31

65 10 16
                                    

La Fiat non perse il controllo neanche dopo la seconda curva. Il suo asse emise un rumore stridulo e ferroso, che irritò l’udito di molti dei presenti nei dintorni. Massimo, visto il posto di blocco davanti a sé, così all’improvviso, fu colto di sorpresa. Non aveva chissà quanto tempo per pensare a una contromossa efficace, quindi si affidò al suo istinto. Jacopo, che aveva ridotto di molto la distanza da lui cercando d’ignorare per quanto gli era possibile i due precedenti bambini-proiettile, era convinto che si sarebbe schiantato al suo seguito. Nella sua testa iniziarono a prendere vita vividi scenari di corpi mutilati, lamiere volanti, parabrezza infranti, urla strazianti e motori delle autovetture nel ruolo di enormi granate a frammentazione. Sempre nel suo immaginario, se ne fosse uscito vivo si sarebbe ridotto a un ammasso di carne bruciata, deformata e informe. Magari avrebbe portato una benda sull’occhio, una gamba di legno e un moncherino.

E magari acquisterò un bel pappagallino, uno di quelli parlanti e che si appollaiano sulla tua spalla, tanto per tener fede alla mia eventuale nuova immagine da filibustiere.

Massimo Rinaldi era di diverso avviso. Puntò la componente centrale dei suv dei carabinieri che formavano il posto di blocco; sterzò quel tanto che bastava per andare a tamponare contro la parte inferiore e più leggera dell’autovettura, facendola ruotare di centottanta gradi. L’impatto del suv sui suoi simili, costò la vita a uno dei carabinieri li vicino: un montante della vettura lo colpì in pieno petto, all’altezza dello sterno; il povero malcapitato proiettato all’indietro dallo scontro, andò ad impattare con la schiena contro il cofano di una Ford Mondeo parcheggiata un po’ più indietro.

Si era creata una falla in quello che doveva essere un muro invalicabile; c’era appena stato un altro morto. Jacopo passò in mezzo ai due veicoli restanti. Altre volanti stavano per raggiungerli. L’elicottero sempre ben attento vegliava dall’alto. Il pilota, assieme a chi era a bordo, stava discutendo sul da farsi, se fosse stata una buona idea ricorrere alla mitragliatrice in dotazione al velivolo. Responso negativo, troppa gente, troppi veicoli. Troppo pericoloso, niente da fare, anche se la tentazione era piuttosto forte. Per Massimo e Jacopo era arrivato il momento di una nuova svolta a destra, invece proseguirono dritto, andando contromano.

Massimo, nel tentativo di schivare le auto che gli venivano incontro e mettere fuori gioco Jacopo, sterzava prontamente a ogni secondo prima di qualsiasi potenziale impatto frontale, complicando non poco la vita al maresciallo. Tutti andavano a schiantarsi tranne quei due. Un’auto ne tamponò un’altra parcheggiata che a sua volta ne tamponò un ulteriore. Una BMW X5 finì all’interno di un bar-gelateria sfondandogli una vetrata; un’altra auto prese in pieno un lampione e un'altra si ribaltò in seguito alla frizione delle gomme a contatto con un marciapiede. Era rimasta lì, ferma con le quattro ruote che ancora mantenevano il loro moto, come una tartaruga di metallo inanimato e inerme. I passeggeri delle vetture coinvolte, subirono danni e rimasero bloccati al loro interno.

– Maledetto – imprecò, poi prese il microfono in dotazione – centrale mi sentite? Qui Pois, passo. –

Una voce, dall’altoparlante rispose: – Qui Rebecca, passo. –

Rebecca Dono, era la centralinista della stazione dei carabinieri.

– C’è bisogno di sollecitare il pronto soccorso e i vigili del fuoco! Delle persone vittime d’incidenti potrebbero essere rimaste ferite e intrappolate nelle proprie auto, passo. –

– Ricevuto, Pois. Fornisci indirizzo, passo. –

Jacopo comunicò la via dove si erano verificati gli incidenti. Si domandò se fosse stato necessario comunicare anche dei due poveri bambini precedenti, ma si disse che qualche presente a quello scempio dovesse aver già provveduto.

L’inseguito svoltò questa volta a sinistra, prese il corso principale in direzione delle campagne. Stavolta il senso di marcia era corretto. Jacopo sempre al suo seguito; il traffico in panne. Le volanti li raggiunsero. L’inseguimento si protrasse ancora, dieci minuti circa, fino al raggiungimento di una zona a metà tra il rurale e l’urbano. A Balnea Nova, la cittadina in sé era ben strutturata, ma si stava ben attenti a non intaccare troppo quel patrimonio che erano le campagne. Specialmente per non far morire il Biondo Tardivo, una particolare varietà d’arancio che fiorisce in tempi differenti rispetto a quel tipo di agrume, e dal sapore completamente diverso, sublime.

Il serbatoio dell’auto di Massimo era con l’acqua alla gola. La Fiat Panda dell’ottantasei non era vaccinata contro la mancanza della benzina, che risucchiava esattamente come una squillo di professione con esperienza che ama il suo lavoro risucchia il membro del suo cliente. Massimo scese dall’auto, ancora goffo in seguito alle percosse ricevute da Carlo. Jacopo provò a tamponarlo e coinvolgerlo nello schianto, ma questi riuscì a scamparla. Si trovavano lungo una strada in salita, colma di accessi a compagne private ambo i lati, dove non mancavano affatto il verde e l’aria pulita. Vi erano anche molti edifici ancora incompleti, ma potenzialmente funzionali. L’assassino si rifugiò di corsa in uno di questi, che per sua fortuna si trovava non molto lontano dal punto in cui la sua automobile era morta, senza neanche beccarsi uno dei proiettili da nove millimetri che Jacopo gli stava scagliando addosso. Poco prima di chiudere la porta dietro di sé, una delle munizioni gli passò a un palmo dal naso. Poté sentire lo spostamento d’aria causato dalla sua scia. Le volanti erano arrivate, il perimetro era sotto controllo e Massimo Rinaldi ormai non aveva più scampo.

SeiWhere stories live. Discover now