•Capitolo XXXV

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Chiudo gli occhi, assaporando le tenebre, macchiate di colori freddi e spenti, che si rivelano una volta che la vista viene a meno. Stringo le dita e le mie mani si macchiano di erba, mentre raffiche di vento, in una corsa sfibrante, mi sferzano i capelli, il volto.

Eppure sono felice.

Mi sono sempre chiesta quale fosse il tempo atmosferico ideale per me, e ho sempre dato un'unica risposta: se avessi potuto rinchiudermi nella mia mente per sempre, avrei scelto una pioggia così forte da frustare il mio intero corpo all'unisono. E intanto avrei visto sorgere il sole.

Invece adesso sono qui, sfregiata dall'aria, seduta in mezzo a una distesa di prato a osservare un sole che trafigge le nuvole. La primavera incombe su di me così come il giorno della Scelta, ormai troppo vicino per poterlo ignorare ancora. Cinque giorni sono troppo pochi.

Una parte di me vorrebbe essere felice per Derek, perché lui vivrà, e in effetti lo è davvero, ma il resto di me è troppo piccolo, codardo e infimo da poter trarre gioia da un bene che non riguarda me stessa. E poi, beh... ho davvero paura di morire.

Spalanco gli occhi e osservo nuovamente il cielo di fronte a me. Il sole è ormai tramontato, così mi alzo da terra e rimuovo il fango dalle mie gambe nude. Mi sento così persa... e non in un intricato labirinto, bensì in un corridoio lungo e diritto di fronte a me.

Sbuffo, ormai succube di questa asfissiante sensazione, e senza indugiare oltre mi dirigo verso casa. Una volta aperta la porta di ingresso noto Thomas e Alya, sdraiati in angoli opposti del divano a mangiare popcorn. ― Ma voi non fate davvero nulla dalla mattina alla sera? ― sbotto, lasciandomi cadere nel bel mezzo del sofà, ovvero sopra le loro gambe. All'istante si sollevano lamenti di dolore e si sistemano per lasciarmi spazio, seppur controvoglia.

Alya alza le spalle, allungando il busto verso la ciotola dei popcorn, sul tavolino, con così tanta fatica che anche vederla è un'agonia. Sbuffo alzando gli occhi al cielo e le porgo la ciotola forse un po' troppo bruscamente. Metà dei pop-corn si riversano sul suo volto e sui suoi capelli. ― Ti ringrazio. Gentilissima ― bofonchia, scuotendo i capelli e lasciando che i chicchi di mais si insidino nel divano. ― Dio, Ab, non vedo l'ora di ritornare a Relicanth. Qui è tutto così noioso ― sbuffa.

― Non dirlo a me ― s'intromette Thomas, prendendo un pop-corn dai capelli di Alya. Lo fa roteare tra le dita e infine posa il suo sguardo su di lei, combattuto. ― Te li sei lavati i capelli?

― Davvero vorresti mangiarlo? Ma che schifo ― sbotta, e con una manata il chicco vola per terra.

― Ma che t'importa? Comunque, riprendendo il discorso, non vedo l'ora che questa storia sia finita, così potrò trasferirmi dai noxious e godere appieno della vita matrimoniale, no?

― Beh, spero tu sia felice ― mormoro sovrappensiero, improvvisamente incupita.

― Eh? Dai, non sono mica morto. Potrete sempre venirmi a trova... oddio. No... mi dispiace, ragazze. Sono un coglione, un vero coglione ― Si morde il labbro per provare a soffocare la vergogna. Avvampa persino, ma non ce l'ho con lui, e nemmeno Alya. È solo un pirla un po' ingenuo.

― Ti verremo a trovare dall'oltretomba e infesteremo la tua casa. Uhh... ― Alya muove le braccia come un piccolo fantasmino e questa visione mi strappa una risata, quando a un tratto il cellulare di Thomas squilla in un modo davvero irritante. Non ho idea del perché l'abbia preso, né se lui sappia come si usa. ― Chi è? ― domanda Alya, incuriosita.

― Io... non lo so. Nessuno ha il mio numero di telefono ― mormora confuso.

― Allora perché hai un telefono?

AshedWhere stories live. Discover now