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A casa Pois era ormai tutto pronto. La tavola era stata apparecchiata con cura per quattro persone, la casa pulita e lucidata a specchio e in essa aleggiava profumo d'orchidee. Nora si era data molto da fare durante l'assenza di Jacopo ed aveva staccato molto prima di lui dal lavoro.

L'aperitivo a base di Campari e gin, tramezzini al salmone e maionese e tonno e maionese erano disposti ordinatamente su un piatto violaceo.
Quattro tumbler bassi erano pronti a contenere l'acqua minerale naturale, mentre accanto a loro altri quattro flûte smaniavano dalla voglia di contenere il vino rosso d'ottima fattura adagiato dentro il suo seau à glace e pronto per essere degustato.

Tutto questo faceva da supporto ad un menù che prevedeva: fettuccine ai porcini e ragù, bistecca alla fiorentina con contorno di insalata verde e per finire tiramisù.

I padroni di casa erano pronti, belli ed eleganti mentre aspettavano i propri ospiti. Nora con trepidazione; Jacopo ansioso di placare l'orco all'interno del suo addome.

Sua moglie l'osservava mentre se ne stava seduto sul divano con un'espressione assai poco convinta e le braccia abbandonate ai lati. Sapeva bene a cosa stava pensando suo marito: com'è possibile che Silvia Astri abbia accettato un invito a cena per quattro in privato, essendo accompagnata da un uomo che conosce a malapena? Da donna qual era provò a inserire il dito nella piaga.

- A cosa pensi amore? - domandò con uno strano sorrisetto.
Jacopo scosse la testa sollevando le sopracciglia e disse molto lentamente, unendo le mani dietro la nuca: - A nulla -.

Il campanello annunciò l'arrivo della nuova coppia e Nora chiamò a sé Jacopo per gli onori di casa.
Lei rimase stupita nel vedere che genere d'uomo fosse riuscita ad accaparrarsi Silvia, che a suo parere i precedenti non giungevano mai alla sufficienza.

Anche Jacopo rimase sorpreso dalla presenza di Carlo Testa. Inizialmente per la stanchezza e per la fame neanche aveva assimilato la sua persona più di tanto, ma una volta a contatto con lui tramite la stretta di mano seguita dal solito "piacere Tizio / piacere mio, Caio" non provò una sensazione positiva.

Quell'uomo doveva avere all'incirca una quarantina d'anni, ma stranamente quella brutta bestia chiamata comunemente tempo era stata molto più che clemente con lui: quella chioma bionda senza traccia di capelli sbiaditi, quegli occhi azzurri inespressivi con le pupille immobili non lo convincevano affatto. Gli sembrò una sorta d'artefatto umano.

- Su ragazzi, immagino che abbiate fame! L'aperitivo è pronto, non fate complimenti - proruppe Nora, spezzando così lo scrutarsi a vicenda dei due uomini nell'atrio.

Si sedettero a tavola, rompendo il ghiaccio servendosi del più banale quanto efficace : - Carlo, perché non ci parli un po' di te? -.

***

Alessandro era uscito da casa sua facendo molta attenzione a non attirare a sé ulteriori attenzioni da parte dei nonni materni, che si erano già insospettiti quando il ragazzo aveva annunciato la sua totale assenza di fame.

Quella sera non c'era alcuna traccia nel cielo della luna né delle stelle, altresì enormi nuvoloni neri contribuivano a rendere la tela notturna ancora più scura del normale. Nell'aria si percepiva un certo grado di umidità, che contribuì a far sentire Alessandro più sporco di quanto già non si sentisse.

Si sentiva leggero e sporco. Ad ogni suo passo aveva la sensazione di poggiare la suola delle scarpe sulla soffice gommapiuma piuttosto che sul ruvido e duro asfalto. La pioggia scese e neanche se ne accorse a pieno. Si sentiva umido ancor di più, ed in preda ad un sogno, o un incubo forse, ad occhi aperti si domandò sorridendo se a breve si sarebbe sciolto, andando liquefacendosi via via assieme alle gocce di pioggia che scivolavano lungo il suo corpo, tramutandosi in una delle tante pozzanghere che si sarebbero formate sul suolo. Solo una piccola pozza d'acqua sporca e informe.

Sapeva dov'era diretto, ma non sapeva come arrivarci esattamente. Non se ne dispiacque un granché, sperando che l'acqua piovana avesse la capacità di lavargli via quel maledetto senso di colpa e malessere che lo rendeva prigioniero di una gabbia senza sbarre. Solo così sarebbe stato in grado di raccontare ciò che era successo.

***

L'ostilità di Jacopo nei confronti di Carlo era scesa un po', merito anche del vino; iniziarono a parlare tutti quanti in maniera sciolta e senza barriere, pur rimanendo a debita distanza. Dalla conversazione saltò fuori che Carlo Testa era un medico non esercitante al momento, a causa del suo licenziamento volontario a seguito di un caso particolare avvenuto nel suo vecchio ospedale.

Non fornì molti dettagli sulla vicenda. A detta sua lo aveva segnato profondamente, a causa del legame che si era instaurato tra lui ed il paziente. Quindi a causa delle sue esternazioni sofferenti avevano deciso di accantonare l'argomento.

Carlo Testa si era quindi trasferito a Balnea Nova in cerca di pace e tranquillità; essendo un medico per lui la disponibilità economica non era momentaneamente un problema, ed avrebbe provveduto alla ricerca di un incarico al più presto, non appena si sarebbe sentito meglio. Nel frattempo si sarebbe goduto la compagnia di Silvia.

Tra una chiacchierata e l'altra arrivò l'ora del dessert, quindi fecero qualche minuto di pausa: le donne rimasero a tavola a spettegolare, mentre Jacopo seguito da Carlo, si diresse di fronte all'ampia finestra del salotto che dava sulla strada a fissare la pioggia.

- Piove molto Carlo, dove avete parcheggiato l'auto? - domandò Jacopo.
- Proprio qui davanti. Guarda! Non per falsa modestia, ma è un esemplare eccezionale! -

Carlo indicò proprio di fronte a casa di Jacopo una Ford Mustang rossa fiammeggiante, modello degli anni '80. Davvero un bell'esemplare, un'americana coi fiocchi.

- Una Mustang?! - esclamò Jacopo strizzandosi gli occhi in preda ad un'apoteosi visiva. Si chiese come ci si potesse sentire alla guida di un mostro simile, ascoltare il ruggito del suo motore e... ogni quando si sarebbe dovuto fare il pieno. Sospirò sognante prima di rivolgersi a Carlo.

- Bell'auto, davvero. Fuori dai miei standard purtroppo, nonostante non me la passi male - disse sorridendo e scrollando le spalle. - La mia Audi A3 mi va più che bene. -
- È comunque una Signora Auto -, convenne rispettosamente e sinceramente l'ospite. - L'ho ereditata dal mio povero padre, un fanatico dell'epoca in quanto a motori. Una bella fortuna, devo ammetterlo. - In seguito la sua attenzione fu catturata da una sagoma, un ombra, che dal fondo della strada si dirigeva in direzione dell'abitazione con passo lento ed incerto.

- C'è qualcuno sotto la pioggia... -

Jacopo socchiuse gli occhi scrutando il fondo della strada, fin quando non scorse la medesima figura.

- Si, ora lo vedo anche io ma... chi è? -

Non dovette attendere molto per ottenere una delucidazione: appena fu illuminato dai lampioni, si rivelò essere Alessandro Santi.

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