CAPITOLO 19: Leggero

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Punto di vista di Riccardo


Mi sembra assurdo che sia gelosa. Sono dieci anni che mi rincoglionisco per lei e ora mi viene a dire che è gelosa. Beh, forse qualche motivo gliel'ho dato visto come l'ho trattata.

"Conosco un posto dove fanno una pizza buonissima. Che ne dici?"

"Si va bene" mi dice, sorridendomi timidamente.

Prima, quando le ho sfiorato leggermente il seno, le sue guance si sono colorate leggermente di rosso. Cristo, ha trent'anni e arrossisce come una ragazzina, la sua innocenza mi fa impazzire e sono felice che sia stata solo mia e di nessun altro.

"Quando sei tornato a Roma?" mi chiede.

"Cinque anni fa..."

"Cinque anni fa?" mi chiede, alzando leggermente la voce.

"Già"

"Mio Dio, non ti ho mai visto in giro..."

"Certo che no, stai sempre chiusa in ospedale!"

"No, non è vero. Io e Francesco usciamo spesso" risponde.

"Ah si? E quand'è l'ultima volta che siete usciti?"

Non risponde e fa una smorfia. Sarà stato una vita fa ma non vuole ammetterlo.

"Eccolo, andiamo!" le dico, cambiando discorso e avviandomi verso la pizzeria.

Mi piace questo locale, è carino, su ogni tavolo c'è una miniatura di un monumento di Roma con su scritto il numero, i colori preedominanti sono il rosso e il giallo ovviamente e ci si può sedere sia dentro che fuori. Combatto con Giulia affinchè ci sedessimo fuori, almeno lì posso fumare e, probabilmente, è proprio questo il motivo per cui non voleva sedercisi.
Ci sediamo e un cameriere ci porta i menù senza, ovviamente, evitare di lanciare uno sguardo di apprezzamento alla mia donna. Giulia, ingenua com'è, non se n'è accorta ma io si, e quello stronzo ha trenta secondi di tempo per andarsene allegramente a fare in culo prima che lo prenda e gli faccia pentire di aver portato il suo culo al nostro tavolo.

E meno male che era la sua gelosia a sembrare assurda. Questa come la chiami tu, eh Riccardo?

Merda, è vero. Vabbè, meglio non pensarci. Ordiniamo e nel frattempo mi accendo una sigaretta. Lei mi guarda male:

"Sei sempre il solito. Non dovresti fumare con il problema che ti ritrovi, è pericoloso e tu non vuoi capirlo e poi..."

"Hai finito?" la interrompo.

"No, non ho affatto finito. Non ci devi scherzare Riccardo tu non ti rendi conto!"

"Senti Giulia, io non ho bisogno di una madre che mi tenga a bada. E poi te l'ho detto, non voglio che ti preoccupi di niente se non di te"

"Dovresti mettermi in condizioni di farlo. Dov'è la dieta che ti ho dato?" mi chiede.

"Ah si, eccola..." dico estraendo dal portafogli un foglio tutto spiegazzato e maltenuto e porgendoglielo. Se fossimo in un cartone animato giapponese in questo momento gli occhi le sarebbero diventati tutti bianchi con delle fiamme gialle, i detti a punta e sarebbe comparsa una nuvola con dei fulmini sopra la sua testa; è fuori di se. Saprei io come farla calmare ma scaccio subito quel pensiero.

"Da domani berrò Danacol, promesso" le dico cercando di farla sorridere. Ci riesco e mi sento sollevato. Il suo sorriso ha il potere di fare andare tutto al suo posto per me.

Arrivano le pizze e iniziamo a mangiare. La guardo lottare con la mozzarella che non voleva saperne di smetterla di filare.

"Ma è buonissima!" dice.

"Si, lo è" rispondo, continuando a mangiare la mia.

Arriviamo a metà sia io che lei dopodichè, senza dirci niente, alziamo lo sguardo l'uno verso l'altro. Sorridendo ci scambiamo i piatti delle pizze in modo tale che lei continui a mangiare la mia e io la sua. Lo facevamo sempre e sono felice che lo ricordi. A un certo punto la vedo avvicinarsi di più a me, mettermi una mano tra i capelli, attirarmi a se e baciarmi. Un bacio vero, appassionato, intenso. Ci guardano tutti ma non me ne frega un cazzo. Ricambio il bacio e le mordo il labbro, la sento gemere e capisco che mi vuole. Cristo, anche io la voglio da morire.

"Mi sei mancato da morire" mi dice e Dio solo sa la sincerità che le leggo negli occhi.

"Anche tu" rispondo mettendo da parte il mio orgoglio. Continuiamo a mangiare e non so per quanto tempo resto in silenzio. Mi aveva detto che mi amava. Io non le ho detto niente. La verità è che non so cosa provo, non so dargli un nome. Lei dal canto suo non mi chiede niente ma io lo so che ci pensa, non sarebbe lei se non ci pensasse. E' intelligente e sensibile, dovrebbe sentirle certe cose ma è talmente insicura che, quando si tratta di me e lei, vuole sentirsi dire ogni cosa. Vorrei farlo, vorrei toglierle quella piccola ombra di insicurezza dagli occhi ma non ce la faccio, proprio non riesco a dare forma e voce al casino che ho dentro.

"A che pensi?" mi chiede.

"Niente niente. Ti va un caffè?"

"Più un gelato" mi risponde con quella espressione buffa.

"Bene, andiamo!"

Pago il conto e andiamo a prendere il gelato. Si fa un cono all'incirca di trecentocinquanta grammi. Cioccolato ovviamente, golosa com'è. A un tratto sento freddo sul naso. Mi aveva cosparso il naso di gelato al cioccolato.

"Sei con me o cosa?" mi chiede e io realizzo che ancora una volta mi sono perso nei miei pensieri.

"Si, scusami"

Per tutta risposta mi si avvicina e mi passa la lingua sul naso. Cerca di essere sensuale e io so benissimo a che gioco sta giocando. Considerato il commento che mi ha fatto al negozio di dischi capisco che il fatto che stamattina mia sia allontanato da lei non le è andato giù per niente. Sto al gioco e chiudo gli occhi. Quando finisce di portare via il gelato si allontana e come se nulla fosse inizia a passeggiare. La guardo da dietro e sorrido. Devo parlarle, devo farlo. Mi avvicino a lei e la prendo per mano.

"Giulia ascolta, dovrei parlarti di una cosa..."

Lei si irrigidisce e si gira verso di me.

"Di cosa?" mi dice con il contorno della bocca sporco di gelato. E' così buffa, talmente buffa che tutto il coraggio che avevo accumulato si sgretola.

"Ehm, niente me ne sono dimenticato" mento.

Lei mi osserva guardinga:

"Sicuro?" mi chiede e nella sua voce posso sentire l'angoscia. Ha dubbi su di me, su di noi ma non deve. E' vero, non so dare un nome a quello che provo ma non sono pentito anzi, sono felice e voglio che lei lo sappia. Velocemente le pulisco anche io le labbra posandole un bacio cercando di alleggerire la tensione.

"Si" rispondo attirandola a me e accarezzandole il naso con l'indice.

Non è convinta ma lascia perdere e gliene sono grato. La giornata trascorre così ed io era da anni che non mi sentivo così leggero.




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