CAPITOLO 11: Io ti troverò...

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Punto di vista di Riccardo.

Cerco Giulia a casa sua ma non c'è. Il portiere del suo palazzo mi dice che l'ha vista uscire ore fa. Lo ringrazio e rientro in macchina. L'ansia cresce sempre di più. Da quando ho saputo che aspettava nostro figlio e poi l'aveva perso qualcosa dentro di me è cambiato. Combatto tra il rancore che provo per lei e il ricordo dell'amore che avevamo condiviso e che, forse, lei ancora prova per me. Ma io? Cosa provo io per lei? Cazzo mi sento così confuso. Mentre guido mi accendo una sigaretta. Sono passati dieci anni; non so più niente di lei, non so neanche dove cercarla. Chiamo Francesco per chiedergli se l'avesse sentita nel frattempo. Mi dice di no e anche lui è sempre più nel panico. Mio Dio, mi sento così in colpa, l'ho trattata da schifo, ci sono andato giù pesante. Non avevo mai trattato così una donna prima di qualche ora fa, non mi ero mai spinto al punto di umiliarla e trattarla come un oggetto. E poi c'è la questione di quello che ho saputo su di lei che mi tormenta. Non so cosa fare, non so come affrontare questa situazione. Riccardo Celetti in crisi, è una cosa nuova per me e adesso sono come paralizzato, mi sento inutile. Cerco a Ponte Sant'Angelo ma niente neanche lì; vado al Colosseo, a Ponte Milvio... tutti i suoi posti preferiti ma niente. Forse nel messaggio, quando diceva di voler andar via, si riferiva al fatto che volesse partire per davvero, forse non si riferiva al fatto di volersi togliere la vita.

Volesse Iddio

Animato da questa nuova speranza, mi avvio verso la stazione Termini, quella principale. Guido come una furia, le mani mi tremano. Nel frattempo mi accendo un'altra sigaretta. Arrivo e mi catapulto dentro la stazione. La cerco tra le poche persone presenti a quest'ora; sono le 02.40 del mattino, pochi minuti fa è iniziato a piovere e questo non aiuta. Corro davanti ai binari nella speranza di vederla, sono al binario sette e lo supero. Poi però torno indietro, mi è sembrato di averla vista e in effetti è li, cammina lentamente verso lo sportello aperto del treno, vuole partire.

"Giulia!" mi sento urlare.

Lei si guarda intorno, confusa, poi mi vede. Non riesco a decifrare l'espressione che vedo dipinta sul suo viso: rabbia, delusione, disgusto? Non lo so, so solo che appena capisce che sto andando verso di lei scappa via, via da me.

"Non Giulia, fermati!" urlo mentre corro come un forsennato verso di lei ma lei non si ferma e sale sul treno. Il controllore fischia.

"No, no aspetti un minuto!" gli urlo e lui ferma il treno.

Salgo e corro dietro di lei e finalmente la raggiungo. La abbraccio da dietro e la stringo a me.

"Basta, basta scappare!" le dico, entrambi abbiamo il fiato corto.

La faccio girare in modo che stia di fronte a me. Ha tra le mani delle immagini e appena capisco di cosa si tratta sento una stretta allo stomaco fortissima. Erano le immagini di un'ecografia. Le osservo e, a quel punto, lei capisce che so tutto.

"Lui non c'è più... anche tu non ci sei più... non c'è più nessuno" dice, in modo confuso.

La guardo: è spaesata, disperata e io mi spezzo definitivamente.

Le prendo il viso tra le mani e le parlo dolcemente:

"Non è così, Giulia. Vieni via con me, vieni!" cerco di convincerla tirandola per le mani ma lei non si muove e comincia a dare in escandescenze. Urla che deve andarsene, che non vuole più vedermi e mi spinge via. A quel punto al diavolo tutto, la attiro a me e la stringo forte, come a volerla proteggere da tutto quello schifo che avevo creato. Dovevo proteggerla da me stesso e, giuro su Dio, ci sarei riuscito.

