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Prima dell'allarme della sirena in stazione, Pompeo Lucio, Dario Rossettini, Salvatore Caccamo ed Enrico Primo, stavano seduti al tavolo che loro avevano denominato scherzosamente "La Tavola Rotonda" per via dei suoi connotati e a causa delle cavalleresche presenze che vi prendevano posto: i Domatori del Fuoco. Così amavano definirsi, ironizzando su tutte le loro avventure dalle quali spesso erano usciti vivi per miracolo. Giocavano a Briscola.

Non era ancora tempo d'incendi. Solitamente questi venivano appiccati, sempre ed inesorabilmente, a cavallo tra Luglio e Agosto; era ancora fine Giugno. Ogni anno, i soliti manigoldi mai acciuffati si dilettavano nell'appiccare il fuoco al monte posto a Ovest di Balnea Nova, mandando così i Canadair a rifornire i propri serbatoi sfrecciando a pelo d'acqua sul Mar Jonio per impedire gli incendi e preservare flora e fauna. Molti danni sono stati arrecati al monte Astrico negli anni, a scapito degli appassionati della caccia al cinghiale e della ricerca dei funghi Rositi.

Le loro chiamate si riducevano a segnalazioni di porte bloccate e gattini sugli alberi di vecchie gattare che non ne volevano sapere di tornare giù. Eppure con quanta facilità ci salivano sopra! Forse i gatti sono stati creati e si sono evoluti per rompere le scatole al prossimo nei più disparati modi. L'asso di spade, ultima carta da pescare e briscola dal valore più alto in quella mano e capitato a Pompeo, gli rammentò come avrebbe voluto possedere qualcosa del genere per infilzarli, quei gattacci. Ecco signora, il suo gatto. Stia tranquilla, non salirà mai più su quel maledetto albero. Non mi ringrazi, ho solo fatto io mio dovere da buon cittadino.

- Dario, penso che i nostri avversari possano ritirarsi - disse Pompeo ridendo. Pompeo era un omone di colore dai denti più bianchi del bianco. Era figlio di padre italiano e madre afroamericana, dalla quale aveva ereditato il colorito della sua pelle.

- Capo, hai tre briscole in mano, vero? - domandò seccato Enrico. Enrico invece era un uomo del tutto calvo con le sopracciglia disegnate.

Lo irritava un po' giocare contro Pompeo e Dario. Il capo, vuoi per una sorta di scaramanzia, faceva sempre coppia con Dario e il risultato era sempre lo stesso: asso, tre e dieci nelle sue mani di ultima mano. I poveri Salvatore ed Enrico non avevano mai scampo. Per quanto riguardava a quella leccata di mucca di Salvatore, uomo vigoroso quanto i suoi colleghi e peloso ancor di più, giocava solo per cercare di far trascorrere il tempo fra un gattino e l'altro.

- Dai, che alla fine ci battete! - esclamò Dario, da dietro la sua bottiglia di Energade. Ne ingurgitava a litri di quella roba al punto di avere sali minerali da smaltire più che da reintegrare. Dario tra i quattro era il più minuto, ma era forte quanto Pompeo. In alcuni casi, in preda alla furia, aveva dimostrato forse di essere anche più forte. A questo lui non ci badava, non era un vanesio. Cosa per la quale tutti stravedevano.

Dal piano di sotto, Pamela Lorenzi, bassotta centralinista della stazione dai capelli ossigenati, rispose a una chiamata.

- Pronto? Si... capisco... perfetto, perfetto. L'indirizzo? Ricevuto. -

Pamela schiacciò il pulsante e le sirene iniziarono la loro infernale cantilena. I quattro pompieri abbandonarono le loro attività scattando in piedi all'unisono, pronti a entrare in azione. Scesero da Pamela, pronti a ricevere le direttive.

In primis avrebbero pensato che si trattasse di un lavoretto di muscoli da niente, anche se urgente: Pamela non ricorreva mai alla sirena per il salvataggio del micetto sul ramo. Si sarebbero sbagliati di grosso, stavano per essere alle prese con qualcosa di molto più pericoloso e pirotecnico.

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