•Capitolo XXXVI (Alya) - (Quasi) tutto per un panino (pt.2)

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Capitolo un po' disagiato hahah buona lettura!

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Osservo la sua pelle grigiastra: sulla fronte è tesa come la pelle di un tamburo, imperlata di gocce di sudore. Perfino adesso, nonostante sia disteso sul suo letto a tre piazze, adagiato su lenzuola di seta, l'immagine del suo corpo morente al ballo non può fare a meno di balenarmi in testa.

E quando l'ho visto, ho sentito i miei occhi quasi spezzarsi e poi irradiarsi di sangue. È stata la prima volta in cui ero cosciente che si stessero schiarendo. E mentre un calore assurdo scavava a ritmo incessante il mio corpo, desideravo solo una cosa.

Vendetta.

Scuoto la testa e lascio che i miei ricci biondi si scompiglino ancora di più, mentre poso il mio sguardo sul ragazzo che ho di fronte. Eric si gratta con distrazione la guancia sinistra, poco al di sopra del neo che spicca sotto il suo occhio. Sospira un paio di volte e infine mi degna della sua attenzione. ― Allora? ― prorompe, d'un tratto.

― Allora cosa? ― sbotto a mia volta. ― Fammi capire: hai tirato giù il mondo per questo appuntamento e adesso che ne hai la possibilità non sai nemmeno dove o che cosa fare?

― Innanzitutto vorrei specificare che non ho tirato giù il mondo perché, al contrario di ciò che tu pensi, non sono affatto un disperato.

― Eric... ― biascico.

― In secondo luogo ― persiste, ― Avevo una località decente, ieri sera. Il mio programma perfetto tuttavia è andato a farsi fottere, quindi l'opzione migliore che abbiamo è andare al parco a drogarci con gli scoiattoli. Per te va bene?

― In realtà questo è sempre stato il mio sogno ― vaneggio.

― Perfetto. È che in questo buco di schifo di città non c'è nulla. Oh, guarda, c'è addirittura un Caffè! Questo è gran lusso!

Mi apro in una risata leggera. ― Resto sul parco, grazie. Mi piace la natura ― esclamo, per chissà quale motivo, raggiante. Tossisco un paio di volte e punto il mio sguardo nel suo. ― Se per te va bene ― aggiungo.

― Certo ― bofonchia, con un'alzata di spalle. Iniziamo a incamminarci verso il suddetto luogo senza, essenzialmente, spiccicare parola. Oltrepassiamo il mercato di metà mattina, l'unica variabile che sembra voler dare una botta di vita a questa città, e imbocchiamo il sentiero sterrato che conduce a una natura più semplice e selvaggia, per quanto sia possibile poiché nel cuore della città.

I pini, gli abeti e i faggi sono i protagonisti di un paesaggio che, adesso nello specifico, sembra quasi deserto. Non c'è in giro praticamente un'anima, non contando un grassone sulla mezza età che fa jogging, strizzato in una tutina di tessuto sintetico viola - io mi chiedo come possano esistere certi soggetti - e una vecchietta avvolta in una pelliccia che porta a spasso il suo barboncino con una sigaretta tra le labbra.

A un tratto sembra che le traiettorie di questi due individui si stiano per incrociare, e in effetti è così. Sto per distogliere lo sguardo quando accade qualcosa di singolare: la vecchietta tira fuori con un abile gesto una Colt Magnum 357 dalla borsetta e la punta verso il grassone che, attonito, la fissa senza parole. ― Dammi tutto quello che hai se non vuoi ritrovarti un proiettile nel culo ― ringhia con voce gracidante, mentre l'uomo svuota il suo marsupio con mani tremanti nelle mani smaltate di rosso della donna. ― E ora continua a correre, ciccione! ― esclama derisoria, continuando a puntarlo con la pistola. Il ciccione non se lo fa ripetere due volte e scappa a gambe levate. La vecchietta esamina il bottino con una smorfia che le arriccia le labbra sottili, come a dire: «Che sfiga. Quella merda non ha fruttato molto.»

AshedOnde histórias criam vida. Descubra agora