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La donna, sconvolta, era stata condotta da Pois ed uno dei paramedici presenti sul posto presso l'ambulanza nei pressi, dove fu fatta accomodare, avvolta in una coperta leggera; le diedero anche un bicchiere d'acqua proveniente da un thermos apposito.

Il paramedico si sincerò delle sue condizioni, mentre il maresciallo osservava attentamente la scena con le braccia conserte. Tirò fuori dal taschino della polo bianca all'altezza del petto una penna luce diagnostica, che accese puntandogliela negli occhi e chiedendole di seguirla con lo sguardo. Accertatosi che rispondesse allo stimolo in modo ottimale, la lasciò al maresciallo, che si sedette al suo fianco.

- Viola come ti senti? - si sforzò di chiederle con quanta più empatia possibile, sperando in un qualsiasi cenno lontanamente paragonabile ad un vago segnale positivo.
La donna si limitò a stringersi nelle spalle e a mostrargli un sorriso forzato, ma gentile.
- Mi sento... Non mi sento affatto, maresciallo. È inutile sostenere il contrario. Quindi serriamo i ranghi pur mantenendo il rispetto reciproco; le racconterò tutto ciò che le serve e poi me ne tornerò a casa: ho bisogno di farmi una doccia e staccare la spina. -

Pois sospirò. Era quasi grato di essere stato preso per mano e condotto fino alla scorciatoia che gli avrebbe permesso di evitare le solite empatie dovute e richieste dalla situazione. Le fece cenno di iniziare, quindi l'amica della vittima gli raccontò di come assieme ad Aurora Pastore e Massimo Rinaldi aveva svolto la serata in ogni singolo particolare, senza trascurare alcun dettaglio, fino al momento nel quale aveva perso coscienza. Da quel punto in poi proseguì nel suo racconto partendo dal suo risveglio in quell'appartamento affatto accogliente e del cocktail manomesso. Due rose le si disegnarono sulle guance quando dovette confidare al rappresentante della legge che, con molta probabilità sia lei che la vittima erano state a letto assieme e nel contempo con questo Massimo. Terminata questa parentesi, riscoprendo un minimo di senso del pudore, Viola terminò il suo monologo con la parte riguardante il ritrovamento di Aurora, sotto lo sguardo vigile ed impassibile di Jacopo che ascoltava attentamente.

- Questo è quanto... - disse Viola con preoccupazione, notando qualcosa di strano nel modo di porsi del maresciallo. Jacopo si rese conto che la precedente scorciatoia non era stata poi così lunga ed efficace come pensava.
- Mi dispiace Viola, ma se le cose stanno così non posso lasciarti andare... per il momento, almeno. La tua sincerità è molto apprezzata, ma... - e s'interruppe.
- Ma? - fece lei pronta ad aspettarsi il peggio.
- Ma dal momento che hai avuto rapporti con questo tale, dovrai aspettare che la dottoressa Bolgia termini l'ispezione per poter poi prelevare dei campioni... - rispose con celato imbarazzo.
Viola roteò gli occhi infastidita ma accettò seppur controvoglia.
- Ma prelevati i campioni potrò andar via? -
- Si, te lo assicuro. Ora scusami, informerò la Bolgia della situazione corrente, così da non perdere tempo in seguito. Nel frattempo se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedere. -
Viola Gemma quindi vide il maresciallo allontanarsi da lei a distanza di qualche metro; lo vide comporre il numero di telefono che con molta probabilità sarebbe appartenuto alla Bolgia per poi farfugliare qualcosa a lei incomprensibile.

***

- Raffaella, ho bisogno che torni giù a prelevare alcuni campioni di DNA dalla donna che il maresciallo ha momentaneamente in custodia -, disse Ivana Bolgia riponendo lo smartphone in tasca e sistemandosi gli occhiali con un gesto aggraziato della mano - è un lavoro da donne. -

- Ricevuto. Cercherò di essere il più discreta possibile affinché non si senta a disagio; effettuerò i prelievi a bordo dell'ambulanza, chiederò ad uno dei paramedici di poter usufruire momentaneamente dell'abitacolo. -

Rimasero sulla scena del crimine solamente Bolgia e Cardillo. Lui già nervoso da prima, reagì visibilmente in malo modo alla vista di quell'appartamento semplicemente malsano e angusto. Perlomeno non è affatto grande, ispezionarlo non richiederà molto tempo, pensò.

- Ordini capo? - domandò alla donna in ghingheri dalla chioma di fuoco, indisposto dalla sua fanciullesca tranquillità mentre lei s'infilava un paio di guanti in lattice.

Ivana lo guardò dritto negli occhi e rispose: - Sai Tiziano, i morti parlano molto di più dei vivi. Sai perché? Perché gridano vendetta, ma tu non puoi sentirli. Non vuoi ascoltarli. Questo perché non riesci a sopportarne la vista -.

Tiziano Cardillo sentendola parlare rabbrividì. Sentiva che di li a poco avrebbe iniziato a sudare freddo e il riverbero assordante delle sue tempie pulsanti sui timpani, che rispondevano ai colpi come se fossero stati il rivestimento in pelle di uno strumento a percussioni.

- Proprio per questo tu ispezionerai il piano. Io mi occuperò del corpo. Cerca qualsiasi indizio o prova possibile ed IN-immaginabile: in questo caso impronte digitali, liquido seminale o simili. Non farti sfuggire niente, mi raccomando. -

Ivana osservò con un sorriso materno stampato sul volto e le braccia conserte la reazione di Tiziano, che fremeva dalla voglia di dirle qualcosa, ma le parole gli morivano non appena giungevano alla gola, stroncate in malo modo da un moto emozionale che non era affatto capace di controllare.

Troppa gente sbaglia lavoro al giorno d'oggi, pensò la donna. - Prendi la valigetta e mettiti al lavoro, dai. Prima finiamo e prima ce ne andiamo, forza! - cercò di incitarlo prima di voltargli le spalle e raggiungere la camera ospitante il cadavere seguendo le indicazioni ricevute di Pois.

Tiziano Cardillo la osservò, mentre ondeggiando i fianchi dando senza malizia visione dei frutti generosi della natura assieme a quelli della palestra, lo lasciava da solo a svolgere le sue mansioni e in balia di se stesso, letteralmente: quei brevi scambi di battute con la dottoressa avevano innescato in lui una centrifuga di considerazioni ed incertezze personali abbastanza significative.

In modo gentile ed elegante, la sua persona era stata messa in discussione. O forse ciò che destabilizzava di più Cardillo era il fatto che una donna avesse più carattere di lui.
O ancora, forse, lui il carattere non lo aveva mai posseduto.

Si inginocchiò per posare la valigetta a terra e le sue ginocchia emisero un suono pesante, come quello che emette chi cade a terra sconfitto e macchiato dall'onta.

Aprì la valigetta, meditabondo, s'infilò i guanti in lattice e si mise al lavoro.

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