•Capitolo XVI

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— Come ti senti?

— Ah, che dire, ho metà gamba maciullata... ma per il resto benone — Alzo le spalle. Derek non riesce a trattenersi nell'alzare gli occhi al cielo mentre preme le sue mani sulla mia pelle squarciata. — Mi fai domande stupide — borbotto, provando a giustificarmi per il mio sarcasmo.

Siamo nell'infermeria del palazzo, uno stanzone lungo e stretto isolato dal resto delle stanze lussuose e nascosto agli occhi di uno spettatore qualsiasi. Il marmo lucido e nero del pavimento e delle pareti mi fa venire i brividi; è una strana antitesi considerando il fatto che l'ambiente nel complesso è piuttosto asettico.

— Derek... — mormoro, mentre nel frattempo si è alzato per andare verso un armadio di vetro. — Mi puoi spiegare perché diavolo ad un certo punto avevi gli occhi gialli? — sbotto, ma l'intensità della mia voce decresce appena lo vedo prendere una siringa con un ago lungo almeno dieci centimetri. — È uno scherzo, vero? — domando con un filo di voce, sentendo il cuore accelerare automaticamente nel mio petto.

— Purtroppo no... — afferma distratto, mentre rovista tra i cassetti fino a quando non trova un canovaccio.

— Va bene, perfetto... sono stata colpita un miliardo di volte, riuscirò a sopportare una puntura — Alzo le spalle ostentando indifferenza, anche se in realtà la voce mi trema.

— Buon per te, perché farà un male cane — dice come se niente fosse, mentre io sgrano gli occhi.

— Ma che carino! Viva la sincerità, eh? — mormoro a tratti. — Prima, però, rispondi alla mia domanda: come diavolo... cosa... che cavolo eri?!

— Oh, quella era la mia trasformazione completa — afferma con una nonchalance da farmi impazzire. Lo guardo in attesa di una risposta più esaustiva, mentre lui ricambia allo stesso modo. — Ah, giusto, forse da voi non esiste — constata tra sé e sé, sedendosi in modo scomposto su uno sgabello di fronte a me. — La trasformazione completa è l'apice del nostro potere, per cui essi si riflettono anche sul nostro aspetto fisico. La prima volta si innesca quando l'emozione che si prova in quel momento è nella sua massima forma, che sia rabbia, odio, tristezza o anche... sì, amore. Con molta pratica ed esercizio si può riuscire a manipolarla a proprio piacimento per arrivare a trasformarsi completamente in ogni momento desiderato. — conclude, scendendo dalla sua seduta momentanea e abbassandosi all'altezza del mio polpaccio. Mi passa lo straccio, che io accetto titubante. — Mordilo, ti aiuterà a soffocare le grida. Tienimi la mano — conclude, ma prima che riesca a prepararmi psicologicamente l'ago è già dentro la mia pelle.

Le mie grida irrompono nell'aria lacerandone la quiete, anche se riesco a sentirle a malapena, mentre lacrime mi colano fino a sporcarmi il viso. Il canovaccio non serve a molto, se non a procurarmi un ulteriore male ai denti; riesce a soffocare le mie grida solo in parte perché il resto è al di sopra del mio controllo. Stringo la sua mano finché non mi fanno male le dita.

Quando finalmente estrae la siringa dalla mia gamba, sputo lo straccio e mi accascio sul lettino, osservando il soffitto spoglio che incombe sopra la mia testa. Mi asciugo le lacrime e, alzando il busto, osservo il mio polpaccio, ora senza nemmeno un graffio. — Come hai fatto? — domando, tastando la pelle liscia senza provare alcun dolore.

— Quanti ne hai trovati? — domanda a sua volta, e per un momento non capisco a cosa si stia riferendo. Ci impiego un paio di secondi ad elaborare che allude a quegli orribili esseri nel passaggio sotterraneo.

— Un bel po' — mormoro evasiva, non riuscendo a rammentarne il numero preciso. — Scusa... ma quindi eri a conoscenza dell'esistenza di quel passaggio?— domando sgranando gli occhi, mentre lui si lascia sfuggire un sorriso lascivo.

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