•Capitolo XXXII

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I miei occhi pungono, vittime di una sola lacrima che arde sulla mia guancia a testimoniare l'emozione che vibra dentro di me. Non saprei nemmeno darle un nome. Confusione? Troppo vago. Tristezza? No, scotta troppo sulla mia carne.

Rabbia. Quella che provo adesso è rabbia.

Sento il mio corpo pulsare e per la prima volta da quando provo questa strana sensazione che mi attanaglia, mi concentro sulla luce emessa dai miei occhi: orridamente scarlatta.

― Cosa? ― bisbiglio, sopraffatta. ― Che cosa? ― Alzo il mio tono di voce.

― Calmati ― mormora mio padre, ma non ci riesco. Una ciocca di capelli scivola di fronte al mio sguardo e noto che è di un castano ramato.

― Non voglio calmarmi. Voglio delle spiegazioni.

― E l'avrai. E siccome ho deciso di raccontarti ogni cosa, partirò dal principio.

Prima ti ho detto che anche io ero un noxious, perciò inizierò da questo presupposto. Sono nato nel regno dei noxious, nella sua capitale, per esattezza, dalla seconda famiglia più nobile del regno, perciò la nostra conoscenza fu inizialmente forzata. Tuttavia il Principe si rivelò subito simpatico, quindi l'amicizia che nacque fra di noi fu sincera. Quando lo vidi per la prima volta avevo sei anni e lui tre, e da come era agghindato sembrava un piccolo paggetto. I miei genitori mi abbandonarono a castello e crebbi al fianco del Principe e sotto la custodia del Re. Ricevetti la stessa istruzione che ebbe Victor, ed eccelsi in ogni campo, che fosse la scherma, la danza, il combattimento o il galateo. Solo adesso capisco che quella fu la scelta migliore per me, perché io... Abigail, io odiavo i miei genitori.

Un giorno, tuttavia, il Re, partito per una campagna militare a nord del Regno, non fece più ritorno. Il suo funerale fu uno dei momenti più tristi della mia vita. Era sempre stato come un padre per me, anzi, molto più di un padre.

Quell'anno compii vent'anni, la maggior età. Il trono era vacante e questa fu l'unica ragione per cui i miei genitori si ripresentarono da me. Mi obbligarono a prendere il trono per i successivi tre anni, ma io non volevo. La trasmissione dei poteri reali è quanto di più doloroso la mente e il corpo possano sopportare. Non intendo approfondire questo aspetto spiacevole della faccenda, perché, beh... come ho appena detto, non è stato molto piacevole.

Molti a corte mi disprezzavano, e anch'io odiavo essere Re; era terribilmente noioso. Mentre i miei consiglieri mi costringevano a prendere moglie, conobbi Iris, la madre di Derek. Divenimmo amici molto intimi - non in quel senso, figliolo. Dai - e fui io a presentarla a Victor. Che altro... ah, lei mi presentò Clelia. Il mio mandato da reggente scadde il ventesimo compleanno di Victor, e a quell'epoca avevano già avuto Isabelle. Fu quattro anni dopo che gli eventi presero una svolta inaspettata, e accaddero due cose totalmente opposte: una meravigliosa notizia e una disgrazia.

Io e Clelia aspettavamo una bambina e un nuovo consigliere si faceva strada tra gli altri. Era furbo, scaltro e non si sapeva molto del suo conto. Ebbi all'istante dei forti dubbi riguardanti il suo conto e provai a parlarne con Victor, che tuttavia sembrò molto convinto del suo nuovo consigliere. Così iniziai a fare ricerche sul suo conto e a seguirlo anche al di fuori del castello. Un giorno lo vidi trafficare della merce di nascosto nel retro del castello. Pensavo fosse veleno... ne ero certo. Corsi da Victor per dirglielo e lui non esitò a controllare le casse che stava trasportando, ma quando fummo lì, il consigliere ingerì una fiala del liquido dicendo che era solo sciroppo da consegnare all'orfanotrofio accanto. Ciò che ne seguì fu probabilmente il litigio più aspro che ci fu tra me e Victor, e che non ho intenzione di ripetere. Quando se ne andò, furente e deluso, il consigliere scoppiò a ridere di gusto, stappò un'altra fiala e la ingerì, mentre il suo naso continuava a sanguinare. Poi mi disse che se avessi disturbato ancora il Re con le mie paranoie, avrebbe versato la stessa fiala nel tè di mia moglie, questa volta senza ricevere l'antidoto.

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