•Capitolo XXX

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Ritorno a casa con una strana pesantezza allo stomaco e percorro il tragitto senza pensare. Letteralmente, i miei pensieri sembrano essersi congelati all'interno del mio cervello. Soltanto quando varco la porta di casa mi apro in un pesante sospiro e la tensione dentro di me si dissolve.

Quando chiudo la porta, Thomas, sdraiato prima sul divano, alza il busto. ― Ah, eccola qui. Da quanto salti con così tanta frequenza la scuola? ― osserva divertito.

― Ma piantala. E poi, comunque, qui ci sei anche tu ― esclamo stanca, come avessi improvvisamente esaurito la voglia di fare conversazione.

― Hai visto Alya? Pensavo fosse con te.

― Beh ― comincio, sedendomi al suo fianco, ― ci siamo incontrate a Relicanth e per qualche minuto è stata con me, ma poi... ci siamo divise, ecco ― Appoggio la schiena sul cuscino e il mio corpo si scioglie.

Thomas decide di non approfondire e gliene sono grata. ― E tu, invece? Perché non sei con Derek e Isabelle da Eric?

Improvvisamente si rabbuia. ― Oh, beh... c'erano già molti medici, e io, insomma... non servivo più ― bisbiglia.

― Mi spiace, Tommy ― mormoro.

― Oh, ma non mi hanno cacciato, se è questo che intendi! In realtà me ne sono andato io perché mi sentivo un po' di peso. E poi non credo che a Eric interessasse molto la mia compagnia, quanto più quella di Alya, ma lei se n'è andata quasi subito. Quindi credevo fosse con te ― conclude. ― Ma che hai fatto fino ad adesso?

― Oh, nulla, non ti preoccupare ― minimizzo, ma lui non sembra voler arrendersi per così poco.

― Andiamo, Abby! Non tagliarmi fuori anche tu, ormai lo fanno tutti ― bisbiglia.

Normalmente la carta vittimismo non mi incanta neanche un po', ma adesso non esito a rivelargli ogni più piccolo dettaglio delle mie ricerche. Forse non serviva nemmeno che mi pregasse. In fondo avevo bisogno di parlare con qualcuno.

Alla fine del mio racconto, la sua espressione è dubbiosa. Appoggia il mento sul pugno chiuso e riflette per qualche secondo. ― Va bene. Okay. Quindi Avior è il bambino il quadro? Sospetti che c'entri qualcosa con l'epidemia attuale?

― Forse, non lo posso dire con certezza. È solo che... è tutto così confuso e segreto. Ho dovuto cavare di bocca a mio padre anche solo due parole, ma poi si è rifiutato di dirmi altro. Che cosa dovrei fare secondo te?

― Wow. Abby, devi assolutamente parlarne con tuo padre. Non c'è storia. Sei l'unica a sapere una cosa del genere – beh, a parte me adesso – perché sono piuttosto sicuro che tu sia l'unica ad essere andata così a fondo ― constata, mentre mi ritrovo involontariamente ad annuire. ― Perché usare il nome di suo padre?

― Non lo so. Forse per non farsi ritracciare ― mormoro. ― E poi c'è stato anche l'incendio. Non lo so... mi sto confondendo persino io.

― Motivo in più per andare da tuo padre. Chissà se hanno ritracciato i responsabili dell'aggressione al tuo ballo.

― Bella domanda ― bisbiglio. ― A proposito, c'è una cosa che non ho rivelato a nessuno: quando stavo scappando, al ricevimento, ho notato sulla scala due vecchi fissare la carneficina quasi... con piacere. Credi possano centrare in qualche modo? ― domando.

― Oddio, non lo so. Probabile. Comunque, Abby, perché riveli tutte queste cose a me e non a Derek?

Mi apro in un sorriso nervoso. ― Beh, ecco...

― No! ― scatta, ancor prima che inizi a parlare. Spalanca la bocca in un'espressione quasi sofferente. ― Non dirmi che vi siete lasciati!

Alzo gli occhi al cielo ma per un millesimo di secondo il terrore mi assale. Tuttavia è troppo rapido perché mi possa davvero preoccupare riguardo la veridicità di questa opzione. ― No, è che... al ricevimento ho incontrato Avior e mi ha baciata ― Dirlo ad alta voce mi fa un certo effetto. Un orribile effetto. ― E ho tutte le ragioni per pensare che Derek l'abbia visto.

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