"Va tutto bene Giulia, ti prego perdonami..." le sussuro dolcemente all'orecchio e lei, a quel punto, sembra calmarsi.

Il treno parte e non so per quanto tempo rimaniamo abbracciati. Alla stazione successiva la convinco a scendere e lei mi segue, inerme, lo sguardo perso nel vuoto.

Chiamo Francesco, gli dico che l'ho trovata e gli chiedo di venire a prenderci. Lui, che nel frattempo aveva trovato qualcuno che lo sostituisse, non se lo fa ripetere.

Giulia non parla, è lì, su quella maledetta panchina e non dice una parola. Trema. Cerco di avvicinarmi ma, appena capisce cosa sto facendo sussulta e mi guarda con gli occhi sbarrati. Ha paura di me, ha fottutamente paura di me.

Cazzo se fa male il fatto che lei abbia paura di me!

Non voglio turbarla ancora di più e mi siedo ad una certa distanza da lei sulla panchina.

"Chi te lo ha detto?" mi chiede.

Mi dispiace mettere Francesco in questa situazione ad essere sincero, in fondo è una brava persona però non posso mentirle, e poi solo lui sapeva.

"Francesco..." dico.

Le trema il labbro inferiore e ricomincia a piangere. A quel punto al diavolo tutto, mi avvicino e la stringo forte a me, le appoggio delicatamente una mano tra i capelli e la tempia e la faccio appoggiare sulla mia spalla. Cazzo, è freddissima. Mi stacco un attimo da lei per togliermi la giacca per poi avvolgerla attorno alle sue spalle dopodichè la attiro di nuovo a me. Mi fa effetto averla vicino. Sono una persona orribile in questo momento considerata la situazione ma non posso farci niente, il mio corpo reagisce automaticamente a contatto con il suo e io mi maledico per questo. Mi limito a cullarla e accarezzarle i capelli. Cristo, sembra una bambina con quegli occhi pieni di lacrime e le labbra rosse e gonfie che adesso immagino siano caldissime e morbide. Già, sembra una bambina mentre io mi sento il più inutile dei padri. Almeno non ha più paura di me, la sento rilassarsi. Francesco arriva e corre verso di noi come una furia, si flette sulla ginocchia davanti a lei e la guarda dritto negli occhi.

"Mio Dio, Giulia" dice e lei, per tutta risposta, si appoggia con la fronte a quella di Francesco. Lui la aiuta ad alzarsi e la abbraccia.

"Va tutto bene, ssh va tutto bene" la calma lui.

Mi sento di troppo tra loro due adesso.

"Portami a casa..." dice.

Francesco annuisce e mi fa segno di seguirli. Mi siedo ai sedili posteriori della macchina di Francesco e, durante il viaggio, nessuno proferisce parola. Francesco mi porta a Roma Termini, la mia macchina e quella di Giulia erano lì. Lo ringrazio e lo saluto poi guardo Giulia.

"Aspetta..." mi dice lei, poi si rivolge a Francesco:

"Devo parlare con lui, mi capisci vero?" gli chiede.

Lui annuisce dolcemente e le posa un caldo bacio sulla guancia.

Non riesco a non infastidirmi, per quanto sia stupido.

"Grazie, ti voglio bene..." gli dice lei.

"Anche io te ne voglio Giulia, lo sai!" risponde lui dopodichè mi lancia uno sguardo di avvertimento. Colgo il senso del suo sguardo e annuisco con la testa come a dirgli di stare tranquillo. Di solito non sono così accondiscendente ma farò un'eccezione.

Scendiamo dall'auto insieme e Francesco se ne va.

"Andiamo a casa mia" dice Giulia, avviandosi verso la sua macchina.

"Si, ma andiamo con la mia macchina" rispondo e lei deve aver capito dal mio tono che non accetto obiezioni. Sembra stare meglio ma che mi tagliassero le palle se avessi lasciato che guidasse dopo averla vista in quello stato fino a un'ora fa.

Lei alza gli occhi al cielo, richiude le sicure della sua macchina e sale nella mia.

Salgo a mia volta e mi avvio verso casa sua.

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