*Capitolo 1*

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Tento invano di ignorare le urla di mia madre, mi giro e mi rigiro nel letto ancora per qualche minuto.
Quando non ne posso più scosto le lenzuola bianche e mi stiracchio tutta; gli scatoloni del trasloco sono ancora sparsi per la mia camera, è tutto in disordine. Ormai è il terzo giorno che a darmi il buongiorno non è l'odore del caffè, bensì la sensazione di rassegnazione che provo non appena mi guardo intorno.
Ed è proprio di mattina che sento profondamente la mancanza del mio paesino.

Dopo essermi concessa ancora qualche minuto a fissare le pareti bianche, anonime e distaccate della mia nuova stanza,
cosa che avrei imparato ad evitare,
mi precipito in bagno, mi guardo allo specchio e non mi riconosco: ieri ero così stanca che non mi sono  nemmeno struccata; così sciacquo il viso e lavo i denti.
Dopodiché torno in camera ed apro l'armadio ancora semivuoto, scelgo un paio di jeans scuri ed una semplice canotta a righe; infilo le mie amate converse ai piedi, e preparo mio eastpak grigio per la scuola.
Spazzolo frettolosamente i capelli e sono pronta.
Scendo di corsa giù per le scale, purtroppo sono costretta a rinunciare alla colazione, saluto la mamma con un bacio sulla guancia, faccio lo stesso con Giorgio, mio fratello maggiore, e mi dirigo verso scuola.
Spero di arrivare in orario, ieri ad esempio, mi sono svegliata decisamente troppo tardi.
Mi incammino per la vecchia stradina che porta dritta in piazza, da lì mi basterà girare a sinistra e sarò arrivata.
Camminando penso a quanto la mia vita sia cambiata ultimamente, il trasloco, i nuovi amici, la scuola, tutto.
Accellero il passo,
forse penso troppo.
Ecco la mia scuola, nonostante sia estremamente legata alla mia vecchia aula ed ai miei compagni, qui tutti mi trattano bene, con gentilezza, e mi chiedo se una volta ambientata sarà lo stesso.

La professoressa deve ancora arrivare, sono rimasti solo due posti liberi: uno in fondo, vicino Diana: non ho ancora avuto l'occasione di conoscerla, ma all'apparenza mi sembra una ragazza simpatica, forse troppo loquace.
L'altro posto è posizionato in seconda fila, accanto la ragazza dai capelli rossi, palesemente tinti, dagli occhi azzurri: essi trasmettono un non so che di disastrosamente triste.
Indossa una canotta stretta ed gonna semplice, bianca e a pieghe, non conosco il suo nome, non l'ho mai vista.
Sono qui da pochissimo, si sarà assentata, o magari è nuova, proprio come me.
D'altronde non ha importanza, mi siedo vicino Diana e sistemo la mia roba sul banco: questa volta è la prof a non essere puntuale.

Eccola che arriva, tutta indaffarata.
"Perdonate il ritardo ragazzi."
Ed intanto chiude bruscamente la porta alle sue spalle, si dirige verso la cattedra e prova inutilmente a fare ordine fra le mille carte che invadono il suo spazio.
Finalmente si siede; sembra aver vinto il disordine dopo una straziante ed infinita lotta con la sua cartellina rosa e tutti fogli che essa conteneva.
Appoggia la cartellina nera sulle gambe, scavando trova miracolosamente la custodia dei suoi occhiali.
"Cominciamo la lezione adesso."

Così passano l'ora di latino, storia, letteratura, algebra, fin quando non ne posso più.
Mi distraggo disegnando sul retro del mio quadernino, e così mi ritrovo a scrivere di me, dei miei cambiamenti, racchiudendo tutte le mie emozioni in poche righe...portando alla memoria altre frasi, le mie preferite. Poesia,confusione, tutti i desideri, si fanno sentire fra le righe di esse, ed io amo assaporarne il significato, immagino di poter scrivere un libro un giorno,un libro che parli di me e di chiunque lo legga. Io voglio scrivere. Portare le mie emozioni su carta,renderle mie e di tutti allo stesso tempo.
Ecco chi sono. Una pagina di diario mai scritta, non ancora letta.

