•Capitolo III

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Sono passati giorni da quando ho visto Derek per l'ultima volta; da quando gli ho rivelato la verità su sua madre non si è più presentato a scuola, inutile dire quanto mi senta in colpa.

Ho agito male, non c'è che dire; non avevo idea che la sua reazione fosse così drastica, spero solo che non commetta sciocchezze. L'ha ucciso?

I suoi occhi erano colmi di angoscia, sorpresa, tristezza. Cosa avrei dovuto fare? Non potevo tenerglielo nascosto, sarebbe stato un torto nei suoi confronti e un insulto all'ex sovrana dei noxious.

Spero solo che prima o poi gli passi, che non ne rimanga devastato a vita; non corre questo rischio, giusto? Non me lo perdonerei mai.

Alzo il viso, guardando senza neanche prestare attenzione il professore di musica spiegare qualcosa, credo stia parlando del pianoforte.

— Tu lo suoni, Jennifer? — chiede alla ragazza mora in prima fila, che cade dalle nuvole appena sente il suo nome.

Sbatte gli occhi, boccheggiando varie volte. — C-Cosa? — mormora smarrita.

Il professore sbuffa infastidito. — Il pianoforte. — ribatte. — E una nota disciplinare anche per Jennifer. Siamo a quota sei nell'ultima mezz'ora, vi rendete conto? Oggi siete tutti su un altro pianeta — borbotta frustrato. — Accidenti, non ho ancora fatto l'appello... non importa, manca qualcuno? Aspettate... scommetto che manca il vostro compagno, non è vero?

— Già — afferma Alya. 

— Che scocciatura... quello mi rovina le lezioni anche quando è assente. Va bene, per oggi è finita qui, ripassate il capitolo quattro, d'accordo? — annuncia, mentre tutti si alzano per ritornare in classe. — Già, buona giornata... — borbotta, giusto per dire qualcosa. 

Raccolgo i miei quaderni e con fare sconsolato ritorno in classe, seguendo la massa di studenti che va nella stessa direzione. Mi sento abbattuta.

Senza neanche accorgermene i miei pensieri cambiano il loro corso, ruotando intorno al mio regno; se ci fossero stati dei problemi, mio padre mi avrebbe avvertito, ma credo che ora sia un po' fuori. Spero stia bene.

Mi risveglio dal mio stato catatonico entrando in classe, dove un'altra ora di noia mi aspetta. Cosa ci dovrebbe essere ora? Forse lettere, o trigonometria, non mi ricordo.

Sbatto i libri sul banco con la delicatezza di un elefante, aspettando l'insegnante di turno che però non arriva.

Mi guardo intorno, le persone non si curano minimamente dell'assenza del professore, anzi, molti esultano per l'ora libera. Eppure... i miei sospetti non scompaiono; perfino il silenzio tombale all'esterno dell'aula è molto insolito.

Mi alzo di scatto, appoggiando le braccia tese sul banco. — Uscite tutti fuori! — grido infine, dopo aver realizzato cosa sta succedendo. Qualcosa di... sbagliato.

— Cosa? Che hai? — domanda qualcuno tra le risate.

Mi spazientisco. — Ora! — affermo nuovamente, questa volta usando i miei poteri per ipnotizzarli e farli annuire all'unisono in un modo davvero inquietante.

— Ab? Cosa c'è? — chiede la mia migliore amica piuttosto confusa.

— Ascoltami, ho un brutto presentimento, credo che... — inizio motivata, ma prima di concludere la fare Alya si paralizza, la sua pelle assume una colorazione azzurrina, mentre minuscole perle di ghiaccio si cristallizzano in bilico sulle sue ciglia. Le sue labbra sono cerulee.

Sussulto, osservandomi intorno; tutti sono ridotti in questo stato, persino Thomas. Come è successo? Mi abbasso fino a terra, tastando il sottile strato di ghiaccio che ricopre il pavimento; esso si ingrossa, si infittisce in corrispondenza delle gambe di ciascuna persona, ramificandosi attorno al polpaccio di ognuno; evidentemente chi viene a contatto con questo strano ghiaccio è congelato da esso.

AshedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora