•Capitolo XVIII

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Sfioro la mano di Alya per provare a spostarla dal viso sfregiato di Cathrin, ma al primo tocco mi ritraggo: la sua pelle è bollente, molto più di quanto una normale strega sarebbe capace di fare. Osservo il palmo della mia mano, sulla quale ora è presente una macchia rossastra per la bruciatura.

Non ho mai visto la mia migliore amica così tranquilla: dopo aver spostato la mano di sua spontanea volontà, si raccoglie i capelli, sfibrati come una corda sfilacciata, in una coda bassa per mascherarne la lunghezza stranamente più accentuata. Stranamente, certo. La ragione è chiara e nebulosa allo stesso tempo, qualcosa di inafferrabile e palese che si sbatte di fronte al mio viso in segno di scherno.

Trasformazione completa. Nulla mi è mai sembrato più lontano di queste due semplici parole, un traguardo che non riuscirò mai a tagliare. Non ho mai sfiorato questa potenza, questa forza interiore che in me è del tutto assente. Né qualcuno ne ha mai fatto parola in mia presenza. Non ho mai trovato il mio mondo così distante da me, e devo ammettere che tutto ciò mi frustra.

Come faccio a governare un regno che nemmeno conosco?

— Mi reggerai il gioco? — sussurra al mio orecchio. Mi volto e la fisso negli occhi, con sguardo deciso.

— Sempre — mormoro, prima che i professori ci circondino.

Sono tutti molto differenti tra di loro, ma solo una cosa è in comune in questo marasma: la paura che aleggia nel loro sguardo mi fa capire che soltanto metà della loro reale attenzione è rivolta verso di noi. Non avremo molta difficoltà a scagionarci, anche perché noi, ai loro occhi, siamo semplicemente due ragazzine, che mai sarebbero riuscite a compiere tale scempio.

— Che cosa succede q-- qualcuno chiami un'ambulanza! — grida un professore più determinato rispetto a gli altri, che in questo momento non sta tremando come un fuscello. — E voi? Che ci fate qui? Sapete che cos'è successo? — domanda con tono aggressivo. Forse ho sottovalutato la situazione.

Quando il mio coraggio viene a mancare, subentra quello di Alya: interiormente non si scompone, ma all'esterno crolla e scoppia in un pianto a dirotto. Non s'impegna più di tanto nella sua recita, sa bene che, versate due lacrime, tutti cadranno ai suoi piedi; è solo infastidita perché avrebbe voluto ammazzarla.

Il mio sguardo diventa vuoto e si sposta sul corpo inerme di Cathrin, il suo petto si alza a fatica e la sua pelle è lacerata in vari punti da colpi inferti con artigli lunghi e affilati. Lascio correre lo sguardo e questo si posa sulla striscia di sangue che percorre da parte a parte la guancia destra di Cathrin, cicatrice che dovrà portare sicuramente per il resto della sua vita.

Alya mormora qualcosa fra i singhiozzi e capisco che è il mio momento per entrare in scena. — Q-Qualcosa ci ha attaccati... — mormoro, la mia voce è rotta. — È... è stato te-terrificante — balbetto incontrollatamente, mentre i miei occhi si offuscano per le lacrime che stanno per sgorgare. Perfetto.

Il mio respiro si fa pesante e il professore addolcisce lo sguardo; probabilmente gli devo fare pena, ma non m'importa. Abbiamo fatto centro. — Va bene, va bene... calmati, per piacere. Vuoi un bicchier d'acqua?

Scuoto la testa tremando, quando qualcuno strilla e il mio sguardo si alza di pochi centimetri. La mia paura diventa, da pura finzione, a terribile realtà.

Derek si sorregge al muro e tiene il braccio sinistro stretto, forse per bloccare l'afflusso di sangue, visto che ormai la sua camicia è fradicia e di un colore scarlatto. Il suo viso è chino e sembra addirittura più pallido del solito. Molte ragazze tentano di avvicinarsi a lui, in preda alla classica frenesia da 'crocerossina', ma lui sussurra semplicemente: — Vi prego, allontanatevi. Ho solo bisogno... di respirare.

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