24 - Qualità

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«Vatti a dare una sistemata. È tutto nell'armadietto a destra del lavandino. Intanto io prendo qualcosa che puoi metterti, invece di quegli abiti che non mi sembrano molto comodi.»

Squadrai a braccia conserte Rory: era ridotto a uno straccio e non soltanto perché la maglia gli copriva ben poco, ma perché sul suo volto era segnata una tristezza che non gli avevo mai attribuito. Pensavo che fosse un ragazzo esuberante, con la voglia perenne di infrangere ogni limite e superarlo, invece nascondeva ben altro. Avrei dovuto capire che non poteva essere solo ciò che dava a vedere, sarebbe stato troppo piatto per uno tridimensionale come lui.

Che cazzate sto pensando.

«Ti ricordi dov'è il bagno o ti ci devo accompagnare con la manina?» gli domandai.

Rory roteò gli occhi al cielo e abbandonò la camera, sentii i suoi passi nel silenzio della casa. Mia madre stava dormendo da chissà quanto (erano le due passate) e l'unica cosa che si poteva udire era il ticchettare dell'orologio a pendolo, ma io ormai non ci facevo più caso da... sempre, immaginai.

Aprii un cassetto e tirai fuori una maglietta a maniche corte bianca, poi, da quello sotto, due paia di pantaloni: il primo era lungo, mentre il secondo arrivava appena alle ginocchia. Non avevo idea di quanto freddoloso fosse il finocchio. Di sicuro non potevo mollarlo con quel top fucsia che lasciava scoperta la schiena, e nemmeno con quei jeans strappati che gli sembravano cuciti addosso.

Come cazzo respirava? Beh, era abbastanza magro da credere che non gli comprimessero così tanto lo stomaco. Ma non avrebbe avuto lo stimolo perenne di farsela nelle mutande? Anzi, come ci stava il suo affare dentro le mutande? Sempre che le avesse.

Warren, vuoi smetterla? Se quelle erano le domande che mi premevano su di lui, allora stavo fresco.

Chiusi i cassetti e annusai gli abiti per sentire se fossero puliti. Ci mancava fare la figura di merda con uno che, presumetti, ci teneva parecchio a essere lindo e in perfetto ordine.

Fu un breve attimo, ma mi attraversò di nuovo la voce disperata di Rory, al telefono. Ero corso da lui senza un vero motivo, avevo avuto paura che gli fosse successo ancora qualcosa di grave, il suo tono mi aveva fatto comprendere che era ridotto in pessimo stato. Era stata una richiesta d'aiuto bella potente, non avrei potuto tapparmi le orecchie, me ne sarei sicuramente pentito e non ci avrei dormito la notte.

Avevo abbandonato i miei amici con una scusa banale: mia madre si era accorta di non avere le chiavi e non sapeva come rientrare in casa dopo essere uscita a cena con le sue amiche. Avevo ricevuto delle lamentele e un: "Che pezzo di sfigato!", a cui avevo risposto con un doppio dito medio alzato, per poi lasciare il locale e soccorrere Rory.

Mi ero insultato per aver mandato a monte l'uscita del sabato sera, avrei voluto cuccare qualche bella gnocca, invece avevo avuto il tempo di fare solo il cretino con Tim e Marcus. Poi, però, non ci avevo più pensato, intento a premere sull'acceleratore per arrivare il prima possibile da Rory.

La sua visione su quel marciapiede, con lui in lacrime e il trucco sbavato sulle guance, mi aveva fatto intuire che qualcosa di grave era effettivamente accaduto. Non sapevo cosa, non ero il tipo che si immischiava negli affari degli altri, ma si era risvegliato in me l'istinto di protezione, perciò mi ero precipitato fuori dalla macchina e l'avevo tirato su, poi aiutato a salirci.

Non era la prima volta che agivo senza riflettere, in sua presenza. Già non riflettevo molto di mio, ma con lui quella parte era amplificata di parecchio.

Non è che mi ha attaccato qualche strana malattia? Sbuffai e mi diressi al bagno; la luce era accesa e la porta dischiusa, sentivo l'acqua scorrere e nient'altro. Spalancai l'uscio e dissi: «Eccoti qualcosa di pulito.»

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now