuovo di avvicinarsi ma io faccio un passo indietro.

"Vattene!" ripeto, urlando.

Lui abbassa la testa e, passandosi una mano tra i capelli, si rimette la giacca e se ne va, lasciandomi da sola nel mio appartamento mezza nuda mentre il senso di umiliazione mi assale sempre di più.

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