44

61 13 20
                                    

Tiziano Cardillo era un accanito fumatore, che nei vari tentativi di debellare il suo vizio, aveva adottato la politica del “niente fumo a lavoro; potrebbe esserci bisogno di me in ogni momento”associata a pacchetti interi di gomme da masticare rischiando, temerario, l’ulcera.

I suoi ultimi incontri con la dottoressa Bolgia erano andati a buon fine, più volte per la sua personalissima gioia. Quella donna sapeva il fatto suo e nei suoi confronti era ormai ben disposta; avrebbero dovuto incontrarsi nuovamente quella sera, a cena da lei.

Proprio per questo il buon Tiziano, aveva pronto in tasca un bel pacchetto da venti e un accendino pronti per essere utilizzati. Il chiodo fisso dell’intrattenersi con la Bolgia, era una motivazione più che sufficiente per infrangere il suo proposito e fumarsene un paio di quelle desiderate maledette. Lo avrebbero aiutato a distendere i nervi.

Uscì dal pronto soccorso, contando vivamente sul fatto che non giungessero chiamate al dovere. Pensandoci su, capì che aveva un gran bisogno di fumare. Estrasse una sigaretta dal pacchetto e lo accese, indugiando qualche tempo sulla figura di una donna seduta, poggiata di schiena su una delle colonne del portico con aria arrendevole.

Sarà qualcuno che avrà passato una giornataccia, poveraccia, pensò Tiziano data l’abitudine ed esalando fumo azzurrognolo dalle narici. Quante persone disperate per i propri affetti aveva visto lì seduti alle pendici di quel colonnato, disperati, in lacrime, rassegnati. Raramente in un ospedale si ride.

Valutò per qualche momento di avvicinarsi a lei; a volte una semplice parola di conforto o una pacca sulla spalla possono fare tanto ma desistette, non voleva calarsi nei panni del ficcanaso molesto. Se fosse stato necessario, sarebbe stato pronto: avrebbe aspettato il momento giusto in tal caso.

Si appoggiò su una ringhiera, sporgendosi di là di essa guardando il cielo e ascoltando il niente. Nulla avrebbe mai potuto squarciare quella calma piatta, considerò, il mondo intero sembrava essersi adeguato al già blando ritmo di quella cittadina neanche degna di nota: la cronaca nera sembrava essersi eclissata e dare tregua.

Purtroppo, il male aveva scelto di acquattarsi nell’ombra dalla quale proviene, aspettando il momento giusto per saltar fuori e urlare con voce grave e tenebrosa sooorpreesaaaa! Aspettava solo che Tiziano lo scovasse.

Volse nuovamente l’attenzione alla donna, che indossava uno strambo copricapo che le scendeva in viso sino a coprirle gli occhi; era ancora immobile, pareva assopita. Quello non è un copricapo, osservò Tiziano, è un bendaggio!

Corse immediatamente in suo soccorso, accovacciandosi dinanzi a lei. Notò che le bende erano impregnate di sangue e disinfettante. Preoccupato, le afferrò il polso in cerca del battito e si accertò che respirasse. Respirava sì, ma in maniera debole, proprio come lo era il suo battito.

Urlò a squarciagola: - C’è bisogno d’aiuto! -. Marilena Orsolini e Roberto Sarto, due infermieri che si trovavano nelle vicinanze per via della medesima malsana abitudine di Tiziano, accorsero immediatamente. Verificato l’allarme schizzarono all’interno per recuperare una barella e altri due colleghi.

- Ci pensiamo noi qui, – gli disse Sarto – non preoccuparti. La porteremo dentro e sarà visitata immediatamente, abbiamo già fatto in modo di sollecitare il dottor Grimaldi e la dottoressa Papi. –

Tiziano, non potendo far nulla di più, rimase lì fermo. Preferì un altro strappo alla regola: si accese un’altra sigaretta.

***

Nora inchiodò nel parcheggio dell’ospedale senza curarsi di aver occupato due posti auto. Era stata contattata dall’ospedale, avendo i medici trovato tra gli effetti personali si Silvia il suo recapito telefonico come numero d’emergenza. Avevano contattato anche i carabinieri per denunciare l’accaduto, imbattendosi in suo marito.

SeiWhere stories live. Discover now