17 - Trucco

2K 238 425
                                    

«Mamma, avevi promesso che non mi avresti sgridato.»

«Ti rendi conto che potevi rimanerci secco?»

«Ma sono ancora vivo e anche... lui lo è.»

«Povero ragazzo. Un così bel giovanotto.»

«Mamma...»

«Che c'è?»

«Non dirai sul serio.»

«Perché, che ha che non va?»

«Non so... Tutto?»

«Smettila, deficiente. Non ti ho cresciuto così.»

Stavano andando avanti da almeno dieci minuti a parlare di me, senza sapere che mi ero risvegliato e stavo ascoltando. Non che mi piacesse origliare (in realtà era uno dei miei passatempi preferiti) ma non avevo la forza per far notare la mia presenza.

Ricordavo di essere stato picchiato, che quel moretto mi aveva salvato, poi il buio. Solo due braccia che mi sostenevano e una voce che mi chiamava "finocchio" e mi diceva di stare tranquillo. Mi ero svegliato su quello che non era il mio letto, in quella che non era la mia stanza. Non sapevo dove fossi di preciso, ma fui sollevato che il moro non mi avesse portato in ospedale, avevo pensato che non mi avrebbe dato ascolto.

Mi osservai attorno, vidi le pareti di un grigio leggero, una chitarra in un angolo, infinità di cd su uno scaffale, e dei libri aperti sulla scrivania. Era tutto in disordine, l'aria era impregnata di fumo, sapeva proprio come il ragazzo a cui appartenevano quelle quattro mura.

Una camera diceva tutto e niente sulla persona che la abitava. Per esempio: se si entrava nella mia, si poteva capire subito che mi piaceva il rosa, che ero un nerd impareggiabile e che adoravo le cose tenere, ma nessuno avrebbe mai detto che era la camera di un uomo. Quella in cui mi trovavo adesso trasmetteva soltanto che quel moro doveva essere fanatico di sigarette e rock&roll e che studiava in maniera ridicola, ma non che era uno stronzo da paura che metteva da parte quel suo lato per dimostrarsi un eroe di tanto in tanto.

Sbuffai. Non avevo proprio niente da pensare fintanto che il mio salvatore e sua madre parlavano al di là della porta, potevo solo far vagare la mente in assurdità. Almeno avevo capito che il mio cervello non era danneggiato, però chissà come si era ridotto il mio viso... il mio trucco.

«Mmh...» mugugnai, non uscì nient'altro dalle labbra, le sentivo secche e mi facevano male.

«Hai sentito?» si allarmò la donna. La porta si aprì e apparvero entrambi davanti a me, lei mi sorrise mentre il ragazzo restò impassibile. «Ti sei svegliato!» La madre percorse a gran passi la distanza fino al letto e mi posò una mano sulla fronte. «Come stai, giovanotto?»

«Immagino bene.» Fu difficile parlare, era solo un rantolo rauco.

«Dovresti chiamare i tuoi genitori e dirgli che ti è successo. Saranno preoccupati per te, ormai sono quasi le sette.»

Le sette? Era tardissimo, dovevo già essere a casa da ore, impossibile che Kevin e Lottie non mi avessero cercato.

«Avevo intenzione di farlo io per te, ma non sapevo come sbloccare il telefono» disse ancora lei e dovette leggermi nel pensiero, perché mi ritrovai proprio il cellulare davanti agli occhi. Avevo cinque telefonate perse e trenta notifiche soltanto da parte di Kevin. L'avevo combinata grossa.

«Puoi restare qua per la notte, se non ti senti bene, ma devi comunque avvisare i tuoi.»

«La ringrazio» risposi. Inutile dirle che non avevo alcun genitore da chiamare, che, al massimo, sarebbe stata la mia coinquilina la persona più vicina a una sorella.

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now