25 - Colazione

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Era da ore che mi giravo e rigiravo nel letto senza riuscire a dormire. Il cuore batteva all'impazzata, il respiro non accennava a regolarizzarsi, venivo risucchiato da ogni sensazione dentro di me, sia positiva sia negativa.

Era stata una serata da dimenticare, ma anche una serata che avrei voluto ricordare per il resto della vita. Warren era venuto in mio soccorso, forse era davvero il mio supereroe impavido. Il principe che tutte desiderano, sospirai, maledicendomi, e mi chiesi perché fosse corso a salvare una povera damigella in pericolo... beh, in pericolo da se stessa.

Mi aveva fatto dimenticare quanto mi sentissi giù di morale, mi aveva confortato ed era stato capace di farmi ridere. Ma aveva fatto anche molto di più: aveva messo in discussione i miei dubbi, mi aveva protetto tra le sue braccia. Potevo ancora sentire le sue dita tra i capelli, una mano sulla vita, la carezza soffice sul dorso della mia. Mi aveva regalato ciò di cui avevo bisogno quella notte: un posto sicuro. E non solo perché mi trovavo nella sua camera, nel suo letto o nei suoi vestiti.

Inoltre mi aveva chiamato per la prima volta col mio nome.

Non finocchio, ma Rory.

Era stato veloce, troppo veloce da riuscire a coglierlo, eppure era risuonato dentro di me come un dolce nettare. Mi aveva fatto tremare le ginocchia e ribaltare lo stomaco, ed era quella la causa del mio batticuore, l'ansia di un sentimento che non doveva espandersi. Non imparavo mai.

Scalciai le coperte e mi misi seduto, affondando le unghie smaltate di blu nel petto. Presi qualche respiro profondo e guardai l'ora sul telefono. Non erano nemmeno le sei. Scivolai fuori dal letto e poggiai i piedi sul legno freddo, rabbrividendo; socchiusi la porta con estrema lentezza e camminai quatto nella speranza che nessuno fosse sveglio. Dopotutto era domenica, chi poteva essere sveglio alle sei del mattino?

Mi diressi in salotto, dove un leggero russare mi colpì le orecchie. Sorrisi inconsciamente e mi avvicinai a Warren, che dormiva come un sasso, sdraiato in modo improponibile sul divano. La coperta era più a terra che su di lui, indossava soltanto una canottiera nera e gli slip dello stesso colore, il suo petto si alzava e abbassava tranquillo e la bocca socchiusa faceva uscire un piccolo rantolo che non dava fastidio.

Mi appoggiai allo schienale con gli avambracci incrociati e lo fissai dormire.

È davvero bello.

Posai il mento sulle braccia e sorrisi di nuovo. Mi soffermai sui capelli scuri che celavano in parte il volto, altre ciocche cadevano sul cuscino; poi spostai gli occhi sulla mascella squadrata, un minimo di peluria la ricopriva, quella che mi aveva pizzicato durante l'abbraccio. Feci scendere poi lo sguardo sulle sue dita: erano lunghe e robuste, erano stupende, avrei voluto sentire ancora la sua pelle sulla mia e le sue carezze. Volevo essere toccato da quelle mani. Mi concentrai infine sulle labbra, sottili e invitanti.

Volevano che le baciassi.

La gola si seccò, il cuore pulsò nelle orecchie e non riuscii a farlo stare zitto.

Mi rimisi in posizione eretta soltanto per poi cominciare ad abbassarmi, tenendo stretto lo schienale del divano, affondando le unghie in esso. Socchiusi le palpebre, mentre il volto di Warren si faceva sempre più vicino al mio, riuscii a percepire l'odore del dentifricio, fresco e coinvolgente. Arrivai a pochissimi centimetri di distanza dalle labbra.

Volevo baciarlo.

Però mi bloccai.

Il respiro mi stava uccidendo, non lo controllavo.

Guardai il volto di Warren e scappai in camera, chiusi la porta e appoggiai la schiena su di essa. Respirai con fatica, sentendo ancora quella fragranza mista di fumo e dentifricio che mi aveva investito di colpo pregandomi di farla mia. Ma non potevo, non potevo proprio.

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now