Capitolo settantatre

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Capitolo Settantatré
Verità confuse

La luce al neon mi acceca gli occhi quando tento di aprirli, mugugno, la testa mi scoppia, la gola mi brucia ed ho qualcosa che mi dà un enorme fastidio al naso.

Apro finalmente gli occhi accorgendomi di non essere in quella stanza che tanto trovo accogliete chiamata camera mia, questa stanza ha il soffitto bianco non blu, questo letto non é morbido, ma duro che mi sembra quasi di stare sul cemento.

Tossisco attirando l'attenzione di una donna, che non avevo notato, in camice bianco nella stanza.
"Ben tornata fra noi signorina, sono contenta che sia sveglia!" Mi sorride educatamente, ma ancora non riesco a capire.
"Ho..." Sussurro toccandomi la gola gracchiando un po' con la voce, sembra come se fosse arrugginita, come se non la usassi da un po'.

"Certamente le prendo un bicchiere d'acqua,- mi legge nel pensiero- poi le vado a chiamare il dottor. Millivan!" I suoi occhi grigi, mi ricordano il cielo prima di una tempesta, e mi ricorda quando sono spaventata: sembro una bambina al sentire i suoi primi tuoni di un temporale.
"Tenga!" Mi porge il bicchiere di carta blu, attendendo finché non lo afferro saldamente, sentendo finalmente sollievo quando quel liquido fresco mi scivola attraverso la gola.

Guardo le mie braccia livide scorgendo piccoli tubicini che ne escono è soltanto ora noto le cannule che sporgono dal mio naso, mi danno fastidio e prurito, ma credo mi abbiano aiutato a respirare.

Chiudo gli occhi cercando di respirare la maggior quantità d'ossigeno presente nella stanza, poi riapro gli occhi di scatto.

Sono viva.

Porto le mani davanti agli occhi e le muovo davanti a me, poi mi tasto il corpo, la mia pancia é piatta.

Dov'è la mia bambina?

Inizio a respirare affannosamente e le mani iniziano a sudarmi.

Dov'è la mia fede?

Mi tasto la mano non trovano la presenza di quel cerchietto così significativo per me.

"Buongiorno signorina James, sono il Dottor. Millivan, lieto di fare la sua conoscenza fuori dalla sala operatoria!" Sorride lasciandomi perplessa.

"Ma noi ci conosciamo di già dottore, perché questa formalità?" Domando curiosa.
"Beh se vogliamo contare le quattro ore in sala allora si!" Ridacchia ed io sgorgo il naso.

"Dov'é la mia bambina, sta bene?" Domando curiosa, supponendo che la sua freddezza sia dovuto dal protocollo post operatorio.

Mi fissa.

Nel suo sguardo un lampo di preoccupazione mi fa gelare il sangue, il cuore inizia a battermi all'impazzata e l'aria intorno a me a un certo punto sembra tutta irrespirabile.

O mio Dio é morta.

Mi porto una mano alla bocca, non posso essere sopravvissuta io e non lei, la mia piccola Evangeline.

"L'avete lasciata morire? Come avete potuto lasciarla morire?" Urlo in preda al panico, iniziando a ventilare, portando la mano in avanti con l'intenzione di picchiare Stephan, questo non va bene, loro sono ingiusti.

"Mi avevate promesso, voi mi avevate promesso che avreste fatto morire me, non lei! Io non dovevo vivere, perché lei é morta, perché l'avete fatta morire. Siete delle persone cattive!"
Urlo con tutta l'aria che ho nei polmoni, ma mi sembra come se stessi soltanto sussurrando queste parole, che non escono con l'intensità che desideravo.

"Signora!" Mi blocca allarmato bloccandomi il braccio.
"Quando é arrivata in ospedale ieri, era sola, non aveva sua figlia con lei, forse l'ha lasciata a casa? Vuole che vada a parlare con un suo parente, forse é con loro?" Sussurra.

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