*DRIIINN*
La campanella della quarta ora mi riporta alla realtà. Faccio distrattamente cadere la mia matita dal banco, così Diana me la porge dopo averla raccolta da terra.
"Ecco, deve essere tua."
mi dice sussurrando, per evitare di attirare l'attenzione della prof, ancora inchiodata alla sua cattedra.
"Grazie..."
Rispondo timidamente.
Lei sorride, ed io penso che magari potremo essere amiche, se non fossi così spaventata.
Magari riuscissi ad essere spontanea come Giorgio, che già è riuscito a farsi amici, lui non ha problemi nell'avviare una conversazione. A ripensarci io e mio fratello siamo l'opposto, non solo caratterialmente:
lui alto, biondo, occhi scuri e sempre sorridente, mentre io,
non sono particolarmente alta, capelli rossi, o meglio mogano, occhi verdi e sono leggermente più complicata, timida.

*DRIIINN*
Fine delle lezioni.
Finalmente,
oggi non sono proprio in vena di studiare.

Mi avvio verso il mio armadietto,eh già,non avevo mai avuto un armadietto tutto mio!Devo dire che è una bella idea,non devo portare avanti e indietro i libri troppo pesanti.
Vedo Diana che si avvicina,faccio finta di nulla,la aspetto.

"Hey,tu sei Beatrice giusto?"
Chiede entusiasta.
"Si,sono io"
*sorrido*
"Sei nuova qui,ed ho pensato che ti servisse compagnia.Che ne dici di un gelato?Oggi pomeriggio semmai."
Mi sembra una bella idea.Sono felice che sia stata lei a fare il primo passo.
"Per me va bene!"
*Su un pezzetto di carta segna il suo numero di cellulare*mi porge il biglietto:
"Allora ti chiamo io,verso le 17:00 possiamo vederci in piazza.Ti mostro un po'Roma eh?"
Ridacchia,ed io sorrido.

Diventeremo amiche.

Torno a casa,e mi sento fortunata ad aver conosciuto Diana.
Sento che Roma non è poi così 'spaventosa' come immaginavo,e che basta poco per pensare positivo,e che,nonostante tutto,ho qualche speranza di inserirmi in un gruppo.
Apro la porta della mia camera e mi butto sul letto.Decido di chiamare Catherine:la mia migliore amica...
"Hey Bea,finalmente ti fai sentire eh.Qui...manchi"
Ride,sa che la chiamo quando posso...ma subito si intristisce ed io smetto di sorridere.
"Cat,anche voi mi mancate."
Si fa seria.
"...Come farò senza voi?"
aggiungo,e mille pensieri si fanno strada nella mia mente.
Mi sento incompleta.
"Cat,ho paura di perdervi,tutti,e te...io..."
"Bea,noi ti vorremo bene anche da qui,IO ti vorrò bene anche da qui,ci sarò sempre,e ti verrò a trovare spesso.Ma ora smettila di pensare a me,o a Matteo,o a chiunque sia.Vivi la tua vita,ed inizia da ora.Roma è bellissima,conoscerai nuove persone e sarai felice!Ed io ti sarò sempre accanto,anche se non fisicamente."
Il discorso fila liscio,so che è un suo sfogo,ed ha ragione.

Così le sue parole mi colpiscono,lei è proprio brava a dar voce ai suoi pensieri...vorrei raccontarle di Diana e degli armadietti,e della prof,e della mia camera,di tutte queste stupide cose,che vorrei troppo condividere con lei.Lascio stare...

"Grazie"
Mi limito a dire.
"Di cosa?..."
"Di esserci sempre,di volermi bene...e"

Mi interrompo,non voglio piangere.
Ma quando mi accorgo che dall'altra parte Catherine singhiozza,non posso far altro che unirmi al suo pianto.
So che non sarà la stessa cosa...

Quando papà mi annunciò serio che ci saremo dovuti trasferire per motivi di lavoro,raccontai subito tutto a Cat,e lei mi strinse forte a se...
"Ci sarò."

E lo ripetè quando le chiesi di aiutarmi con le valigie, e lo ripetè alla stazione...
E le voglio troppo bene.
E penso che se per pensare positivo basta poco, in questa vita basta ancora meno per sentirsi persi.

Mentre non c'eri. #Wattys2016Where stories live. Discover now