•Capitolo XXXIII

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Osservo le pareti della mia stanza. Riccamente adornate e, al contempo, di uno spoglio squallore. Il mondo intorno a me pulsa di luce. Ma io non riesco a vederla.

Sarebbe troppo semplice dire che adesso mi sento vuota, perché non è così. Le mie fondamenta sono crollate, perciò dentro di me ci deve essere qualcosa. Solo detriti.

Qualcuno bussa alla mia porta. Qualcuno continua a insistere, a non voler che il mondo si svuoti di quella luce. Per me è indifferente.

L'indifferenza mi risucchia, un'apatia che mi devasta. Sospiro e, dopo un lasso di tempo indefinito, mi alzo dalla testiera del letto e apro la porta della mia camera. Di fronte a me osservo mio padre guardarmi in attesa di una mia reazione. Che, tuttavia, non avviene. ― Padre.

― Abigail ― comincia. ― Credo sia meglio che tu ora ritorni sulla Terra.

― Va bene. Suppongo che non ci rivedremo prima della Scelta.

― Credo proprio di sì. Derek è nel mio studio insieme a Victor.

― Perfetto. Stammi bene.

― Anche tu.

Mi dirigo verso lo studio di mio padre e in meno di un minuto sono lì. Appena entrata vedo Derek e Victor lanciarmi pressappoco lo stesso sguardo, sebbene quello di Derek sia notevolmente più preoccupato. Gli rivolgo un sorriso che, contro il mio volere, mi riesce piuttosto freddamente. ― Possiamo andare ― mormoro. Annuisce e, dopo aver salutato suo padre, si aggrappa al mio braccio cosicché possa smaterializzare entrambi sulla Terra. Una volta arrivati, noto che siamo nel soggiorno di casa e che qui è quasi l'alba. Mi abbandono in un pesante sospiro mentre accendo le luci della sala senza proferire parola. Percepisco lo sguardo di Derek su di me ma non davvero cosa dirgli, così protraggo questo lancinante silenzio il più a lungo possibile. ― Magari mi ha raccontato un altro mare di menzogne per eludere un'altra verità... ormai non lo so più ― sospiro a un tratto.

― Magari può aver mentito su di lui, ma sul tuo conto sono sicuro che non lo abbia fatto. Sei davvero una noxious.

Mi lascio cadere sul divano e osservo il suo sguardo rischiarato dalla luce fredda della lampadina. ― Come fai a saperlo? ― sbotto, ma non con l'intensità con la quale avrei voluto. Persino con la mia decisione il mio tono di voce appare piuttosto fiacco.

― Quando ti stavi trasformando ho visto i tuoi occhi, Abigail. Erano rossi. E ti assicuro che quelli non erano gli occhi di una strega.

― Da quando conosci così bene le streghe a parte Alya e... ― Sto per aggiungere: «me», ma all'ultimo le mie labbra si cuciono e sul mio volto compare un dolore striato di amarezza. Forse l'amarezza che provo è dovuta a questo vuoto senso di appartenenza che un tempo era il mio orgoglio. L'orgoglio di essere Regina, l'orgoglio di essere parte integrante del mio popolo, l'orgoglio di essere una strega. E ho la certezza che non potrà mai essere compensato con nulla, perché ora non sono né una strega, né una noxious. Forse non sono nulla.

― Non conosco le streghe, ma conosco i noxious. E, Dio, Abigail, c'era così tanta disperazione nel tuo sguardo. Una disperazione che possediamo solo noi ― mormora. Non so come ribattere, perciò resto in silenzio. Dopo qualche secondo Derek si siede al mio fianco ed entrambi osserviamo, al di là della finestra, il sole macchiare di arancione il cielo gelato.

Le nostre labbra sono vuote per molto tempo.

― Abigail ― La voce di Derek mi appare dura e spenta. ― Come stai?

― Sinceramente questa mi sembra la domanda più stupida che tu mi potessi fare ― bisbiglio.

― È che non so cosa dire.

AshedWhere stories live. Discover now